Vielheit [molteplicità]. Storie dalla società post-migrante

Il Kunst Meran | Merano Arte presenta il nuovo progetto espositivo a cura di Jörn Schafaff, una indagine attraverso i lavori di differenti artisti che analizzano questioni legate alle migrazioni solitamente tralasciate dai mass media e dalla politica. Fino al 24 settembre.

Il Kunst Meran | Merano Arte ha svelato al pubblico il suo nuovo progetto, curato da Jörn Schafaff e narrato dalle opere di Bani Abidi, Sol Calero, Clément Cogitore, Pradip Das, Nicolò Degiorgis, Barbara Gamper, Nadira Husain, Pinar Öğrenci, Willem de Rooij, Ecaterina Stefanescu, Rirkrit Tiravanija, Haegue Yang e Želimir Žilnik.


Vielheit [molteplicità] è il titolo, emblematico, attraverso il quale la mostra intende indagare quei fenomeni e quei processi altrimenti invisibili che, al contrario, l’intelligenza emotiva e la spinta dello sguardo d’artista riescono a far affiorare, secondo prodromi persino opposti, linguaggi e grammatiche di grande eterogeneità, nel solco di quella molteplicità d’indagine posta quale focus da Schafaff.

La migrazione è realtà. Ed essa muta il quotidiano, da sempre. Tanto che tutti gli artisti in mostra sono internazionali ma, al tempo stesso, tutti gli artisti sono locali.

Martina Oberprantacher, Direttrice Kunst Meran

Consapevolezza, percezione e conoscenza, talvolta, non coincidono, sino a rendere il reale una dimensione mutavole e mendace. Tuttavia, osservando la realtà in cui la nostra società vive, ci renderemo immediatamente conto di quanto ogni luogo del pianeta sia definibile ‘post migrante’, ovvero contraddistinto dalla quotidiana convivenza di persone di background e status completamente diversi, plurimi. Sesso, religione, provenienza, lingua sono elementi che generano, da sempre, melting pots culturali tali da segnare la ricchezza intrinseca della nostra società.

Ciò che appare ovvio e assodato, però, non lo è affatto: ‘spesso l’approccio mediatico e il discorso politico non riflettono questa “molteplicità”. La mostra Vielheit [molteplicità] ci invita a esplorare la complessità delle società post-migranti attraverso narrazioni personali e considerazioni generali: come cambiano le preferenze, le abitudini, le percezioni e le relazioni in un mondo sempre più caratterizzato dalla molteplicità? Dove e come diventa visibile il cambiamento? Quali sfide ne derivano per gli individui, per i gruppi e per la società nel suo complesso? I contributi artistici proposti in mostra ci incoraggiano a pensare alla molteplicità in qualità di spazio di possibilità, ma anche come a una sfida.’ Recita il comunicato che accompagna la nuova mostra del Kunst Meran.

All’interno degli spazi museali meranesi, molteplici anch’essi, caratterizzati dall’incastonatura di interventi contemporanei all’interno di una composita struttura più antica, l’intento del curatore Jörn Schafaff e degli artisti si è rivelata una sfida in grado di gemmare un percorso narrativo costruito sull’innesto di conoscenze, esperienze, visioni e modi vivendi talvolta inattesi, talaltra da far riscoprire, celati sotto il velo dell’indifferenza, del pregiudizio, della fallace percezione, molto altro.

Sol Calero, Escultura Salsera II, 2014, tecnica mista, Courtesy of the artist
Photo: Hans-Georg Gaul

Ecco, dunque, che ognuno degli artisti chiamato a comporre l’indagine per Vielheit [molteplicità] delinea un collage composito, espresso attraverso il codex visivo, come nel caso di linguistic landscapes (how do we come together in our differences?) dell’artista di origine meranese Barbara Gamper, mediante la fotografia latrice di altri livelli di lettura come per Hidden Islam dell’artista residente a Bolzano Nicolò Degiorgis, della forza simbolica moltiplicata in varie grammatiche, dalla costruzione in scala di luoghi riprodotti e fotografati con intenti precipui dall’architetto Ecaterina Stefanescu nell’opera Rooms, alle evocative installazioni Escultura Salsera II dell’artista berlinese cresciuta in Venezuela, Sol Calero, e ancora Woven Archi-Head in Six Folds – Accentuated Nature di Haegue Yang. Allo stesso modo sono scampoli di stoffa a raccontare qualcosa di un altrove, come testimonia l’artista di Calcutta Pradip Das con la grande installazione Golden Wall II ed anche Nadira Husain con il lavoro Ancestors, Mom cui fa eco la pittura nel lavoro An Elephant in Front of the Window, Kulfi.

Probabilmente, però, uno dei linguaggi prediletti per narrare, mostrare, delineare quell’alveo in cui la vastità del concetto di Vielheit [molteplicità] meglio emerge è il linguaggio video. A darne prova diverse opere che propongono un subpercorso all’interno della mostra, di grande impatto. È il caso di Želimir Žilnik e del cortometraggio Inventur Metzstraße 11 del 1975 che, però, trova eco nelle storie di migrazioni dei nostri giorni; ad esser cambiate, invero, sono solo le provenienze dei migranti. Consapevolezza di cui è latore il lavoro di Pinar Öğrenci, Inventur 2021.

La storia del XX secolo ci ricorda che la migrazione non è affatto un elemento di novità e che, al contrario, è più spesso la stanzialità a costituire un’eccezione.

Vielheit [molteplicità], Kunst Meran | Merano Arte

Il linguaggio video è anche quello scelto da Rirkrit Tiravanija per l’opera untitled 2023 (neighbours): l’artista thailandese ha ripreso persone giunte a Merano, con background contrastanti ed ha chiesto loro di raccontare alla telecamera i primi tempi nella città altoatesina, il loro presente e i desiderata per il futuro. Cambiare luogo significa trasformare la vita e doversi ricongiungere con un io fermo altrove, come si evince da una delle opere più intense della mostra del Kunst: l’opera video di Bani Abidi The Song il cui protagonista è un anziano giunto a Berlino dalla Siria e il cui percettibile silenzio del nuovo appartamento è straniante rispetto ai rumori della sua metropoli d’origine, ed ecco che egli prova a ricreare con strumenti improvvisati quelli a lui cari e familiari nella devastante solitudine della diaspora senza fine dal Sud al Nord del mondo.

C’è poi un’opera, anch’essa video, di inaudita potenza, che è forse estrema sintesi visuale di un’intera narrazione espositiva: Les Indes Galantes di Clément Cogitore. Il titolo, rimando alla composizione di Rameau del 1735 che raccontava nei teatri d’epoca barocca i clichés esotivi di vite amorose tra Paesi lontani, è stato scelto dall’artista per reinterpretare completamente l’opera originale. Egli ha agito su un brano del IV Atto – dedicato da Rameau ‘ai selvaggi nord americani’ – affidandolo a ballerini di strada parigini, quasi tutti di colore, rintracciati attraverso i social media. La loro danza, il Krumping, è nota per azioni performative ancestrali e simbolicamente aggressive ma non violente, come narra la sua origine losangelina degli anni ’90: nella città californiana il Krumping era usata come linguaggio nonviolento di protesta contro i soprusi razzisti della Polizia. Contestualizzata sul palcoscenico dell’Opera Bastille, tale danza si traduce in uno svelamento lirico contro i pregiudizi della borghesia e atto vettoriale di presa di coscienza, nell’incalzare apicale della musica e dei gesti.

Attraversando le sale del Kunst Meran resta impresso, nel rapido interpolarsi delle suggestioni delle differenti opere e delle corali visioni degli artisti, quel motto che campeggia in cima al palazzo che ospita il museo: DO WE DREAM UNDER THE SAME SKY.

Già, in quell’Alto Adige terra storica di immigrazione da altre regioni, Paesi e continenti, si riflette, come sempre accade nella progettualità del Kunst Meran e dei curatori che collaborano alla creazione di sfide culturali e sociali più che semplici mostre, sul valore più incompreso della pluralità.

Vielheit [molteplicità] ‘invece di continuare a distinguere tra “residenti” e “nuovi arrivati”, sembra più sensato concentrarsi sui cambiamenti nell’ambiente di vita come interesse comune’ delineando la migrazione come componente dinamica ed essenziale dell’umano vivere e che interessa molti più ambiti esistenziali di quanti si possa immaginare, in una felice seppur complessa commistione di idee, tratti, conoscenze, esperienze e interpretazioni.

Una compenetrazione di moltitudini che unisce e con_fonde il dentro – del museo – con il fuori – altri spazi cittadini ma anche altre azioni – che hanno a che fare con l’immancabile e prezioso Public Program della mostra, tra i cui approcci artistici rientra anche quello ideato da Filippo Contatore. Per quattro giovedì di giugno e luglio, il Kunst Meran, difatti, invita il pubblico a partecipare al progetto Haircuts With Attitude, un salone da parrucchiere fittizio nel centro di Merano. Davanti a qualche drink con della buona musica, l’artista Filippo Contatore taglierà i capelli ai suoi e alle sue ospiti – tra cui la ricercatrice sulle migrazioni Claudia Lintner e la critica d’arte e autrice Rosalyn D’Mello – discutendo con loro su questioni di identità culturale. Perché in fondo si tagliano i capelli quando si deve cambiare vita, liberandosi non della forza ma delle zavorre interiori.

Infine, facendo ritorno nel Kunst Meran, l’ultima opera, che si interroga sul concetto di identità e su tutti gli archetipi e le stereotipie di matrice culturale: Bouquet IX dell’artista olandese Willem de Rooij. Un vero grande, enorme, bouquet di fiori freschi, diversi e meravigliosi, eppur simili per un motivo: il colore bianco di tutte le varietà floreali; nonostante esse giungano da tutto il mondo, hanno insieme un solo tratto che le rende, insieme, magnifiche.

Willem de Rooij, Bouquet IX, 2012
Vaso in ceramica bianca, piedistallo, composizione floreale sferica, misura 100 cm di circonferenza, 10 diversi tipi di fiori bianchi, Courtesy Galerie Buchholz, Berlin/Cologne

Oltre l’appartenenza, oltre i dati di genere, provenienza, origine, background, è la difformità a fare dell’umanità una alterità stupente. Qual è il motivo per cui non riusciamo a capire che la migrazione è insita in noi, è il viaggio dell’uomo su questa terra, che porta nel proprio bagaglio qualcosa di invisibile e straordinario e qualcosa di visibile e magico?

Alle opere di Vielheit [molteplicità] scelte da Jörn Schafaff il compito di mostrare ciò che resta nascosto dietro il velo del pregiudizio, al pubblico il compito di sentirsi parte di un tutto che, in fondo, appartiene ad ognuno di noi.


Vielheit [molteplicità]. Storie dalla società post-migrante
a cura di Jörn Schafaff
Kunst Meran | Merano Arte
Via Portici 163, 39012 Merano
Dal 18 giugno al 24 settembre 2023
Martedì-sabato: 10-18. Domenica e festivi: 11-18

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Azzurra Immediato

Azzurra Immediato, storica dell’arte, curatrice e critica, riveste il ruolo di Senior Art Curator per Arteprima Progetti. Collabora già con riviste quali ArtsLife, Photolux Magazine, Il Denaro, Ottica Contemporanea, Rivista Segno, ed alcuni quotidiani. Incentra la propria ricerca su progetti artistici multidisciplinari, con una particolare attenzione alla fotografia, alla videoarte ed alle arti performative, oltre alla pittura e alla scultura, è, inoltre, tra primi i firmatari del Manifesto Art Thinking, assegnando alla cultura ruolo fondamentale. Dal 2018 collabora con il Photolux Festival e, inoltre, nel 2020 ha intrapreso una collaborazione con lo Studio Jaumann, unendo il mondo dell’Arte con quello della Giurisprudenza e della Intellectual Property.