Isabella Puliafito segue intuizioni preziose che danno vita a progetti in una sequenza senza fine. Ciò che conta infatti è il confine impalpabile tra la dimensione del quotidiano e quella permeante e totalizzante dell’arte: l’Arte, dea esigente, richiede una totale dedizione, e Isabella ne ha fatto ragione di vita oltrepassando non solo confini mentali ma anche fisici grazie ai suoi tanti viaggi e soggiorni all’estero.
I progetti le vorticano intorno. Dovessi farle un ritratto la raffigurerei come un atomo con tutti i suoi elettroni.
Milanese solo di nascita ma genovese a tutti gli effetti, dopo l’ottimo Liceo Linguistico Grazia Deledda, si laurea in Lingue e Letterature Straniere con tesi in storia dell’Arte all’Università di Genova con Ezia Gavazza con 110/110. Contemporaneamente frequenta l’Accademia Ligustica sotto la guida di Gianfranco Bruno, Raimondo Sirotti e Giannetto Fieschi.
Questo fu l’inizio di quel tourbillon in cui sarà costantemente immersa la sua vita. Cosi girerà il mondo di cui vuole assorbire ogni scintilla, dagli USA, al Giappone, alla Cina, l’India, l’Australia.
Concorsi e borse di studio calamitarono fin dal suo affacciarsi al mondo del lavoro la sua attenzione, ma vediamo insieme il suo percorso cosi interessante.
Lascia Genova per Milano e contemporaneamente si iscrive e frequenta il corso di specializzazione in Storia dell’Arte presso l’Università di Parma con Arturo Carlo Quintavalle. Intanto, siamo nel 1976, partecipa e vince la prestigiosa borsa Fullbright lanciata dal Ministero degli Scambi Culturali fra italia e Stati Uniti, che la porterà negli USA a frequentare un Master in Art Hystory alla State University di NY at Binghampton.
Da Binghampton partecipa e vince, prima europea, il prestigioso concorso per un Master per curatori museali presso il Whitney Museum di NY. Nasce così, con Martha Winans, la mostra Words, the use of language in art in the last ten years con i grandi artisti americani allora emergenti, poi famosi nel mondo come Vito Acconci, Joseph Kosuth, Lawrence Wiener, Douglas Hubler, Art & Language, Laurie Anderson, Les Levine, Jan Wilson, Peter Hutchinson per citarne alcuni e nel 1979 con l’aggiunta di artisti italiani ed europei, fra cui Pierpaolo Calzolari, Mario Merz, Alighiero Boetti, Christian Boltansky, Annette Messager. Porterà poi WORDS a Genova a Palazzo Ducale nella Sala del Maggior Consiglio con il Patrocinio dell’Assessorato ai Beni Culturali. Alcuni mesi dopo è già a Bichum al Museum Stadt Bochum.
“L’Atomo” come l’abbiamo soprannominata, frulla a mille, tanto da scrivere per numerose riviste: Artforum, Flash Art, Domus, Segno, Modo, Art vision Japan, collabora con Radio Popolare tenendo una trasmissione sulle mostre a Milano, dove frequenta le cene artistiche a casa di Lisa Licitra Ponti con ospiti illustri del mondo dell’arte, Vincenzo Agnetti, Carmen e Franco Toselli, Carla e Luciano Fabro, Giorgio Persano, Giorgio Colombo, Mario e Marisa Merz, Alighiero Boetti, Nicola DeMaria, Salvatore Ala, Nives Ciardi, Pasquale Leccese e molti altri.
In quegli anni si immerge in studi e pratiche di discipline orientali, dal tai chi chuan, alla meditazione, lo yoga e lo shiatsu che approfondisce con letture importanti come la Bhagavad Gita, le Upanishad e i Veda che la portano a incontrare grandi maestri come Masahiro Oki che seguirà in Giappone per il Life Encounter (incontro con la vita) dove avrà modo di conoscere Sri Mataji Nirmala Devi, fondatrice di un nuovo tipo di yoga chiamato Sahaja Yoga, o yoga spontaneo.
Il Feng Shui a cui si avvicina naturalmente rappresenterà il coronamento di tutte le pratiche e le conoscenze acquisite negli studi, nelle pratiche e nei viaggi in Estremo Oriente, in India e Australia.
Nel 1992 con la traduzione del libro di Sarah Rossbach per la casa editrice Costa E Nolan di Genova porterà il Feng Shui in Italia e nel 1999 per Hoepli uscirà il suo libro “Feng Shui, armonia dei luoghi per l’architettura del benessere”.
L’intreccio fra Oriente e Occidente si farà sempre più fitto e le pratiche orientali e soprattutto le modalità di semplicità e generosità acquisite con una filosofia taoista diventano parte della sua vita tutt’uno con la sua ricerca artistica.
È di quegli anni la fontana della Luce all’Ex-Ospedale Psichiatrico Paolo Pini ma anche la partecipazione alle residenze per artisti con il gruppo Oreste che sfocerà nella partecipazione alla Biennale di Venezia.
Partecipa vincendolo al Grant, ideato per creare residenze per artisti, e si trasferisce nel Vermont allo Studio Program che diventa sede di diverse mostre.
Una curiosità divorante unita ad una sfida continua con sé stessa guidano le sue scelte di vita. Nonostante rivesta due ruoli che sono a mio avviso molto poco conciliabili come quello di artista e curatore, grazie alla sua professionalità apre una strada inesplorata nella fitta giungla dell’arte contemporanea, che si è evidenziata recentemente con Visibilia a Gubbio in una prima versione e poi a Genova, fortemente voluta e sostenuta dal Sindaco Marco Bucci anche alla guida dell’Assessorato alla Cultura.
Il progetto propone qualcosa di profondamente diverso… ogni artista partecipante è invitato a compenetrarsi con la realtà guardando oltre trascendendo così la dimensione del visibile per attingere all’invisibile.
Un’artista che torna a casa con Segno! E che fa di levità e armonia i protagonisti assoluti della sua ricerca sia come project leader che come artista.
