Werner Feiersinger Untitled (Burri), 2016 Colour photograph mounted on dibond 157 x 125 cm Ph Werner Feiersinger Courtesy Galerie Martin Janda

Werner Feiersinger, Object Relations

La Galleria Schiavo Zoppelli presenta la prima mostra personale in Italia dell’artista austriaco Werner Feiersinger, con una selezione di opere realizzate tra il 2010 e il 2018. Come suggerisce il titolo della mostra, Object relations, l’artista esplora la possibilità di relazioni multiple tra una selezione di quattro sculture e tre fotografie, associando il suo scarno ma incisivo, vocabolario formale allo spazio della galleria.

L’uomo che non crede è un funambolo che ha deciso di non usare la rete di protezione sotto la corda che sta percorrendo. Il suo segreto è quello di concentrarsi solo su un passo. La corda diventa pavimento. Il momento più pericoloso della camminata aerea è all’inizio e alla fine. Il rischio è quello di voler eliminare la vertigine e la condizione di sospensione. Così è per l’ateo. Rinunciare a Dio sia all’inizio che alla fine della vita, può essere letta come prova di grande forza d’animo. Rifiutare l’apparente certezza di essere salvati, eliminare dogmi e credenze per ricreare da capo i propri personali valori. Non è cosa semplice.

L’artista austriaco Werner Feiersinger, classe 1966, porta lo spettatore verso queste riflessioni. Le sue sculture ricordano architetture moderniste. Infatti, esse appaiono a prima vista utili, funzionali, eleganti, ricercate e facilmente integrabili nell’ambiente. In realtà un calore potente riscalda quelle strutture solo superficialmente fredde. Si percepisce la forza delle emozioni umane. Sceglie di analizzare l’incertezza. I pensieri che scorrono nella mente umana quando non riesce a scegliere. Soren Kierkegaard non a caso sosteneva che la libertà di scelta non rappresenti la grandezza dell’uomo, bensì il suo permanente dramma. Infatti, egli si trova sempre davanti a una “possibilità che sì” e una “possibilità che no” senza possedere alcun criterio di scelta. Anche chi sceglie di non scegliere cade in trappola finendo come il Don Giovanni che si consuma cambiando identità a seconda delle circostanze. 

Ecco che, Werner Feiersinger presenta oggetti-scultura caratterizzati da un’apparente utilità, ma che poi in realtà non possono essere usati; penzolano disarmati. Come scrive Martin Herbert alla fine del suo saggio sulla mostra di Werner al Belvedere 21 (Vienna) nel 2018: “Credo che questa riflessione ci porti a pensare che questi oggetti: una barca che non si muove, una scala che non si può usare, siano modelli del processo condiviso di comprensione dell’esistenza. Il senso della vita, è stato suggerito ed è proprio quello il cercare di capire il senso della vita stessa. Questo diventa un compito particolarmente urgente quando non abbiamo la religione a fornire risposte immediate e confortanti alle domande. L’arte di Feiersinger ci pone, non senza empatia e senso di sostegno reciproco, in questo dilemma universale. Ci mette tutti sulla stessa barca, tutti a metà della stessa scala, tutti nel misterioso spazio tra le cose”.

Le sue strutture quindi risultano pregne di un caldo minimalismo, campite con pochi colori; spesso monocrome. Il fondo colorato che spesso utilizza ha la funzione principale di mettere in secondo piano il materiale, ma anche di mascherarne il peso effettivo. 

L’artista realizza in prima persona tutti i suoi oggetti e la scelta meticolosa del materiale più adatto a ogni scultura è anche parte centrale della sua pratica. 

La mano dell’artista tende a nascondersi, a tratti ad annullarsi. Appaiono come strutture nate senza genesi, venute su dal nulla. Si riscontra il tentativo di Werner Feiersinger di sottrarre le sue creazioni al tempo. Vuole consegnarle all’eternità. Effettivamente, osservando a lungo le sue sculture viene in mente la frase di Blaise Pascal: “Il silenzio eterno di quegli spazi infiniti mi atterrisce”. Le sue sculture infatti nel loro silenzio alla John Cage, non fanno altro che espandersi e propagarsi nello spazio.

L’osservatore può percepire una sensazione simile a quella provata davanti all’opera, Piazza d’Italia o all’Enigma dell’ora di Giorgio De Chirico. Infatti, quelle strutture semplici, metafisiche, bianche o rosse appaiono incarnarsi e posizionarsi concretamente nello spazio grazie all’artista austriaco. Non a caso, le sue opere sono come immagini appartenenti alla dimensione del ricordo, con riferimenti ambigui e allusioni che provengono da strutture, superfici e tonalità ricorrenti.

L’artista stesso rivela di non essere sempre consapevole delle allusioni e delle ambivalenze di significato che si formano nei suoi oggetti quando va a crearli. A volte si tratta di elementi che lo attraevano già da bambino, cose per lui fondamentali. 

Nelle sue fotografie si ritrova coerentemente l’interesse per le strutture moderniste, in particolare quelle italiane, create nel dopoguerra e le architetture di Le Corbusier. I riferimenti stratificati e la capacità metaforica delle forme di Werner Feiersinger si ritrovano nei suoi scatti che tendono a sovvertire i modi convenzionali di leggere la realtà anche attraverso l’aiuto di una profonda ironia. Le sue fotografie, prive di inutili decorazioni, rivelano le qualità insolite di queste strutture moderniste, che assumono così connotati meno freddi e maggiormente legati al sentimento. Ed ecco come come dice l’artista: “Calcestruzzo, vetro, detriti si fondono in un’unica cosa, diventano un unico stato della materia”.