Hai vinto la seconda edizione del Premio Osvaldo Licini dedicato alla pittura italiana, un importante riconoscimento che ti ha chiesto anche di impegnarti nella realizzazione di un percorso espositivo costruito appositamente per il Premio e in dialogo con un grande artista come Licini, da dove sei partito per costruire la mostra?
Nella progettazione della mostra mi è stata lasciata carta bianca. Ho iniziato a costruire la mostra dopo la prima visita al museo Licini, durante la quale sono rimasto colpito dalle opere considerate “minori” dell’artista, e non tanto da quelle più iconiche come le Amalassunte o gli Angeli Ribelli. Ho scelto di inserire nel percorso espositivo il Ritratto di Elena, una delle prime opere di Licini, tra le meno studiate. Quest’opera ha permesso di legare la mia ricerca sulla “marginalità” a Licini, proponendo un metodo di indagine che privilegia il meno noto, il nascosto rispetto a ciò che, nella storia, diventa iconico e dominante. In generale, trovo ricchezza e profondità nell’opposto del mainstream, in ciò che viene ritenuto secondario per diverse motivazioni.
Visitando la mostra si ha l’impressione di vedere i dipinti trasformarsi in sculture e le sculture in dipinti, come se ci fosse un rovesciamento del medium espositivo, qual è l’intento di questo ribaltamento?
Quando affronto discipline classiche, il mio interesse è sempre rivolto a un sovvertimento della tradizione, a un gioco gentile di cui possa sottilmente cambiare le regole. Amo le discipline solitamente considerate minori e in particolare il disegno, ma quando affronto quelle maggiori e mi rapporto a tela e telaio, cerco sempre di parlare un dialetto, di esprimermi obliquamente, di fare emergere possibilità del medium solitamente trascurate.
Travalicando la bidimensionalità, alcune opere in mostra sembrano essere fatte più da oggetti, azioni, architetture, che non da segni. Vuoi raccontarci qualcosa?
É accaduto che come il capocomico di un’antica compagnia teatrale sulla sua carovana, ho guidato la mia vecchia Mercedes w124 piena di quadri e oggetti fabbricati o assemblati per altre intuizioni passate. Giunto nel territorio della mia infanzia – l’area di Ravenna, tra le più colpite dalla trasformazione industriale e allo stesso tempo un luogo in cui sono ancora presenti comunità semi-rurali e di piccoli pescatori, primo esempio, per me, di margine – mi sono fermato per installare il mio spazio, come una capanna o un altare. Numerose opere pittoriche nuove o risalenti a diversi periodi della mia vita, sono state posate al suolo o rette dai porta-canne da pesca fabbricati da mio nonno e da altri bastoni di fortuna.
Un muro privo di mattoni, un muro di quadri retti da supporti precari, crea un fragile schermo dinanzi alla più serrata cortina di fabbriche all’orizzonte, creando con il mio corpo un ponte tra la natura e l’artificio.
Questo gruppo di fotografie, presente in mostra ed emblematico della mia pratica, è inteso come un’autobiografia (i quadri di diversi periodi della mia vita) comprensiva, tenera, precaria come la Laguna, ma anche ironica e disubbidiente di fronte al forte posizionamento, spesso ideologico, richiesto all’artista di ieri e di oggi. Tra i quadri, appaiono delle scritte, semplici frasi di natura sentimentale, poco pretenziose, familiari. Inclino, consapevolmente, all’outsider, al folkloristico, per trovare nelle mie radici, quella risposta lieve e instabile che caratterizza tutta la mia opera.
Il disegno gioca un ruolo di primo piano nella tua ricerca, ci spieghi la sua funzione?
Direi che il disegno ha un ruolo di primo piano nella vita dell’essere umano.
Trascrivo alcuni pensieri di Giuseppe Di Napoli in Disegnare e conoscere:
“[…] Dalla mano deriva il carattere del disegno quale fondamento di gran parte delle attività umane. Il disegno svolge per tutti i tipi di linguaggi visivi, e per ogni forma di comunicazione visiva, la funzione che svolge la grammatica italiana per tutte le forme di scrittura e per tutti i generi letterari. Così come lo studio della grammatica è imprescindibile e prioritario allo studio e alla comprensione dell’opera letteraria, lo studio del disegno è indispensabile per lo studio e la pratica di tutte le forme di comunicazione visiva, comprese quelle digitali. Inoltre, essendo l’essenzialità la sua vera anima, ciò ha fatto si che il disegno costituisse la fase iniziale d’ogni processo operativo e ideativo per tutti gli uomini d’ogni tempo.”