Vedovamazzei, Climbing, 2000. Courtesy Maxxi, Roma

Roma Arte in Nuvola 2024. Un corpo fenomenologico tra utopismo e distopia.

Roma Arte in Nuvola 2024, aperta ai visitatori dal 22 al 24 novembre, è giunta alla sua quarta edizione alla Nuvola di Fuksas, con la direzione artistica della storica dell’arte Adriana Polveroni e della direzione generale di Alessandro Nicosia, prodotta da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare e promossa con Eur S.p.A. e la partecipazione delle 140 gallerie nazionali e internazionali.

La fiera romana si riconferma come polo di attrazione per il collezionismo contemporaneo, per gli amateurs d’art, per gli studiosi e i professionisti del settore che rivolgono l’attenzione a un confronto serrato tra giovani realtà e gallerie storiche.

L’edizione di quest’anno dà prova dell’espressione diversificata del tono eloquente contemporaneo, capillarmente esteso nelle diverse città dal nord al sud d’Italia, non solo tramite un approccio metodologico allestitivo e idoneo al respiro di una fiera che vuole mirare a uno sguardo internazionale ma segnatamente con l’introduzione della sezione delle Nuove prospettive, curata da Valentina Ciarallo, perno di rigenerazione per un nuovo dialogo critico e che vuole attivare uno sguardo “trasversale” e “generazionale”. Due termini questi che racchiudono ciò che per la Ciarallo è chiave di mutazione e progresso nel contemporaneo: una spinta di visione internazionale che si muove dalla periferia al centro, e di contro dal centro alla periferia; confronti collettivi e soliloqui di artisti consolidati e di giovanissimi; l’esplorazione di linguaggi divergenti tesi a creare un glossario aperto della complessità stratificata dei nostri tempi; ambienti-luoghi che accolgono, come habitat, le proposte selezionate, con la capacità di trasferirle con immediatezza al fruitore. Inequivocabilmente, dunque, siamo dinanzi a una trasmutazione del paradigma “galleria” che de-costruisce e ridisegna il perimetro del suo fare per scardinare i confini italiani di un moto, quello dell’odierno, rigettante per natura i confini nazionali, tracciati e sottolineati da un passato che grava ormai troppo pesantemente sul nostro agire attuale. Non si tratterà, in questa lettura, delle migliori o peggiori gallerie ma delle realtà e interventi che, concretamente e giornalmente, non gettano l’arte attuale in un teatrino di reminiscenze pedisseque ma tentano, con vigore, una rifioritura di prospettiva, puntando su nuove espressività e ricerche di fiato internazionale, prendendo coscienza che ogni tentativo può condurre anche all’errore o a un rigetto da parte dei visitatori.

Infine, guarderemo alle gallerie che, con eguale animo, si sono occupate, nel tempo, di rispondere all’avanzamento della veduta italiana.

Il focus si posa, pertanto, sull’arte contemporanea, premiando, a ogni buon conto, la sezione dedicata all’arte moderna e le relative migliorie dell’apparato allestitivo-didattico complessivo, oltre alla rotazione delle opere proposte che, non dimentichiamo, essere stimolo sia per il collezionismo affezionato, sia di gran valore per lo studio dei giovani che si affacciano alla vita delle fiere.

Vagliamo da vicino le cinque Nuove prospettive.

Ammaliante è la scelta dell’allestimento per la Candy Snake Gallery di Milano, fondata nel 2021, da Andrea Lacarpia, come evoluzione del suo progetto indipendente “Dimora Artica”. Sono presentate le opere di Agostino Rocco, Elen Bezhen, Riccardo Albiero e di Naomi Gilon. Una pittura, apparentemente anacronista abita, come quadreria seicentesca, pareti rosse accoglienti e nobili. La scultura riporta, senza por tempo in mezzo, alla tagliente distopia contemporanea, con artigli efferati che afferrano oggetti comuni. La pittura sofisticata di Elen Bezhen assurge il passato nella recondita trepidazione dell’oggi, attingendo da un vasto archivio simboli e scenari traditi da uno sguardo tanto intenso quanto vuoto e predestinato. Da qui, l’assimilazione con il periodo scelto e le pose del nascondino che non rispondono certamente al gioco fanciullesco ma all’impervio paesaggio del contemporaneo.

Gian Maria Marcaccini. Curva Pura, Roma

In una direzione totalmente opposta per la tipologia di linguaggio scelta, si colloca Curva Pura, spazio indipendente romano dedito alla continua sperimentazione dell’attualità artistica, gestito da Vittorio Beltrami e Andrea Romagnoli sin dal 2014, e che da tre anni vede la curatela di Nicoletta Provenzano. Ha all’attivo oltre novanta mostre d’arte contemporanea di artisti italiani e stranieri. In fiera presenta il progetto installativo site-specific Hit The Balls as Hard as U Can di Gian Maria Marcaccini, in cui pittura e installazione sono un unico organismo.  Due fori designano l’area oculare che è invitata all’avvicinamento per svelare cosa si cela al di là del pannello che chiude lo spazio del fondale dello stand. Si scandisce, all’instante, la dicotomia tra il davanti e il dietro, tra la volontà di uscita da una condizione di emergenza, in cui versa la società odierna, scudo inopportuno e che non permette di affacciarsi verso l’esterno della nostra visione, bloccandoci in un confinamento di chiusura e consumismo. Iconico il titolo riportato sul dorso del pannello dell’opera che si fa essa stessa metafora del messaggio attivo della fiera.

La Baleno International – ex spazio indipendente, fondato nel 2019, da Roberto Scalmana – nel 2022 muta nell’odierna galleria d’arte romana. Per Arte in Nuvola, ha allestito, nei suoi spazi delimitati da pannelli color grigio, le opere di Massimo Vaschetto, Lina Pallotta e di Giulia Crispiani. Fervido è il lavoro di Massimo Vaschetto che evoca quel grigiore, su cui si posano le sue tele, ampliandolo con una narrazione che, traendo le sue radici da un rigore documentaristico, oscilla l’attenzione verso un momento che si nutre di una prospettiva non intercettata realmente in quel vissuto ma trasfigurata dall’artista come parte della realtà.

Tra un fondale nero e rosato, si dipanano le opere della galleria Art-Preview che opera tra Rimini e Miami, fondata nel 2018, da Matteo Sormani come galleria online e offline che si serve di un comitato scelto per individuare gli artisti. In esposizione troviamo la pittura e la scultura con le opere di Luca Giovagnoli, Filippo Manfroni e Sarah Del Giudice. Coinvolge l’incarnato dei corpi non individuati fisiognomicamente di Filippo Manfroni che, impegnati in pose plastiche e torte, indossano pesanti ali emotive in un contatto con il terreno che ognuno di noi può toccare, durante i forti aggetti di ombra diurni e notturni.

Galleria 196 & Santomanifesto di Roma, uniscono le loro due realtà: Galleria 196 aperta nel 2004, presenta opere della collezione di arte grafica del ‘900; Santomanifesto è un collettivo di artisti, nato nel 2021, proteso al rinnovamento dell’arte del manifesto. All’interno della fiera, creano una “Giungla in città”, in cui, al di sopra dell’orizzonte di un prato, si dispongono le opere a quadreria, con animali che si alternano a monumenti archeologici e a palazzi iconici di Roma e dell’Eur.  

Uno sguardo oltre le Nuove prospettive

Torniamo sul tessuto fieristico con la Galleria Giampaolo Abbondio e con i suoi artisti Matteo Basilè, Simone Bergantini, Maurizio Cannavacciuolo, Binta Diaw, Fathi Hassan, Zhang Huan, Andrei Molodkin, Joel-Peter Witkin. Una fotografia tra il visionario e il “maledetto”, quella dello statunitense Witkin, in cui la sensualità lasciva dei corpi è matrice di un attraversamento epocale degli scenari rappresentati. Non tarda a farsi riconoscere la genialità di Matteo Basilè che, quest’anno, è rappresentato anche dalla NM Contemporary, Monaco e Guidi&Schoen, Genova, con gli artisti Antonio Barbieri, Massimo Catalani, Andre Chiesi, Giacomo Costa, Roberto Maria Lino, Meletios Meletiou, Vincenzo Marsiglia, Valentina Neri, Matteo Sanna e Corrado Zeni e la loro collettiva “Un-nature”, dedicata al tema dell’”uomo e natura”. Basilè attua, senza l’interpolazione delle immagini, una sequenza seducente di fotogrammi nella sua opera Floramagnifica, in cui una donna, colta in una movenza quasi statuaria, indossa un copricapo costituito interamente da boccioli che si schiudono e perdono i loro petali; fiori che trasmutano, dipoi, in insetti. L’ibridazione tra fotografia e realtà aumentata è ben espressa dall’opera Map (Star) The word Rome di Vincenzo Marsiglia dinanzi alla Fontana di Trevi, in cui il suo modulo a stella si unisce all’architettura e alla scultura in una trama visiva univoca. Ottimi anche i lavori di Matteo Sanna, di Antonio Barbieri e di Roberto Maria Lino. L’artista sardo Matteo Sanna denota un tratto delle spiagge da Cagliari a Oristano, care e legate ai suoi ricordi d’infanzia e adolescenza, nella serie di matite colorate acquerellabili e acqua di mare Come la salsedine sulla pelle. Ogni acquerello prende il nome della spiaggia, da cui l’artista preleva il sale, tramite il processo dell’evaporazione dell’acqua di mare con aggiunta di alcuni cristalli, ottenuti tramite precipitazione, per poi fonderli con il materiale pittorico. Antonio Barbieri, nella sua scultura frattale Sarcopoterium indaga la struttura della pianta dal nome omonimo e ne studia lo sviluppo matematico per realizzare un algoritmo in grado di riprodurla. La forma finale risulta, così, essere totalmente ricostruita e smaltata nel processo finale. Roberto Maria Lino dalla sua ricerca precedente si muove su territori produttivi. È un artista in grado di sperimentare, restituendoci sempre opere di valore. Qui il tessuto si fa materia astratta che evoca la natura, con cui l’artista lavora a quattro mani. L’opera Mare Cinereo deriva dalla sua residenza di Monaco, e impiega la salsedine del mare e il processo della decolorazione del tessuto utilizzato, ossia una stoffa reimpiegata e cucita a mano. Simbolico è il Mar Mediterraneo che conferisce un senso comunitario al lavoro.

La Galleria 1/9unosunove di Roma presenta le opere di Giovanni Bongiovanni, giovanissimo talento siciliano che sceglie la pittura per esprimere, in opere come Ricongiunzione, frame di un giovane adolescente, il senso di vacuo che domina la società a noi coeva. La quiete del corpo disteso è contraddetta tempestivamente dalla fiamma, l’ultimo simbolo di un mondo da rivelare che si disperde nelle faville di un tappeto idilliaco.

Non manca di interesse la proposta di Mancaspazio di Nuoro, con il suo stand, disegnato da Andrea Isola, e che offre visibilità da due prospettive differenziate, in cui perla incorniciata dalla nicchia – tra gli altri artisti esposti e di buon livello (Emilia Palomba, Antonello Cuccu, Silvia Idili, Ruggero Baragliu, Paolo Pibi) – è il ritratto femminile di Maria Lai, insieme all’opera di Emilia Palomba. Rilevanza è da conferire allo stand della Intern Richard Saltoun, con Antonietta Raphaël Mafai, con una selezione di lavori di incantevole fascino antiaccademico e attualissimo.

Nella nomenclatura sono da annotare anche Galleria Gaburro di Milano, con Daniel Spoerri, Iain Andrews, Liu Bolin, Danilo Bucchi, Marco Cingolani, Emilio Isgrò, Jan Fabre, Fabio Giampietro, Renato Mambor, in cui le prospettive di Fabio Giampietro sono diagrammi vertiginosi in cui accedere con il visore, mentre le due tartarughe di Jan Fabre sono solo parte della mostra di eccellenza, curata da Melania Rossi; la Galleria Ceravento di Pescara, con i pittori Anzhelika Lebedeva e Giuseppe Vassallo, in grado di recare in fiera due approcci pittorici differenti ma entrambi impegnati in una grande qualità pittorica; La Nuova pesa di Roma, con Elvio Chiricozzi, Giuseppe Salvatori, Luca Grechi, Daniela de Lorenzo, Luigi Stoisa, Gianni Dessì, Sveva Angeletti, Federica Luzzi, Giuliano Giuliani, Pietro Fortuna, Roberto Pietrosanti, una collettiva che sposa la pittura e la scultura di grandi maestri, insieme ad artisti consolidati nel panorama italiano; la Galleria Lo Magno Arte contemporanea di Modica, con Emanuele Giuffrida e la sua opera ricca di significazioni misteriose, Water Bullets: the playroom scenario; la Mucciaccia Gallery di Roma, con l’artista Nikko Mundacruz; Ex Elettrofonica di Roma, con Arianna Marcolin; la Galleria Forni di Bologna, con Giovanni Mercatelli, Lorenzo Vitali, Mario Branca e Ilaria Simeoni; Studio Sales di Norberto Ruggeri di Roma,con le opere di Stefano Arienti, Romina Bassu, Flavio Favelli, Eva Marisaldi, Diego Miguel Mirabella e Davide Monaldi che, insieme agli artisti presentati dalla Galleria Richter di Roma, Polina Barskaya Kaluzhsky, Sam Bornstein, Brian Scott Campbell, Giulio Catelli, Andrea Dubravsky, Luca Grechi sono punte di diamante della fiera. La LABS Contemporary di Bologna, con i preziosi lavori di Marco Emmanuele; e la Galleria Sara Zanin di Roma, con i lavori di Guglielmo Maggini e Beatrice Meoni chiudono un cerchio che vuole indicare come l’arte contemporanea, oggi, cerca solo luoghi, in cui manifestare la sua ricchezza.

Il progetto MAXXI per Arte in Nuvola, a cura di Adriana Polveroni

«L’installazione di Vedovamazzei nella sua torsione, nel twist, nel cortocircuito dell’immagine sembra ricordare qualcosa del Surrealismo» afferma Adriana Polveroni, per presentare l’opera di Vedovamazzei, duo artistico di Stella Scala e Simeone Crispino, al limite tra reale e surreale. Il lampadario di grandi dimensioni era parte di quello che fino al 2000 si chiamava Premio Giovane Italia, ospitato al MAXXI che ancora non era il MAXXI di Zaha Hadid. Dal 2000, Climbing è nella collezione del Museo MAXXI e ora in prestito alla Nuvola.

Il paese ospite di Arte in Nuvola 2024

Il Paese ospite del 2024 è il Portogallo che, con il Ministero della Cultura e l’Ambasciata del Portogallo in Italia, promuove la Collezione Statale d’arte Contemporanea, con una selezione di opere, curata da Sandra Vieira Jürgens, critica e storica dell’arte.

Gli interventi performativi

Sono due gli eventi performativi da porre in evidenza, svoltisi in loco sotto la curatela di Daniela Cotimbo e di Adriana Polveroni: le performances degli artisti romani Iginio De Luca e Francesca Cornacchini.

Iginio De Luca lavora su Tevere Expo, Scarti sonori. “L’azione nasce come diretta evoluzione del progetto fotografico Tevere Expo e come forma di denuncia audio-poetica in grado di far riemergere e rendere udibile il celato, il sommerso”. Il suono è riemersione, dunque della storia e dell’anima-volto del Tevere, attraverso la sonorizzazione degli oggetti recuperati che l’artista “suona”, muovendosi fisicamente nello spazio performativo.

Francesca Cornacchini svolge l’azione performativa Blue Horizon, titolo facente parte del vocabolario dell’artista e tratto dalla cultura popolare, nel femminismo storico e in una visione tecnopessimista. La Cornacchini calcia ripetutamente una parete, in modo tale da tradurre “un sentimento di insoddisfazione tipico della rivolta in un linguaggio formale e pittorico”.

Gli stands redazionali

Tra le critiche da avanzare alla sistemazione degli stands, c’è quella inerente alle redazioni di arte contemporanea che, se fino a un anno fa, erano confinate nel corridoio d’ingresso; oggi sono collocate nel settore, di cui non si fanno portavoce, del moderno.
Perché non allestire gli stand nel piano del contemporaneo?

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