Dan Graham, 2017. Photo by Sebastian Kim

Addio a Dan Graham

Dopo una lunga ed eterogenea carriera ci ha lasciato un altro grande e rivoluzionario artista statunitense.

La Lisson Gallery, la Marian Goodman Gallery, la 303 Gallery e la Regen Projects piangono il grande artista statunitense Dan Graham, tristemente passato a miglior vita lo scorso weekend a New York. La sua influenza negli ultimi cinquant’anni come scrittore, fotografo, architetto, fotografo, regista e performance artist è ampiamente riconosciuta dal mondo dell’arte contemporanea. Graham è stato un rivoluzionario per quanto riguarda l’utilizzo del video, l’installazione e per aver dato origine ad un nuovo tipo di partecipazione da parte del pubblico: alcuni pionieristici lavori in questo senso sono “Performer/Audience/Mirror” (1975) e “Public Spaces/Two Audiences” (1976), tra i primi e più longevi esempi di opere mai realizzate in questi campi.

Sebbene l’artista abbia recentemente disapprovato il termine “Arte Concettuale”, è senza dubbio stato uno dei veri pionieri delle opere basate su testo, come i “Wall pieces” tipografici e le poesie schematiche, per non parlare del rinomato “Illustrated magazine essay” dal titolo “Homes for America” (1966). Graham ha esposto le opere dei suoi colleghi Donald Judd, Sol LeWitt e Robert Smithson presso la John Daniels Gallery di New York, dove per breve tempo ha ricoperto le cariche di curatore e direttore, prima di esporre insieme ad essi e a tanti altri artisti minimalisti e concettuali tra gli anni ’60 e ’70.

Sin dalla fine degli anni ’70, l’interesse principale dell’arte di Graham è rappresentato da una serie di installazioni architettoniche pubbliche, che lui chiamava “padiglioni”. Queste opere erano create con forme geometriche ed erano realizzate con delle lastre di vetro, specchi bidirezionali e armature d’acciaio. Graham concepì i padiglioni come segni di interpunzione, che mettono in pausa o alterano l’esperienza dello spazio fisico, conferendo una sorta di deviazione allo spettatore, il quale si trova immerso in un’atmosfera romantica e giocosa. Queste installazioni fungono anche da luoghi dove tuffarsi in altre attività, come leggere o guardare video. Strutture apparentemente semplici che richiamano molti dei precedenti esperimenti dell’artista con la percezione, il riflesso e la rifrazione, ma che si allontanano da essi dal momento in cui non vengono situate in gallerie ma come aggiunta a lungo termine nel paesaggio.

Graham ha avuto una grandissima quantità di riferimenti e ha scritto pressocché di tutto: da scritti su Dean Martin ad altri sulla musica rock, passando per l’astrologia per arrivare all’architettura urbana. Di lui mancheranno lo spirito, la generosità e l’irascibilità che lo contraddistinguevano. Con lui se ne va un pezzo della storia dell’arte degli ultimi cinquant’anni.