Arte Fiera 2025
Gabriele Perretta, Fuori della città, cprint, 2019

24.10.2010/23:45. (Frammento dalla Trilogia del Grigio) Covid19 (sparso) [seconda parte]

Una nota: Il parossismo della pandemia è ovunque. In ogni dove esistono oggetti ai quali attribuiamo qualità che essi non potrebbero possedere e che perciò, in virtù di un sovrainvestimento, ci appaiono diversi da quelli che sono. Scopo di questo racconto in tre parti è quello di esplorarne la genealogia e le successive mediamorfosi delle varie figure del parossismo critico, con particolare attenzione a quella liberale, economica e mediatica. Punto di partenza del racconto sono i testi (due delle tre sezioni, risalenti al primo decennio del 2000) che Perretta dedicò al parossismo, riprendendo e rielaborando un concetto originariamente coniato in ambito medialistico e già fatto proprio, com’è noto, dalla critica dell’economia politica mediale, prima ancora che venissero fuori film e sceneggiature che accompagnassero le immagini de La Grande Bellezza (di Paolo Sorrentino del 2013) e prima, addirittura, di Gomorra (Matteo Garrone, 2008). I diversi contributi, le cosiddette tre parti della narrazione o narratologia, si propongono di discutere un fenomeno che, per la sua straordinaria irruzione e parossica diffusione nei vari campi della nuova antropologia tecnologica, dell’arte, della filosofia sociale e fenomenologica, oltre che della psicoanalisi diffusa, va considerato un significativo crocevia nell’esplorazione dell’identità contraddittoria di una Capitale (o meglio un Capitale religioso e finanziario) in epoca contemporanea. Il parossismo non ha univoco potere esplicativo: in questo aggiornamento non sono state imbrogliate le carte. Si sono mantenute le classiche espressioni del parossismo nello spazio antropologico finale, nella guerra antropologica di quest’ultimo stadio, in quello economico-sociale e in quello post-biopolitico, in quello in cui neanche le categorie dell’imperialismo, del sovranismo, del neo e del post-moderno si riconoscono più: un oltre sempre oltre, governato da nuove guerre batteriologiche e di sottomissione, al di là dello stato di eccezione, in guerra con se stesso e col suo credo nazista e fisicalista. 
Enrico Maria Sestante

“Non si deve confondere grande città e città popolosa”
Aristotele, La politica

“La forme d’une ville/ change plus vite, hélas! Que le coeur d’un mortel”
Baudelaire, Il Cigno, da I fiori …

Ora, non occorre essere particolarmente versati in questioni di traffico, o conoscere Roma molto bene, per capire che i poveri disgraziati intrappolati nel traffico avrebbero potuto rimanere bloccati per un mese, solo se le autorità comunali avessero blindato tutte le uscite e li avessero tenuti lì in punta di fucile. Ma non basta, molti media, dall’autorevole Mediacity fino a un blog specializzato come Romaoggi.it, hanno tranquillamente affermato che auto e camion fossero incolonnati nell’autostrada che porta dalla Tiburtina alla Nuova Nomentana: “Migliaia di automobilisti sulla strada che collega la Bufalotta a Talenti, nella Quarta, che guidano con le mascherine antivirus”. Peccato che l’autostrada corra invece in direzione opposta, a Nord verso la Salaria e non a Sud verso la Tiburtina. Talenti in effetti si trova nel quartiere della Montesacro interna e tutte le mappe mostrate da giornali e telegiornali presentavano un pezzo di strada che dalla Tiburtina puntava in direzione Nord-Ovest. Il record l’ha però stabilito il QN, che nello stesso articolo è riuscito a scrivere prima: “Un ingorgo sull’autostrada che collega Napoli a Roma ha causato una coda di oltre 100 chilometri” e poi “Il serpentone corre da Fidene nella parte centrale di Castel Giubileo centrale, verso un’altra frazione di Roma capitale”.

I sensibili e sdegnosi poeti che tengono conferenze sulla parola e l’immagine nelle nostre Università fanno sempre allusioni sprezzanti ai moderni scenari del traffico cittadino e preferiscono decisamente il semplice palcoscenico romano. Essi pensano che se a Roma venissero offerte le attrezzature moderne, i cittadini le usurerebbero: ma neppure per idea. Questi spiriti poetici sono tutti entusiasti del traffico, del caos, della metropoli. Dubito che sia possibile trovare molti di loro nel loggione di Batteria Nomentana, o ad un incontro di lotta libera, post-reading. Forse allo Stadio o all’Eur? Ne dubito ancora. Ma sebbene il palcoscenico moderno, con la sua inesorabile barriera dell’arco del proscenio abbia i suoi difetti, esso ci dà immancabilmente un attimo di respiro. E nel momento in cui tutte le luci della città si spengono e si accendono (the floats), in modo che tutto è al buio eccetto l’orlo del pesante sipario di velluto che è in piena luce, nell’attesa più affascinante e ansiosa. È una minuscola alba in tono minore. Potrebbe essere un’altra incarnazione della lirica. Per un secondo tutto è immobile tranne la nostra immaginazione. Che cosa nascondono quelle pieghe luminose? Che cosa c’è dietro quell’opulento mattino di velluto? E forse dovremmo lasciare il teatro proprio nella poesia, prima che l’alba ondeggi e si sollevi, e prima che gli avvisi sul Coronavirus divengono Pandemie generalizzate, gestite da Google e da Amazon. 

E l’ingorgo che doveva durare un mese? Beh … Quello è già finito, o credete ancora a certe sparate dei media? Purtroppo, data la monotonia della circoscrizione e la mancanza d’immaginazione degli abitanti, si era sempre a corto di argomenti. Sovrano tra tutti svettava il meteo, seguito a ruota dalle scaramucce da bar, ma a volte tra due amici in vena di confidenze, si sentiva parlare dei reduci del Covid19… Per evitare noie, il comune votò un bizzarro provvedimento, tutt’ora in vigore, che impediva di aprire locali e forme di intrattenimento di ogni sorta in città. Il provvedimento aveva una postilla che proibiva di rinnovare o ammodernare locali già esistenti, per sicurezza, che a nessuno venissero in mente strane idee. Queste ultime iniziative contribuirono a conferire all’urbe un aspetto polveroso e fuori dal tempo. Passeggiando per Via Nazionale o per le strade dei Parioli, da cui partivano monotoni reticolati perlopiù residenziali, si aveva come l’impressione di aggirarsi in un plastico costruito da centurioni e viceconsoli, in preda alla pandemia. Le strade erano sempre deserte, non c’era motivo di uscire, in città non c’era nulla da fare. I bar erano talmente sguarniti da proporre il liquore a base di chinotto come ultima novità. Le abitazioni, unità mono-familiari con cortiletto munito di magnolia e nani da giardino, erano tutte delle stesse dimensioni e alla medesima distanza, anche il colore le accomunava, una sfumatura di grigio che andava dal cinereo al ferrigno. 

Come il cane finisce per assomigliare al padrone, o viceversa, così le città finiscono per assomigliare ai loro abitanti. Il fatto è che non si sa se sia stato il terreno, la nebbia, l’aria salmastra o il colore dei monumenti barocchi a influenzare i romani, oppure il loro carattere spigoloso, gretto, indolente a dare alla città quell’aria stantia. Senz’ombra di dubbio la popolazione di Roma, dai cittadini all’amministrazione comunale, dimostrava una spiccata predilezione per l’accumulo di danaro e di mascherine anti-Covid19. Essendo i romani, lavoratori indefessi, spilorci, senza altri svaghi oltre alla loro tirchieria, attribuivano al soldo proprietà sovrannaturali.

A volte basta un fiuto ben allenato e buon spirito d’osservazione per capire, entrati in un luogo sconosciuto, la natura dei suoi abitanti. Così come Jerry, da buon rumeno de’ Roma, si era dimostrato avido e ottuso a non tener conto che il trambusto arrecato al paese aveva un prezzo. Con qualche regalo alle persone giuste avrebbe potuto portare avanti la sua attività per secoli. Altri, forestieri, capivano immediatamente che quel buco di anime morte, attraversato dalla statale e dalla ferrovia, poteva essere una miniera d’oro. La proposta non tardò a venire. Fu il Cav. K., a intravedere l’affare. Il K. aveva fatto una fortuna con i supermercati Universal Media/Market e con la vendita dei prodotti su Amazon; riciclando denaro di origini malavitose, aveva fondato la più grossa catena di centri commerciali in Italia e la più grande rete di vendita di amuchina online. La formula innovativa del Cav. K. aveva avuto moltissimo successo, si basava sul concetto di Capitale morale dello shopping e del Virus. Tra l’altro, dato che si parla della città del Cinema, il Gabinetto Federale dei Consumisti Laziali aveva previsto, tanti schermi omologati e distribuiti nella rete urbana della città, partendo dai due grandi monitor che trovavano largo spazio nella Città del Vaticano. Tra i film proiettati e usati come dei classici del double bind consensuale: Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni, Fight Club di David Fincher, Zombie di George A. Romero, 2022 – i sopravvissuti di Richard Fleischer, tratto dal libro di Harry Harrison Largo! Largo! del 1966. I suoi Center poi, non erano solo negozi, ma vere e proprie comunità autosufficienti basate sull’orgia del consumo e del cordone igienico-sanitario anti-virus. C’era tutto il necessario per vivere senza allontanarsi mai: appartamenti, asili, scuole, negozi di ogni genere, ristoranti, bar, palestre (tutto momentaneamente chiuso). Questi centri avevano l’aspetto di anfiteatri futuristi, costituiti da varie unità confinanti, collegate tra di loro da viottoli e piazze ornate da fontane e giardini. Tutto rigorosamente artificiale. L’idea era di fare piazza pulita del paese e sostituirlo con un K. Global Market, o meglio Kingdom Hearts (キングダム ハーツ, Kingudamu Hātsu) Global Market, in ossequio ad un videogioco di tipo action RPG uscito in Europa il 15 novembre 2002, noto per essere il risultato della collaborazione tra il creatore e produttore di giochi Square Enix (allora Square) e la Disney (è un videogioco di ruolo d’azione con sfondi e paesaggi tridimensionali, calcolati in tempo reale; la musica è composta da Yoko Shimomura e il brano dei titoli di coda e l’orchestra d’apertura sono composti da Kaoru Wada; inoltre, la canzone della presentazione iniziale, Hikari (“Luce”) nella versione giapponese e Simple And Clean nelle versioni occidentali, è composta e cantata da Utada Hikaru..). Il progetto, avviato un anno fa, spinto da quegli scienziati, tecnici, ma soprattutto attivisti che da sempre si battono contro la distruzione del K. Global Market, vede in questo caso la «collaborazione» della multinazionale delle Republic.Com che ha la concessione governativa sul territorio. Anche perché (o soprattutto?) sembra che sempre più consumatori nel mondo richiedano che il loro K. Global Market e la loro mobilia arrivi con tanto di bollo di approvazione del Forest Globalship Council (o Consiglio per la Gestione Globale delle Public.Com). 

Gabriele Perretta, Lontano della città, cprint, 2019

L’FGC è l’organizzazione internazionale non-governativa, nata nel 1993 per iniziativa di un gruppo di associazioni dei Consumatori (conformi al Virus) che operano nelle Periferie delle Grandi Metropoli (tra le quali Green-pro-sumers), che preoccupati per la valorizzazione delle repubbliche digitali, volevano passare ad azioni concrete per la loro conservazione. Ma per farsi certificare dall’FGC bisogna rispettare alcune regole. Uno dei principi e criteri che le industrie dell’etica consumistica devono seguire è proprio la relazione con la comunità locale. Non c’è bisogno di ricordare che da sempre sono gli abitanti delle periferie a pagare il prezzo più alto alle multinazionali delle Public.Com, che arrivano senza preavviso, ma con carte firmate dal governo. Minacciano i villaggi, costringendoli a sottoscrivere contratti-capestro. Promettono scuole, ospedali, infrastrutture, di cui resterà appena qualche tettoia fatiscente e poi infine piazzano ripetitori, antenne paraboliche, apparecchiature radiofoniche e televisive. Quando se ne vanno, Tor Bella Monaca, la Bufalotta, l’Ardeatina sono compromessi, attraversati da una fitta rete di strade mediali che rendono la quartierizzazione digitale accessibile a ogni invasione. Finora le popolazioni locali non avevano mai potuto esprimersi sulle pianificazioni comunicazionali. Almeno in questo caso, invece, possono decidere di salvaguardarne alcune, «segnando» quelli più importanti per la difesa della loro identità. La differenza di importanza fra le varie zone – per esempio quelle usate dai romani della zona est o di quelli della zona ovest della città per la caccia, per riunioni sociali, per le riunioni religiose – viene poi monitorata dall’azienda attraverso l’uso di Gps, i rilevatori satellitari, con un terzo del tempo che necessiterebbe un tracciato tradizionale. Ma il ricorso alla tecnologia non è una cosa nuova. L’uso dei satelliti per osservare ed intervenire nella crisi, ad esempio, si sta diffondendo sempre più. Qualche mese fa il nuovo capo della Municipalità Sud della città, ha stretto un patto con Gnugool, al quale ha chiesto che Gnugool Earth venisse utilizzato per monitorare alcuni ettari della loro riserva e i tratti della città più appestati. In caso di nuove devastazioni ci sarebbe stato così il tempo di una denuncia pubblica. Il progetto in questione prevede anche una stazione radio per comunità consumistiche, che identifichi il cittadino modello delle reti di usabilità, per ora ancora in fase preliminare. Attraverso la radio – con quartier generale a RomeGateway – i cittadini della IV riescono a conoscere i loro progetti, e come e quando devono segnare le case monitorate per l’ampliamento del satellite e per le immunizzazioni da virus. Anche se per ora soltanto alcuni programmi-pilota sono stati realizzati, la radio a modulazione di frequenza DigitalRepublic.Com è riuscita a trasmettere per sei ore al giorno, in radiodiffusione musica e notizie utili alla comunità. Comprate questi ed altri prodotti in maniera più intensa! Grazie a questo progetto e l’interagire con le comunità locali, dal 2006 intanto le ConSob hanno guadagnato la certificazione FGC per una delle cinque zone su cui hanno la concessione. Diverso il discorso per l’altro programma in cantiere: l’apertura di una fabbrica di USB, per avere il catalogo dei prodotti sempre a portata di mano sui telefoni cellulari, che GreenGlobalFusion ha esaltato, giudicandola «inverosimile». In effetti: non è necessario credere in una fonte soprannaturale del malessere: gli uomini da soli sono del tutto capaci di qualsiasi cattiveria. Non è la forza delle passioni (rara, in fondo, come il genio) che conduce al virus; quanto l’ottusità del General Intellect. Il male, prima di tutto, è questione di intelligenza. E a poter leggere dentro le anime tormentate, la cosa che più stupisce sarebbe, credo sia di trovarle così semplici, irriflesse, puerili, tra i loro giocattoli di morte. 

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