La scorsa settimana è stato menzionato Beeple, uno dei nomi più ricercati dai collezionisti internazionali di arte digitale. L’NFT “Everydays: The First 5000 Days”, un collage in pixel delle sue prime cinquemila opere giornaliere, è stato battuto all’asta da Christie’s a 69 milioni di dollari, consentendo al quarantunenne di Charleston di approdare ai vertici del ranking degli artisti viventi più pagati di sempre, a non molti milioni di dollari di distanza da Jeff Koons, e garantendogli collaborazioni con multinazionali del calibro di Apple, Coca Cola e Nike. Poco conosciuto prima del suo esordio nel 2017, la sua produzione sposa le esigenze degli esperti di cryptovalute e investimenti online, mentre lascia perplessità sui canoni estetici e sulla filosofia che vi tenta di rappresentare.
La tecnologia alla base degli NFT, la blockchain, non solo vanta accurate tecniche crittografiche ma introduce anche nuove funzionalità. Una di queste è la possibilità di tokenizzare o cartolarizzare un’opera, cioè di suddividere un bene unico in più parti. Ogni parte avrà poi quote di proprietà, diritti fisici e virtuali. Il funzionamento di questo processo è automatizzato dai token e dagli smart contract. L’esempio di Klimt è il più noto. Il capolavoro del pittore austriaco “Il bacio” è stato riprodotto in formato digitale e scomposto in diecimila esemplari, ognuno con caratteristiche precise e associato a un NFT. Il rilascio è avvenuto da parte del Museo Belvedere di Vienna, proprietario dell’opera, il 14 febbraio 2022.
Anche molti volti noti nell’arte contemporanea tradizionale hanno lanciato i propri progetti digitali. Lo scorso giugno Marina Abramovic ha pubblicato la sua prima collezione digitale rielaborando una sua opera del 2001 “The Hero”. Si tratta di un video in cui è lei stessa in sella a un cavallo bianco mentre tiene in mano una bandiera dello stesso colore, mossa dal vento. L’NFT è stato riprodotto su grandi billboard luminosi a Londra, New York e Seoul.
Volgendo l’attenzione a un passato più prossimo, va detto che nei giorni scorsi alla fiera ArcoMadrid si è registrata la presenza di un’esposizione digitale realizzata dall’artista concettuale spagnolo Solimán López, pronto a presentare il suo progetto “OLEA” anche ad ArtDubai dal primo al 4 marzo, curata da Lorenzo Giusti e Mouna Mekouar. Una collezione, quella di López, che consiste nella produzione di un nuovo olio d’oliva che contiene il codice di una cryptovaluta, sintetizzato nel DNA. È l’arte che attraverso la tecnologia dialoga con l’agricoltura.
Intanto negli USA ritorna per la sua seconda edizione dal 31 marzo al 4 aprile, nel quartiere di Wynwood, la Miami NFT Week. La città della Florida è divenuta ormai un hub per la tecnologia e l’innovazione. Riflettori su arte e film, musica e sport, ma anche su realtà aumentata e gioco, insomma tutto ciò che c’è da sapere sul metaverso e sul web 3.0 grazie a pannelli, workshop, installazioni e spettacoli realizzati da relatori esperti di finanza decentralizzata e blockchain, tra cui Anthony Di Iorio, cofondatore di Ethereum, e Anthony Scaramucci, fondatore di SkyBridge Capital. Il brand di alta moda italiano Diesel sarà sponsor dell’evento.
Nell’attesa di prossime iniziative nella penisola italiana, per altro già tenutesi a Milano, a Roma e a Napoli, la CryptoArt compenetra sempre di più nella realtà fisica, lancia segnali e lascia idee su nuove produzioni e iniziative, poggiando su un forte senso di comunità e inclusività.