Marco Pace
Marco Pace. Foto Roberta Vagliani studio. Courtesy: Galleria Giovanni Bonelli

Trilogia dell’Arcadia

La “Trilogia dell’Arcadia” è il ciclo di opere presentato in occasione della mostra “Le possibilità del Sogno” realizzata da Marco Pace per la Galleria Giovanni Bonelli di Milano.

Il concetto base che unisce la trilogia è il sogno.
Il sogno nel ‘900 è stato studiato seguendo tre linee di pensiero principali, da questo principio sono state realizzate le opere della trilogia.
Il primo approccio era materialistico (I Giganti) esso sostiene che il sogno era un’eco nella mente di eventi fisiologici del corpo. Le immagini del sogno erano la traduzione psicologica di eventi fisici: sensazioni di freddo, di umidità di affaticamento di calore etc etc.
Il secondo punto di vista era razionalistico (ritorno alla realtà). Esso sosteneva che il sogno non aveva alcun senso, essendo esso una sorta di intorbidimento delle funzioni mentali …un guazzabuglio privo di significato e composto di frammenti che non dicevano qualcosa in più della persona che li sognava, ma in meno.
Il terzo punto, è il punto di vista romantico (Arcadia), la visione romantica riflette in un linguaggio poetico e filosofico la più antica visione dell’uomo arcaico e dell’uomo tradizionale secondo la quale durante il sogno la mente o l’anima è aperta alle potenze occulte. Il sogno era una via di comunicazione con gli Dei.

Arcadia (distacco, disinformazione, esternazione, sensazioni epidermiche, approccio romantico, mito).
Il ciclo è composto da 12 quadri olio su tela 18,5 x20 cm, un’installazione sonora, e un un paio di dipinti di dimensioni maggiori. Dal titolo stesso del ciclo si comprende che il concetto base delle opere è il mito dell’Arcadia: un mondo utopico, abitato da fauni, animali e altre figure mitologiche, in cui la natura e l’uomo convivono in un’armonia ultraterrena. L’installazione sonora è una voce, femminile, che legge in inglese l’intervista di Gianni Pettena a Buckminster Fuller del 1974 accompagnata da una composizione musicale realizzata appositamente per l’opera, la musica è un’interpretazione del musicista Luca di Bucchianico del “L’Epitaffio di Sicilo” cioè il più antico brano musicale completo (datato intorno al II sec. a.c.). Il piccolo formato scompare quasi alla prima occhiata del visitatore in mostra, solo avvicinandosi ci si accorge della finezza dei particolari e della pittura, cosi la galleria stessa, con il suo grande spazio, crea un limbo tra sogno e realtà.

I Giganti (scultura, mito, sensazioni epidermiche, lavoro, performance).
I Giganti è un ciclo di disegni a carboncino 170×150 cm, e 18 monotipi 40×30 cm. La tecnica del monotipo è stata usata appositamente per creare un tratto caotico e astratto, su base di soggetto figurativo, cosicchè il disegno poi realizzato in grande formato a carboncino avesse l’intensità materica di una bozza di scultura. I soggetti sono intenti in esercizi fisici di ginnastica domestica, il progetto iniziale era di realizzare tutti i 21 monotipi in grande formato a carboncino ed esporli in una grande sala così da creare una sorta di sala dei giganti. Qui l’uomo è oppresso dalle fatiche ed è asfissiato da una struttura astratta che metaforicamente è la quotidianità, il lavoro, le responsabilità. Le cornici di questi disegni sono realizzate a mano dall’artista.

Ritorno alla realtà (isteria, ritorno, viaggio, cammino, visione)
il ciclo è composto da alcuni dipinti a olio su tela di varie dimensioni che rappresentano visioni tra il sogno e la realtà. È un tentativo distorto e distaccato dell’artista di ritornare alla vita con il cammino…viaggio, città, architetture, campagna, monti, umanità, l’incubo del reale, il sollievo dopo il riposo.
Riferimenti: Paesaggio romantico, isteria, barocco, panico, pagano, mitologia, sensazioni epidermiche, esternazione, incubo, sogno, scultura, pan, distacco, pittura, disegno, musica, formato, Salvator Rosa, Giambologna, Berlinde de Bruyckere, Giulio Romano, Gianni Pettena, Buckminster Fuller, Hillman, Freud.