Incontro Stefano e Marina ad Arte in Nuvola a Roma. Girano con il loro carretto, popolato da artisti come Marina Abramovic, Keith Haring, Joseph Beuys e tanti altri personaggi del mondo dell’arte, ritratti come paperi. Ho cercato, con questa intervista, di capire perché lo fanno.
Roberto. Stefano, Marina, dove e come nasce la storia dei Paperi in gita?
Stefano. I paperi nascono come ornamenti, oggetti di arredo venduti nei mercatini che frequento come vivaista. Abbiamo notato fin da subito che la gente era più attratta dal papero – che Marina aveva già un po’ personalizzato – che dalle piante, ma anche che le persone si vergognavano di sorridere o di liberare la propria fantasia. Per me il papero rappresenta il fanciullino di Pascoli, ciò che fa tornare bambini, ma in maniera un po’ più evoluta, magari un po’ più intelligente. Per questo motivo abbiamo dato vita a tanti ‘paperi artisti’, da Papero Schifano a Papero Andy Warhol a Papero Keith Haring. Insomma quasi tutti gli artisti più iconici sono stati ‘paperizzati’.
Abbiamo iniziato a portarli anche nei musei e nelle fiere d’arte, per guardare l’arte attraverso lo sguardo innocente di un papero, e il papero ha svelato un concetto molto importante: che molta gente non si avvicina all’arte e ai suoi luoghi per paura di non capire. Con la loro innocenza sembrano dire: “Se ci andiamo noi, può andarci chiunque”.
Marina. I paperi sono nati come fermaporta, però loro non sanno di esserlo. Stefano ha dato loro l’anima, io li realizzo, li creo, però semplicemente come oggetti di arredo. Lui li ha resi “vivi”.
Stefano. È surreale, direi, il fatto che come fermaporta in realtà ci hanno aperto tante porte! Anche, per esempio, nelle fiere d’arte, dove non si può entrare con delle valigie, con i paperi riusciamo ad entrare.
Roberto. Noi ci incontriamo in tante fiere, soprattutto in Italia, ma ci siamo incontrati anche all’estero. Come venite accolti?
Marina. Controllano immediatamente su Instagram. È il nostro passaporto. Vedono che si possono fidare e ci fanno entrare. Qualcuno anche con un grossissimo sorriso! Poi, addirittura, ci mandano anche l’invito per l’anno dopo per farci tornare.
Stefano. Quest’anno, per esempio, siamo stati a Art Karlsruhe – è già arrivato l’invito per la prossima edizione – dove inizialmente non volevano farci entrare. Però hanno fatto le loro verifiche appunto su Instagram e le porte si sono aperte. L’importante è che tagghi la fiera!
Un’altra manifestazione importante che i paperi hanno già visitato due volte è stata Documenta a Kassel. In occasione dell’ultima edizione, nel 2022, siamo andati con Papero Joseph Beuys, riconosciuto e salutato dai cittadini di Kassel, non solo dentro il Fridericianum e nei luoghi di Documenta, ma anche per strada. È stato bellissimo vedere questa reazione e capire che forse il papero ha la capacità di risvegliare pensieri artistici, di far avvicinare all’arte e al bello. Con la nostra piccola comunità di paperi siamo entrati ovunque, anche nel tribunale di guerra di Norimberga, perché sorridere aiuta a migliorare il mondo.
Roberto. Qual è la domanda più ricorrente che vi fanno i visitatori delle fiere o la gente che avete incontrato a Kassel o alla Biennale di Venezia?
Stefano. ‘Perché lo fate?’ o ‘Da chi siete pagati? Cosa c’è dietro?’ Oppure ‘Perché li portate qua?’ E noi rispondiamo semplicemente ‘Perché da soli non sarebbero mai venuti!’.
Ci chiedono se li vendiamo e quando rispondiamo di no, che facciamo loro delle fotografie, mi incalzano chiedendo se sono un fotografo, e quando dico loro che sono un giardiniere, non si capacitano e chiedono ‘Ma allora perché siete qui?’ Noi rispondiamo semplicemente ‘Per dare un sorriso!’.
C’è gente che va avanti per mezz’ora perché non ci crede. Ci deve essere sempre un business dietro, non sembra possibile che a muoverci sia semplicemente il fatto di fare qualcosa anche per divertimento. È inconcepibile! Allora, pensare che un papero riesca a far cambiare questa mentalità per noi è stupendo.
Roberto. Marina quanto tempo ti occorre per realizzare un papero un po’ più complesso, penso per esempio, a Marina Abramovič o allo stesso Beuys che vedo qui impellicciato.
Marina. La prima cosa che faccio è lo studio del personaggio: studio le fotografie su internet, noto come si veste, cosa lo rende iconico; poi c’è la ricerca del materiale, che non è semplice, e infine la fase della cucitura. Diciamo che alla fine in una settimana, più o meno, ce la faccio.
Stefano. Per l’ultimo nato, ad esempio, Papero Ligabue, abbiamo cercato un’immagine dove ci fossero tessuti facilmente rintracciabili, e abbiamo scelto il Ligabue dell’opera Autoritratto con spaventapasseri.
Marina. Lì siamo stati anche fortunati, abbiamo trovato una giacca identica a quella indossata nell’autoritratto. Siamo stati veramente fortunati, e non è sempre così.
Stefano. Come ieri, abbiamo trovato l’autoritratto di Botero e avevamo già il Papero Botero: erano loro, sembravano due gemelli. Anche quando abbiamo incontrato Philippe Daverio è stato divertente. Avevamo già fatto il Papero Philipe Paperio e quella sera lì erano vestiti uguali, un incontro fantastico, 2 fratelli che si incontrano dopo tanto tempo.
Marina. Gli abbiamo subito regalato il suo papero e lui, contentissimo, andava in giro a farsi fotografare col papero sotto braccio.
Roberto. A quando uno spazio espositivo, un museo, dove i paperi possono essere visti? Magari proprio il vostro vivaio a Forlì.
Marina. Nel vivaio purtroppo al momento non è possibile. Abbiamo subito l’alluvione, dobbiamo ancora mettere a posto tutto e molti paperi si sono molto molto rovinati. Sicuramente a marzo prossimo, negli spazi di Vernice [la piccola fiera d’arte che si fa a Forlì ndr] ci daranno uno stand, e lì metteremo in mostra non solo i paperi, ma anche tutte le fotografie che facciamo ai vari amici dei paperi.
Stefano. Sono ormai 4 anni che abbiamo lo stand a Vernice, ogni anno pensiamo ad un papero curatore del nostro stand. Lo scorso anno, proprio per ricordare anche l’alluvione, Papero Piero Manzoni ci ha suggerito di fare dei barattoli di fango, fango d’artista insomma.
L’anno prima invece il curatore dello stand è stato Papero Joseph Beuys che ha suggerito di mettere in vendita 100 piccole querce, dentro dei sacchetti di feltro, il materiale usato da Beuys, e abbiamo così venduto 58 piantine ad un fiera d’arte. A chi acquistava la piantina, a un prezzo simbolico, facevamo anche una Polaroid che poi attaccavamo sul muro dando vita così ad una vera e propria installazione.
Il prossimo anno ci sarà Papero Hundertwasser. Vogliamo proseguire con il discorso legato all’ambiente, all’ecologia e al bello.
Roberto. Chiudiamo allora con il vostro slogan.
Marina e Stefano. Quack!