Heuresis va in vacanza per un po’ di settimane. Quella di oggi è, forse, l’ultima pubblicazione prima della pausa estiva della nostra redazione. Torneremo con nuovi articoli, saggi e aggiornamenti a partire da venerdì 30 agosto, quando ripartirà con regolarità il servizio settimanale di Heuresis Segnonline. L’augurio della redazione a tutti i lettori è che questo periodo possa essere utile a rigenerare le forze fisiche e psicologiche in previsione dei futuri impegni del settore artistico, culturale e politico. In questa circostanza segnaliamo che su questa stessa rubrica, per meglio rispondere alle esigenze dell’attualità e alle aspettative dei lettori, in maniera random, ci saranno qualche pubblicazione speciale, o documento straordinario e dedicato ad occasioni estive di particolare interesse, o semplicemente riflessioni ai margini di qualsiasi cronaca.
Note a margine
000h4: Come lo «slanguage» è un mondo, così il mondo è uno slanguage che deve ubbidire all’avvertimento del segno in/personale. Essere stravaganti, primigeni, eccentrici, originali vuol dire essere un’origine, un punto di partenza, una generatività e marcare la situazione col proprio monogramma: non basta come Alcibiade, il giovane damerino, far spezzare la corda del proprio cane o parlar bleso come gli Inverosimili. La virtù dell’originalità non è formata dall’attirare su di sé gli sguardi con ogni medium: non è rivolta all’esterno, ma all’interno; coincide con l’ansia dell’espressione giusta, con l’onestà nella manifestazione di sé. In questo senso, tocca a ciascuno di noi curare il proprio slanguage, trovare il proprio freestyle. Lo sguardo di ciascuno di noi sul mondo – forse – potrebbe appartenere solo a noi (ma noi chi? Chi è Noi? Noi (Us) è un film horror del 2019 di Jordan Peele; una famiglia afroamericana in vacanza a Santa Cruz che si ritrova attaccata dai propri doppelgänger). Lo stile comunica la presa di coscienza della profondità, data alle persone come un’incombenza o come una ossessione. Ciascuno di “Noi” è il più semplice dei mortali; ha il dovere di distinguere la parola della propria situazione, cioè realizzarsi in uno slanguage di tutti, che rappresenta il suo contributo all’universo umano. La lotta per il freestyle è la lotta per l’astrusa, la più scellerata e lunatica vita spirituale.
000h5: La scrittura, che ha la capacità di resuscitare i morti e i luoghi in cui operarono le persone di ieri, restituisce a quelle persone idee, sentimenti, gesti che ce le fanno sentire parenti stretti. E ne mette in narrazione il fantasma, obbligandosi a muovere secondo le regole della letteratura; dirò meglio: lo cala nella forma di un genere espressivo, che è quello e non altro. Dunque lo rende immagine, ma all’ombra di un caleidoscopio ce ne restituisce dati sconfinati, che possono coltivare memorie e fantasie.
Roland Barthes, in Mitologie, ci ricorda che: “Ogni rifiuto del linguaggio è una morte”. Lo slanguage, per come agisce sull’opinione e l’immaginazione, è dunque un fattore della storia e della controstoria. Vorrei ricordare quanto diceva H. Heine, citato da G. Lukacs, che il popolo ha una strana mania di avere la sua storia dalle mani del poeta e non da quelle dello storico. La natura ci presenta in effetti l’immagine della creazione, della novità imprevedibile. Il nostro universo ha seguito un percorso di biforcazioni successive, ma avrebbe potuto seguirne altre. Forse possiamo dire la stessa cosa per la vita di ognuno di noi come autori e lettori! La passione per il reale è un atto eroico e, in quanto tale, comporta il rischio di ricevere una frustata mortale: quanto ardire possediamo per imbarcarci nell’impresa e quanto non-senso siamo in grado di patire?