Increspature azzurre, appese alle pareti, sembrano emergere dai fondali degli oceani. Forme stalagmitiche riconfigurano in maniera labirintica il perimetro della galleria. Opere ricavate dal calco di imballaggi o, ancora, utilizzando frammenti di manifesti pubblicitari presenti sulle navi, disegnano una nuova topologia dello spazio espositivo. Materiali clochard – per dirla con Bourriaud – come argilla, gesso e cemento, insieme a spezie e caffè e plastilina del colore del mare, creano un disordine apparente di piccole composizioni dissimulate qua e là, insofferenti a qualsivoglia principio di composizione fissa.
Tutto il progetto rinvia al movimento, al dinamismo delle forme, e riporta l’attenzione sul tema dell’indifferenziazione tra lo scarto e il materiale di consumo. Costringendo lo sguardo dello spettatore su un mondo saturato di oggetti che ha come conseguenza l’idea di inquinamento che domina l’immaginario contemporaneo. Fedele alla sua ricerca, che indaga le connotazioni emotive e psicologiche interne alle strutture socio-economiche, politiche e culturali del nostro tempo, Erkan presenta una produzione di nuovi lavori che, legati a una sua esperienza personale su una nave da crociera, interrogano la presunta sostenibilità ambientale delle compagnie di navigazione turistiche – decantata dalle stesse come primaria responsabilità aziendale.
Antropocene e capitalocene sono i temi che sottendono il lavoro dell’artista. Letteralmente ‘l’era dell’essere umano’ il primo, che addita la sua egemonia disastrosa sulle altre specie tramite l’estensione e il volume della sua attività. E termine coniato dallo svedese Andreas Malm il secondo, che pone l’accento sul fatto che tale minaccia proviene certamente dalle attività umane, ma in quanto determinate da un sistema produttivo globalizzato, orientato esclusivamente al profitto, alla privatizzazione e allo sfruttamento intensivo delle risorse naturali (si veda Nicolas Bourriaud, in Inclusioni. Estetica del capitalocene).
In questo scenario, Erkan cerca parametri nuovi, un nuovo modo di rapportarsi con l’insieme delle forze con le quali coabitiamo. Siano esse le profondità dei mari o l’impalpabilità di una medusa, l’energia vitalistica dei materiali o l’ingombro solido delle navi. Con afflato lirico e sottile, l’artista ripensa la relazione oggetto-soggetto e con essa la relazione tra opera e suo fruitore. Consentendogli l’immersione nel mondo.
«Mi sono innamorata della ricerca di Elif Erkan dopo aver visto una sua mostra a Berlino. Per il suo suo modo di lavorare la materia, per la sua abilità a creare sculture e opere partendo da materiali semplici. Questa è la sua prima mostra in galleria, un progetto che lei stessa definisce molto politico, eppure pervaso del suo ideale poetico di arte. Forse la cosa che di lei mi ha colpito di più.» Renata Fabbri
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Elif Erkan – In the Off Hours
Renata Fabbri arte contemporanea, Milano Via Stoppani 15
22 febbraio – 3 aprile 2022