Il suo esordio nel mondo dell’arte risale al 1984 con una mostra romana alla galleria L’Attico di Sargentini. Da quel momento le sue opere vengono esposte in molteplici occasioni in Italia e all’estero, tornando sempre nel luogo d’origine. È qui infatti che l’attività di Ragalzi si stabilisce in definitiva, tra il Castello di Rivara e via degli Artisti 10. Ragalzi è protagonista del “Gotico Industriale” teorizzato da Franz Paludetto, assieme a Maura Banfo, Domenico Borrelli, Adriano Campisi, Carlo D’Oria, Ferdi Giardini, Paolo Grassino, Nicus Lucà e Salvatore Astore, un’intera generazione di artisti che, negli anni Ottanta, sottomisero la pittura alla propria emotività.
Rudi Fuchs nel 1986 descriveva così i suoi lavori: “Appartengono alla terra come esseri molto vecchi, scavate nella pittura, esumiiate da una pittura pesante e lenta come terra: figure che emergono dalla terra come corpi morti neri come la Storia”.
Ricorrente è infatti l’uso del nero che ricopre queste giganti figure geometriche che escono dalla semplice bidimensionalità per entrare nel raggio d’azione dello spettatore. La potenza che i dipinti trasmettono attraverso un’espressionismo minimalista fuoriesce, sconfina nella realtà, attraendo lo sguardo indagatore di chi cerca di comprendere gli insetti, le farfalle e le ombre atomiche dell’artista.
Una potenza che continuerà ad essere veicolata nel tempo.