Forte del suo amore per l’arte e per la sua attività, colse il testimone dalle mani dei nostri illustri predecessori, e mise in stretto dialogo il buono e il bello dando inizio cosi a un percorso ricchissimo tuttora molto vitale.
All’architetto regista Matteo Thun, grande quanto riservato professionista, su cui torneremo, Homo Novus della nostra epoca, la Illy affidò nel 1991 il look della tazzina, che diventerà emblematica dell’azienda. Su questa farà leva la comunicazione al punto da continuare il progetto originario con ottiche sempre diverse. Invitati dall’azienda artisti di tutto il mondo lasceranno il proprio segno su quest’oggetto di uso comune, umile e pervasivo. La risposta degli artisti fu incredibile.
Ma a chi si deve questa impresa che è poi diventata una costellazione?
Tutti conosciamo il caffè ma forse non tanti conosciamo il suo innovatore. Si tratta di Francesco Illy. Dalla natia Ungheria studiò a Timisoara e visse qualche anno a Vienna. Ingegnoso e cosmopolita nei primi anni Venti si trasferì a Trieste – diventerà poi la sua città – che pulsava grazie al porto attivo a pieno ritmo. Qui si innamora di una donna, ma anche della Città, non rigorosamente in quest’ordine, e qui comincia a lavorare nel campo del cacao e del caffè.
La Illy caffè nasce nel 1933 e già nel 1935 produce la Illetta, la nonna delle macchine per l’espresso ma soprattutto poco dopo ha l’idea vincente di creare un metodo di conservazione rivoluzionario, la pressurizzazione, che permetterà di esportare il caffè in Paesi lontani avendo la peculiarità di mantenerne intatte le qualità nel tempo. Negli anni ’40 i barattoli Illy arrivano in Svezia e in Olanda.
Talis pater talis filius. Ernesto, il figlio, si laurea in chimica ed entra in azienda a fine anni ’40. Un momento non certo dei migliori. Darà impulso alla ricerca scientifica e tecnologica e a lui si deve la realizzazione di un laboratorio chimico interno. Intuisce che il mercato troverà una sponda importantissima nel privato, e infatti scommette su confezioni più piccole di caffè macinato, che andranno letteralmente a ruba.
Sempre in anticipo sulle esigenze del mercato, già nel 1974 la Illy propone il caffè in cialde. Vuol dire che in ufficio e a casa si potrà avere l’espresso come al bar! Nel 1988 viene depositato un brevetto per la selezione digitale dei chicchi, che permette di scegliere, a uno a uno, solo quelli perfetti. La strada dell’arte si apre negli anni ’90 affidando il nuovo marchio all’ artista americano James Rosenquist e contemporaneamente nasce il Premio Brasile per i coltivatori eccellenti. Da questo momento il rapporto con l’arte non farà che crescere.
Dalla nuova tazzina di Matteo Thun nascono le Illy Art Collection che trasformano un piccolo oggetto in un’opera d’arte, dando carta bianca a più di 100 artisti di fama internazionale, fra grandi maestri e giovani talenti.
È un triangolo straordinario formato da un imprenditore illuminato, dal marketing e da un direttore artistico eccellente come Carlo Bach, che conferma il rapporto tra bello e buono invadendo il mondo del caffè con l’arte.
Il principesco committente Francesco Illy, come Andrea l’attuale presidente della Illy entrato nel prestigioso Club di Roma, non sono mecenati, termine che considero riduttivo nell’accezione odierna. Mecenas, da cui deriva, non era un paternalistico protettore degli artisti. In realtà era il Ministro della propaganda di Augusto Imperatore e a questo scopo si serviva delle arti, che comunque prediligeva, per far sì che l’Imperatore ne traesse i debiti vantaggi. Un’intuizione geniale che impronterà i potenti di ogni epoca. Per essere chiari Mecenas non manteneva gli artisti per amore delle arti, ma usava le arti come strumento di comunicazione, pubblicità e pubbliche relazioni esattamente come si fa oggi. Il termine mecenate dovrebbe far risaltare questo aspetto. L’equivoco è andato a scapito del concetto di Committenza senza la quale nemmeno Leonardo avrebbe potuto diventare l’Artista che tutti conosciamo. Il committente è infatti colui che affida un incarico ad un artista, che viene per questo remunerato, a cui viene chiesto di soddisfare le esigenze del Committente e che facilmente arricchiscono la comunità.
Il Vaticano è il committente emblematico, e non ha mai disatteso questo suo ruolo. Nel secolo scorso Giovanni XXIII affido a Manzù le porte di S. Pietro mentre Paolo VI affidò Pericle Fazzini il Cristo Pantocreatore della Sala Nervi, recentemente Oliviero Rainaldi con la scultura del Papa a Termini, testimoniano questa magnifica consuetudine che in generale rimase inalterata nei secoli fino all’avvento del mercato ai primi del Novecento.
Illy ormai affianca alla sua attività primaria una presenza non trascurabile nel mondo dell’arte e del mercato, una ricaduta sicuramente non prevista.