Dal 4 al 10 novembre 2024, ho partecipato a una residenza artistica presso Terrarium a Travacò Siccomario (Pv), in compagnia di altri artisti, impegnati in una riflessione sul rapporto tra uomo e natura. Immersi nella nebbia della provincia pavese, abbiamo sviluppato opere in dialogo con l’ambiente circostante, esplorando le sfide della contemporaneità. La restituzione del lavoro si è svolta il 10 novembre, con una mostra che rimarrà aperta fino al 24, con alcune opere che diventeranno permanenti nel paesaggio.
La residenza è stata possibile grazie alla collaborazione con ArVima, il Comune di Travacò Siccomario, e al supporto dell’Associazione L’Albero delle Idee. Il Bosco di Terrarium si è trasformato in una galleria all’aperto, unendo arte e natura in un dialogo intenso e inedito.
Valentina Bobbo esplora la trasformazione degli oggetti di scarto in nuove forme. In entrambe le opere, che ha realizzato l’artista adotta lo stesso approccio, utilizzando oggetti dismessi per creare nuove realtà. L’invasione riprende il simbolo di Terrarium — una formica — ma in una versione gigante, creando tre esemplari per evocare i concetti di forza collettiva e resistenza. In I fiori, oggetti di metallo e stoffa si trasformano in infiorescenze rosa, veicolando un messaggio di rigenerazione e riscatto degli oggetti abbandonati.
Antonio Conte affronta le tematiche del cambiamento climatico. In Quando si allagherà il mondo tutte queste valli diventeranno fiordi, il monte Lesima, simbolo del territorio che ci ha ospitato, viene sommerso dalle acque, evocando le conseguenze dell’innalzamento dei mari. Un tema che emerge anche in Nuovomondo Racing Home?, dove l’artista riscrive un atlante geografico, immaginando un futuro in cui l’acqua riduce drasticamente lo spazio abitabile. Nell’opera Per prima venne la nascita del mondo, dei funghi dall’acqua sovrappone il paesaggio pavese a immagini di allevamenti intensivi cinesi, portando in luce le radici della crisi ecologica.
Noculus di Benedetta Sanrocco esplora la difficoltà di connettersi autenticamente alla natura nell’epoca contemporanea. I nodi degli alberi di noce, simili alla forma dell’occhio, sono affiancati da uno sguardo ulteriore, quello delle videocamere di sorveglianza posizionate sugli alberi del noceto dietro la sede di Terrarium. Le immagini catturate vengono proiettate in diretta su una tenda che copre la finestra affacciata sul bosco, creando un gioco di trasparenze e sovrapposizioni tra il paesaggio e la sua rappresentazione tecnologica. In questo modo, la videocamera cerca di restituire uno sguardo non antropocentrico, ma il paradosso risiede proprio nel fatto che la visione è sempre mediata da una macchina costruita dall’uomo.
Giorgio Granata ha realizzato due interventi distinti che esplorano il concetto di trasformazione e appartenenza. In Inchiodare agli alberi, l’artista applica pezzi di corteccia sulle piante, richiamando i temi di autenticità e di identità in un ambiente in costante evoluzione. In Collage Stellari, utilizza materiali organici provenienti dal territorio e immagini astronomiche concesse dall’Associazione Astrofili Tethys e dal Planetario e Osservatorio Astronomico Cà del Monte, per riflettere sul nostro posto nell’universo.
L’opera di Giulia Nelli si inserisce nel bosco con un intervento delicato che invita lo spettatore a osservare il paesaggio con uno sguardo nuovo ed innocente. Utilizzando tulle bianco Vimar1991, materiale di recupero, l’artista riflette sul riuso e sull’armonia dell’ambiente, promuovendo una connessione empatica con la natura e la sua salvaguardia.
In Viewport (Ground Zero), Leo Cogliati utilizza due lastre di terracotta incise con impronte umane, disposte come se appartenessero a un sito archeologico. Due laser rossi attraversano le lastre, proiettando linee perpendicolari che, al tramonto, formano un “viewport” 3D, ponendo una forte riflessione critica sulla relazione tra la dimensione fisica e quella digitale e analizzando la progettazione umana.
Per la sua installazione a Terrarium, Sue Kim ha utilizzato rami raccolti nel bosco circostante, insieme a materiali riciclati e riadattati come filo di nylon e oggetti in vetro. L’opera gioca sulla dualità tra naturale e artificiale, temi ricorrenti nella ricerca dell’artista, mettendo in evidenza in modo peculiare le proprietà riflettenti e trasparenti della materia in relazione agli elementi naturali del luogo.
L’opera di Luca Olivieri si compone di due interventi distinti. Cinque punti di passaggio consiste in cornici e immagini recuperate, disposte in cinque punti del bosco intorno a Linea di fuoco. Quest’ultima, un’opera performativa e installativa, presenta due alberi mutilati, connessi da una linea di paglia che si interrompe per mezzo di una pietra su cui sono inscritti termini legati al concetto di conoscenza. Durante la performance, Olivieri danza su uno dei ceppi, mentre sull’altro ha modellato funghi di argilla nei giorni precedenti. Alla fine, ribalta la pietra e ricostruisce la linea di paglia, un gesto simbolico che consente lo scambio reale tra i due alberi.
Anche se ciascuno di noi ha lavorato ai propri progetti in autonomia, la collaborazione è stata fondamentale e si è concretizzata sia nella realizzazione delle opere individuali che in un progetto collettivo. Abbiamo realizzato un frottage per creare un’impronta, un segno che potesse unire il nostro lavoro in un’unica forma. L’ispirazione è arrivata da una parte di una frase presente sul monumento nella piazza delle Poste di Travacò Siccomario, che ha suscitato una forte risonanza tra alcuni di noi. Insieme a Valentina Bobbo, Antonio Conte, Giorgio Granata e Leo Cogliati, abbiamo decontestualizzato la frase, sia a livello semantico che materiale, creando un contrasto che ha permesso di reinterpretare il messaggio in modo nuovo.
L’evento finale ha visto una grande partecipazione del pubblico, entusiasta di immergersi nell’esperienza proposta da noi artisti e dagli organizzatori. Nonostante il contesto fangoso causato dal maltempo, i visitatori non si sono scoraggiati, anzi, la loro disponibilità a sporcarsi ha reso il dialogo con le opere più autentico e coinvolgente, trasformando l’incontro con l’arte in un’esperienza condivisa. La prima residenza di Terrarium è stata possibile grazie a un lavoro collettivo che ha coinvolto, oltre a noi artisti, persone come Luca Taglietti, Michele Cassoni, Federico Manicone, Emma Altomare e l’artista Toni D’Alessandro. Il loro supporto e la libertà che ci hanno dato hanno arricchito l’esperienza. Con entusiasmo abbiamo accolto l’idea di un passaggio di testimone per le future edizioni della residenza, sperando di continuare a contribuire all’evoluzione di questo progetto e coltivare le relazioni nate durante questa esperienza.