African Textures
African Textures veduta dell'installazione alla Osart Gallery. ©Max Pescio

A Osart Gallery è di scena l’arte africana

Si potrebbe definire come un accumulo di stimoli, motivi e simboli in cui la superficie della tela si offre come luogo privilegiato di un libero itinerario, la mostra dal titolo African Textures che Osart Gallery dedica al panorama artistico emergente dell’Africa del Sud attraverso il lavoro di tre giovani artiste: Jeanne Gaigher (1990, Cape Town), Kresiah Mukwazhi (1992, Harare, Zimbabwe) e Marlene Steyn (1989, Cape Town). 

Occasione di un’eclettica libertà narrativa che rompe in qualche modo con la tradizione della galleria, da sempre impegnata in un lavoro di riscoperta e valorizzazione dei protagonisti dell’arte concettuale degli anni Sessanta e Settanta, e che offre una prospettiva altra, di un certo esotismo, come differente punto di vista sull’arte contemporanea. 

“Ero già stato in Sudafrica nel 2008” spiega Andrea Sirio Ortolani fondatore della galleria, “quando ancora il mercato e il sistema dell’arte erano piuttosto acerbi. Ma ho mantenuto inalterata nel tempo la curiosità per quel Paese perché secondo me lì c’è un grande potenziale e ci sono ancora molte storie da raccontare. L’abolizione, nel 1994, dell’apartheid ha segnato un vero e proprio punto di svolta perché gli artisti che sono nati in quel momento storico o hanno vissuto in prima persona gli importanti cambiamenti che ne sono conseguiti, le battaglie per l’emancipazione, hanno utilizzato quell’evento come motore trainante della loro creatività. Si registra un clima molto vivace e un desiderio di apertura a un contesto più ampio che non sia esclusivamente quello domestico. Perciò intendo dare continuità a questa prima iniziativa facendo un focus molto ampio sul territorio sudafricano.”

Una collettiva che attraverso l’accurata selezione di nove opere rielabora il tradizionale linguaggio pittorico in una prospettiva multimediale. Stili e tecniche eterogenei, uniti a cromatismi accesi, combinano il piacere della raffigurazione con l’utilizzo di materiali la cui texture – termine che fa rifermento tanto alla tecnica utilizzata nei lavori esposti quanto alla struttura sociale e politica dell’Africa – assume un ruolo chiave. Quasi ci fosse il desiderio di un’intenzionale esperienza tattile, sensoriale a legare insieme questi lavori: visualizzazione di un presente in cui si condensano e stratificano i frammenti di un mondo in divenire. 

Le opere di Jeanne Gaigher sembrano dei libri pronti per essere sfogliati, superfici composite in cui scrivere l’arte significa inventare e ibridare in maniera istintiva, senza forzatura alcuna. Lasciando che le esperienze personali, i paesaggi contemplati dall’artista e i momenti di vita vissuti, catturati attraverso l’utilizzo dello smartphone, fluiscano spontaneamente e vengano poi fissati con colori acrilici, inchiostro e inserti di tessuto. 

Kresiah Mukwazhi, la più giovane delle tre protagoniste in mostra, si propone di indagare, attraverso tecniche diverse, soprattutto il ruolo della donna in relazione alle norme della società patriarcale. Non a caso ritorna, in maniera significativa in tutto il suo lavoro, il tema dell’uomo potente accusato di aggressione sessuale. Spalline, pizzo e seta, elementi appartenenti alla lingerie femminile compongono opere volte a riportare l’attenzione sulla fragilità della condizione femminile in Zimbabwe e a promuovere un dibattito attivo sulla resistenza provocatoria in opposizione al patriarcato. 

Diverso infine l’approccio di Marlene Steyn che cede alle lusinghe di una grammatica decisamente più figurativa. Lavorando su tela, spesso libera dalla tradizionale ossatura, su cui dipinge con oli, acrilici, inchiostro e l’aggiunta di plastilina e vari altri materiali di recupero, l’artista si interroga sul processo che porta alla definizione della propria identità, specialmente quella femminile, al tempo dell’identità liquida che caratterizza la nostra contemporaneità. 

“Un lavoro di scoperta che è stato molto stimolante” conclude Andrea Sirio Ortolani. “Non voglio dire che l’Europa sia stanca ma oramai, soprattutto nell’arte moderna e contemporanea, il sistema è così consolidato che spesso, almeno per come lo vedo io, rischia di risultare piatto. In questa mostra si percepisce invece uno spirito completamente nuovo, reso ancora più incisivo dall’uso del colore e dall’utilizzo dei materiali.”

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African Textures: Jeanne Gaigher, Kresiah Mukwazhi, Marlene Steyn
Osart Gallery, Milano Corso Plebisciti 12
fino al 1 febbraio 2020
martedì – sabato 10-13 | 14.30-19 (entrata libera)