What the Punk!

“What the Punk!”, su Arte.tv l’ascesa, la crisi e la rigenerazione degli NFT

A più di tre anni dal clamoroso boom della CryptoArt ci si continua a interrogare sulla genesi di questo movimento, su cosa (e chi) ci sia dietro le quinte e su cosa abbia rappresentato per il mondo dell’arte.

C’è sicuramente un interessante, almeno ai fini analitici, lascito testamentario che gli NFT hanno offerto all’universo digitale nel suo complesso. A una serie di pezzi veramente unici si affianca una nuvola di scetticismo e altrettanti dubbi.

In questo contesto si inserisce il progetto NFT: What the Punk!, un docufilm esclusivo presentato su Arte.tv e co-prodotto dal collezionista italiano TokenAngels. Il progetto indaga l’ascesa, la crisi e le prospettive future degli NFT, “una delle forme d’arte più controverse degli ultimi dieci anni”. Protagonista degli episodi è lo street artist Rodness, affiancato dagli sviluppatori e informatici Matt Hatt e John Watkinson, fondatori di LarvaLabs e ideatori del progetto CryptoPunks.

Nel giugno del 2017 i due programmatori hanno creato, in un seminterrato di Brooklyn, diecimila avatar digitali unici chiamati CryptoPunks, divenuti poi celebri nel mondo della CryptoArt. Qualche tempo prima, a Los Angeles, Robness ha scoperto Bitcoin e ha iniziato a utilizzare questa tecnologia per creare pezzi digitali come forma di protesta verso il sistema finanziario tradizionale. Le loro storie si intrecciano quando l’artista decide di comprare un esemplare della collezione NFT per poi distruggerlo immediatamente. Un forte segnale nei confronti di chi aveva iniziato a guardare ed esplorare questo mercato per soli fini speculativi. Ma non passerà molto tempo quando il Centre Pompidou parigino acquisterà un esemplare di Cryptopunk, il #110, e l’opera di Robness “Dorian Generatives”, un ritratto dell’inventore di Bitcoin, Satoshi Nakamoto.

La nascita degli NFT avviene nel 2014 con il “minting” della prima opera d’arte digitale su blockchain, “Quantum”, realizzata dall’americano Kevin McCoy e battuta qualche anno dopo da Sotheby’s per poco meno di un milione e mezzo di dollari. Il culmine economico è stato raggiunto nel marzo 2021 e ciò che fa discutere è che, solo due anni dopo, esattamente nell’aprile 2023, si è registrato un calo del 90% del loro valore. Pura speculazione? Riciclaggio di denaro? Si ritornerà alle somme spese solo pochi mesi prima? Almeno questo è ciò che sperano gli investitori coinvolti in un processo di cui probabilmente non hanno mai avuto piena conoscenza e consapevolezza.

Ciò che ha destato più incertezze e perplessità è stata la catena di compravendita generata dai collezionisti di PFP, proprio come avvenuto con i diecimila CryptoPunks. Queste immagini sono oggi le cover profilo di X, Instagram e altri social media. Ognuno è diventato proprietario esclusivo di un’edizione unica che rappresenta il proprio biglietto da visita in ambienti web3 e digitali.

In questo ecosistema ampio e confuso pare che “in medio stat virtus”. Certo è che gli NFT costituiscono un momento storico e una narrativa che ha permesso di diffondere nuove idee e di divulgare massivamente le garanzie che la tecnologia blockchain fornisce anche su prospettive culturali. Gli NFT, infatti, rappresentano adesso una forma di certificazione per gli asset fisici. Sono i gemelli digitali di qualsivoglia prodotto della realtà tangibile, in particolar modo quando si parla di oggetti di un dato valore, siano essi tali oggettivamente oppure perché simboli di ricordi personali e affettivi.

Inoltre, per gli artisti il mondo della CyrptoArt rappresenta un nuovo modo di presentarsi direttamente al pubblico, senza la necessità di intermediazioni. È, quindi, anche una nuova opportunità per monetizzare e soprattutto per proteggere le proprie creazioni digitali. La blockchain permette, infatti, di mantenere il controllo sulla proprietà e sulla distribuzione delle opere grazie alla trasparenza di ogni singolo trasferimento. In più, gli artisti hanno la possibilità di generare profitti continui e infiniti su ciò che hanno prodotto tramite l’attività delle “royalties”.

D’altronde, è evidente che se non ci fossero stati contenuti più concreti e degni di approfondimento questo movimento non avrebbe avuto l’attenzione dei direttori di grandi istituzioni museali come il MOMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi oppure il Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, dove sono attualmente conservati esemplari tra i più iconici della cultura cryptoartistica.

Dunque, NFT: What the Punk! offre uno sguardo approfondito su un fenomeno che ha segnato la storia dell’arte contemporanea e fornisce delle nozioni importanti su come muoversi all’interno di quello che è diventato un vero e proprio “far west digitale”.

NFT: What the Punk! è disponibile gratuitamente fino al 29 agosto qui.

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