Reinhard Pfingst, “Eolo” (2020), marmo bianco di Carrara cm 68 x 16 x 30 (h), base in marmo verde Guatemala cm 90 x 35 x 3.

Reinhard Pfingst. Nel soffio di Zefiro.

La Galleria D’Arte Contemporanea La Nuvola, fondata nel 1999 da Fabio Falsaperla, specializzata negli anni Sessanta e Settanta fino al contemporaneo più odierno, sita in via Margutta, nel rione Campo Marzio, alle pendici del monte Pincio tra Piazza del Popolo e Piazza di Spagna, ha ospitato la mostra personale “Metamorfosi Marmoree” dell’artista tedesco Reinhard Pfingst (Brühl, Colonia, 1961), a cura della direttrice Alice Falsaperla, e con i testi critici di Anna Imponente e di Eva Bellini. L’esposizione vede il patrocinio di Roma Capitale e di Energies for Visual Art (EVA) e la collaborazione con il brand italiano Fili Pari, innovativa startup “Fashion-Tech”, e con lo studio M’Arte Scultura.

“Nobile semplicità e quieta grandezza”, così descriveva via Margutta, piccola via del centro di Roma, nota come residenza privilegiata degli artisti, il grande storico dell’arte Johann Joachim Winkelmann.
La memoria di cui parla J. J. Winkelmann, in riferimento alla via del centro di Roma, trova la sua forma ricongiunta nel suo articolato disporsi tra le pieghe del pensiero, nell’azione scultorea dell’artista.
La Nuvola assume le sembianze di una distesa inscritta in una prospettiva regale, scalfita dal soffio del Vento che lambisce la materia di un’epidermide levigatissima. Sorge spontaneo al fruitore interrogare, senza por tempo in mezzo, Zefiro.

Sei forse tu, Zefiro, a tracciare il simposio di pieni e di vuoti sorti dall’eburneo marmo nell’astrazione?
Ne deriva la possibilità di assorbire il denso archivio immaginativo, a cui la struttura delle opere apre. Ed ecco che entriamo nella fascinazione dell’esposizione personale Metamorfosi marmoree di Reinhard Pfingst, curata da Alice Falsaperla, con un’attenzione visionaria e rigorosa verso la richiesta posta dai lavori stessi. 
Su esili e pertinaci basamenti, poggiano le salde basi in marmo verde Guatemala che, talvolta, è alternato con il rosso Verona, in marmo nero Marquinia, nella pietra Azul Bahia, in pietra lavica di Sicilia, in legno laccato e in ferro patinato, sulle quali svettano o si posano le sculture che, seppur ieratiche, suggeriscono l’agilità di un moto in fusione con l’aere, rispetto al quale vivono e restituiscono un proprio impulso. Il marmo fonde il valore della storicità del suo impiego nell’Urbe con la spinta contemporanea, trapiantata dall’artista per il suo avvalersi del nerbo dell’astrazione.

La mostra presenta la produzione sin dalla progettazione su carta fino alle opere compiute nel marmo. Reinhard Pfingst chiarisce: «Mi allontano dalla bidimensionalità non solo nell’opera compiuta, ma fin dal progetto, attraverso un procedimento essenziale e intuitivo. …».
E prosegue: «Nei bozzetti cartacei svolgo delle compressioni perché, secondo me, come in natura esse possono generare equilibri. Utilizzo modelli differenti rispetto alla loro funzionalità, per ottenere delle sagome che già intuisco: intendo giungere a una forma che non abbia alcun riferimento nella realtà esterna.
Il modello è una traccia del volume, è un’indicazione che può essere adattata nel materiale che scelgo e divenire scultura. Là, in quel momento di trasformazione, avviene la creatività».

Non è erroneo, dunque, affiancare il nome di Calipso (2024) alla scultura serpentina in marmo bianco di Carrara con base Guatemala e Verona che, nel suo perno, nasconde il vuoto, per poi rilasciarlo nell’ovale più alto al fine di far scaturire il corpo della bella ninfa immortale, a cui Giovanni Pascoli dedicò il testo conclusivo della raccolta L’ultimo viaggio di Ulisse, l’eroe che si trattenne con la ninfa per sette anni, sull’isola di Ogigia. L’opera, infatti, termina nel suo apice di sensualità e seduzione, propria della donna.
Dal viaggio mitico dell’eroe itacense si passa agilmente a quello compiuto dall’osservatore tra il suono relazionale dell’essenzialità di una melodia impressa dalla voce corale scultorea.


“Dal 1996 ho partecipato ad esposizioni … realizzando in prevalenza lavori astratti che ho concepito seguendo l’ispirazione dell’analogia tra forme e suono, come una sorta di musica strumentale per l’occhio, atta a favorire uno stato di libera osservazione contemplativa” – esplicita l’artista.
La tecnica si fonde con la caratterizzazione estetica della scultura in una poesia dai confini immaginativi labili. Esempio è la scultura La nascita di Venere (2017) che, originandosi dai flutti marini, recede dall’austerità che caratterizza la ninfa per caricarsi del moto rituale e divino che distingue la fluidità ascetica delle membra della dea italica e della bellezza e dell’amore, della natura primaverile e della fecondità, quest’ultima dichiarata dal profilo rimembrante l’ampiezza del seno e del ventre, consuetudinari della rappresentazione della donna, dalla Venere di Willendorf fino ai nostri giorni.
Si compone di una musicalità dissonante l’opera Ulisse (2010), più massiccia ma pur sempre tendente verso l’alto e mossa, come una vela, dalla forza di Eolo. L’eroe che navigò a lungo per mare sembra essere ricordato per le sue gesta tramite la forma della scultura e il marmo bianco arabescato di Carrara che evoca un suono decisamente più impetuoso del mare in tempesta rispetto alle venature che ornano il corpo di Venere. Dunque, si attua quello che l’artista chiama il “punto poetico”: quelle venature nel loro rincorrersi irregolare sono solo parte degli “errori” ammessi nelle opere per allontanarle dall’artificialità del sistema e porle in relazione con la sensibilità umana. Entriamo, in tal maniera, in quella dimensione ben descritta da Wassily Kandinsky in Punto, linea, superficie: “…abbiamo la possibilità di entrare nell’opera, di divenire parte attiva e di vivere con tutti i sensi la sua pulsazione”. L’errore appare come quella dissonanza, quella nota acuta che flette i sensi per richiamarli tutti nella profondità della superficie indagata.

Si carica di un’intesa di forza e d’ingegno la Grande forma aereodinamica – l’Agonista (1998) in marmo bianco Calacatta di Carrara. La pienezza della roccia adagiata sulla linea orizzontale del piano, oppostamente alle precedenti opere, è interrotta da una finestra centrale, simbolo di quel rigore e leggerezza che ammettono l’influenza di un linguaggio orientale ben codificato all’interno del lavoro del nostro.



La quiete meditativa avvolge l’intero allestimento ed è sapienza ben riconducibile all’artista per le sue origini materne. Eolo (2020) è manifestazione della sua pura essenza personificata, come le sculture L’Argonauta e Il Nuotatore (2018). Tuttavia, è da chiarire – come già sostenuto precedentemente – che sono la forma e il suono ad ispirare il soggetto, e non, per converso, il contrario che conferirebbe una banalità rifiutata dall’artista. Il gioco direzionale della lettura fa parte probabilmente di un’abilità intrinseca all’operato che spinge a quesiti originari. Il marmo, nelle sue metamorfosi e sfumature tonali bianco e arabescato, grigio e verde, coinvolge anche l’unicità del brand italiano “Fili Pari” che si pone all’avanguardia nell’innovazione per il suo taglio sperimentale, veicolato dall’impiego di tecnologie in campo tessile con la fine polvere di marmo, materia prima alla base di ogni tessuto dall’aspetto naturale. Così l’heritage di Italdesign si impreziosisce del prodotto innovativo e sostenibile MARM\MORE® che insieme a MINERALDYE rappresenta la punta di diamante della startup, il cui nome è costituito dall’anagramma di Fripi e Ali, le due fondatrici.

L’assonanza della liricità del sibilo trova una simbiotica similitudine tra le forme delle opere e i panneggi degli abiti, entrambi toccati da un’innovazione da una parte concettuale, dall’altra high-tech, e dalla luce che plasma la materia nel suo contrasto con le ombre. La cura illuminotecnica è stata realizzata dallo studio Luci Ombre, un team di architetti, designer, progettisti e tecnici che fanno dell’illuminazione la propria fonte di ispirazione.
Tra le Onde sulla roccia, opera realizzata dal nostro nel 2002, il viaggio sembra naturalmente proseguire con Il Viaggiatore (2023) e con il marinaio Sindbad (2023) per le sue surreali avventure nel peregrinare nell’Africa orientale e nell’Asia meridionale, durante le quali viene a contatto con aree incantate.

Reinhard Pfingst. Metamorfosi Marmoree
A cura di Alice Falsaperla
Dal 14 al 24 giugno 2024
Lunedì – sabato 10.30 – 13.30; 16.30 – 19.30
Galleria La Nuvola, Via Margutta, 41 – 00187 Roma
Mail: info@gallerialanuvola.it
Tel. +39 069818389
www.gallerialanuvola.it

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