I colori della luce hanno di fatto stregato la cordata di committenti capitanata da Palazzo Ducale con la sapiente regia del direttore Serena Bertolucci che ha voluto condividere con il pubblico il fascino di questo tripudio di colori, così come accaduto con il sorprendente evento da lei ideato dedicato durante la chiusura a Monet.
Lo spazio del Sottoporticato, privo strutturalmente di qualsiasi tipo di aperture, diventa miracolosamente pura luce catapultandoci “all’aperto” nell’ambiente ideale ricco dei colori dell’universo di Raimondo Sirotti. Un grande artista che, grazie a Matteo Fochessati per il taglio e allo Studio Sirotti per l’allestimento, di cui finalmente si può recepire e godere lo spirito grazie a questa magnifica mostra. Emerge qui la coerenza tanto rara quanto limpida di questo Maestro, termine qui usato nella sua più pura accezione, che coerente con il proprio sentire e lontano dalle logiche e dalla mode del mercato, ha sempre seguito un percorso ben preciso che in questa occasione emerge nitidamente.
Colto raffinato elegante garbato solare, riflessivo e innamorato della pittura, Sirotti è quanto di più lontano si possa immaginare dallo stereotipo di cui l’essere artista ė vittima dalla fine dell’Ottocento; vive l’arte ricollegandosi direttamente alla tradizione che vide nei secoli i committenti, soprattutto papi principi imperatori chiamare i Maestri a lasciare un proprio segno a godimento loro e dei posteri. La pittura vissuta quindi come professione alla pari dei grandi che hanno scritto la storia dell’arte. Questo lo spirito che Sirotti ha saputo cogliere dagli eredi della Committenza di ieri il cui testimone oggi è passato nelle mani di istituzioni e privati.
Visibilmente commosso Riccardo Sirotti, insieme alle sorelle Emanuela ed Ilaria, ci parla del padre, un padre “immenso” sottolinea, che fece dell’amata pittura il proprio caposaldo e che suggellò come tale entrando nel 1973, come docente all’Accademia Ligustica di cui diventerà poi anche Presidente nel 2008.
Alla presenza delle Autorità, Barbara Grosso e Ilaria Cavo e di Serena Bertolucci, le parole di suo figlio Riccardo brillano come perle e rimbalzano sull’attenta platea quando afferma che i mesi trascorsi a preparare la mostra gli hanno fatto scoprire di appartenere sd una grande e sorprendente famiglia che travalicando i legami di sangue, di fatto predilige quelli culturali, formata com’e da una costellazione di persone unite ciascuna dalla consonanza con l’Artista. È ora di entrare nel vivo della mostra varcandone la soglia, un varco molto stretto discordante con l’aulicità dei contenuti, ed è particolarmente emozionante dato le sorprese che questa mostra riserva, come alcuni lavori mai apparsi prima in pubblico, quelli ad esempio, che “fotografano” la Sardegna. Il percorso espositivo sappiamo che inizia con Gli Esordi, un arco tra il 1955 e il ‘60 tra Genova e Milano e le influenze sironiane, per continuare con j capitoli, offrendo una lettura molto chiara e godibile del cursus sirottiano. A metà percorso, frutto di “ _bronzo collettivo tra architettura e arte” un’installazione, innovativa, poetica e intelligente, esplora un campo tra virtuale e reale, in cui le opere del Maestro, anzi la sua pennellata diventa protagonista assoluta. L’interpretazione della ricerca di Sirotti, contenuta in una sorta di scrigno trasparente, una piccola piramide rovescia, che offre i propri sorprendenti contenuti all’osservatore è davvero notevole nonostante non si siano per esigenze di sicurezza non si siano potuti usare gli Oculus con cui era stata pensata. Se il Ducale è dedicato a Sirotti pittore e poeta all’ennesima potenza, l’Accademia Ligustica celebra il Maestro dedicandogli l’importante aspetto del dialogo con le nuove generazioni, sapientemente scandito dal Direttore Giulio Sommariva, che ci auguriamo sentiremo presto approfonditamente. Una mostra da non perdere che non ha tradito le mie aspettative, cosa che mi fa doppiamente piacere ho avuto la fortuna di aver conosciuto il Maestro Sirotti che mi ha lasciato una sua meravigliosa testimonianza su Trenteccetera il libro che narra l’avventura sempre in progress di Ellequadro.
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