Si spegne all’età di 85 anni un pilastro dell’arte contemporanea italiana e, nello specifico, torinese.
Franz Paludetto, dopo anni di attività vicino agli artisti nel capoluogo piemontese, decise di ritirarsi al Castello di Rivara, trasformando un edificio settecentesco in fucina e luogo di ritrovo per amici, colleghi e aperto al pubblico. Il limite tra privato e pubblico, in queste circostanze, è stato molto labile, indice di una bontà d’animo e una volontà di condividere con il resto del mondo le sue passioni più grandi.
Tra i primati riconosciutigli troviamo nomi come Aldo Mondino, Gina Pane e Luigi Ontani, per poi ampliare con Roman Opalka, Joseph Beuys, LaMonte Young, Pino Pascali, Giuseppe Chiari, Umberto Cavenago, Hermann Nitsch, Alighiero Boetti, Giorgio Ciam, Daniel Spoerri, Arnulf Rainer, Paul McCarthy, Felix Gonzales-Torres. Parallelamente a questa rosa rivolta anche verso sponde internazionali, volle sempre mantenere un legame con il territorio e sostenne artisti come Sergio Ragalzi, Salvatore Astore, Nicus Lucà, Maura Banfo e Paolo Grassino.
Dai ricordi di Umberto Sala
Del tutto singolare è la personale ascesa nell’arte di Franz Paludetto: da giovane barista e gestore di un rifugio sul Monte Bianco, a fantasioso operatore d’arte, con la sua prima galleria a Torino nel 1968 “LP 220” gestita con il gallerista francese Larcade e inaugurata con una prima mostra di Gina Pane. Successive e originali le sue proposte in diversi spazi in città, con mostre di Mondino e Pascali, ma soprattutto nei successivi decenni in provincia nel decentrato e acquisito Castello di Rivara, dove viene costituito un Museo d’arte contemporanea con opere di un centinaio di artisti che dagli anni ‘80 ad oggi, hanno germinato quasi di nascosto nuove forme di figurazione. Di notevole rilievo storico anche una grande biblioteca di libri e documentazioni cartacee, dedicata alla giovane moglie scomparsa Carolin Linding.