NFT e CryptoArt

Inauguriamo una nuova rubrica su Segnonline: NFT e CryptoArt. Pietro Battarra, giovane studioso della nuova corrente dell’arte contemporanea, ci accompagnerà ogni settimana alla scoperta dell’arte digitale.

NFT e CryptoArt. Alzi la mano a chi, negli ultimi anni, non sia capitato di imbattersi in questi due misteriosi termini. Parole che nascondono in sé un mondo, quello digitale, di cui non si è ancora pienamente consapevoli ma che incuriosisce per lo stretto rapporto con il settore artistico. E non solo. Moda, musica, sneakers, food, sport. Pochi sono gli ambiti ancora sconosciuti a uno dei maggiori fenomeni del XXI secolo.

Ma bisogna procedere con ordine. L’acronimo NFT è stato nominato parola dell’anno 2021 dal celebre dizionario britannico Collins. Cosa vuol dire? Senza molte esitazioni si può rispondere “Non-Fungible Token”. Sì, tutto chiaro. Ma cos’è un token? E perché è non fungibile? Si tratta di asset unici, nati in digitale o che rappresentino un oggetto reale, non intercambiabili fra loro in quanto possessori di funzionalità e proprietà uniche. Ognuno di questi prodotti avrà un certificato che ne attesta l’autenticità e i diritti, elementi che verranno registrati da una tecnologia blockchain.

Gli NFT sono, per lo più, immagini, gif oppure audio o video. In base al numero di pezzi, alla grandezza della collezione e alla loro esclusività, sono acquistabili tramite cryptovalute, convertibili poi nella moneta standard. L’esempio è il Bitcoin. Tutto ciò chiarisce il perché vengano identificate come vere e proprie opere d’arte, che godono di uno specifico valore. La domanda successiva sorge spontanea. Dove si acquistano gli NFT?

Centinaia di pezzi vengono ormai “mintati” ogni giorno da ogni angolo del mondo. Di conseguenza, sono tante le piattaforme in cui circolano i token, che una volta comprati vengono automaticamente trasferiti sul proprio “wallet” dotato di totale sicurezza grazie a tecniche crittografiche e alla stipula di uno “smart contract”. OpenSea è, a oggi, il marketplace più conosciuto. Mirano ai suoi numeri anche SupeRare e World of V

Pioniere della rivoluzione fu l’artista digitale Kevin McCoy con l’opera Quantum, che nel 2014 diede il via a un trend e, come in tutte le innovazioni, a una serie di domande. Una nuvola di scetticismo si alzò tra gli operatori del settore. Pura speculazione, riciclaggio, scarsa qualità produttiva, sono tante le perplessità e i dibattiti che la CryptoArt trascina con sé. Sono molti anche gli spunti positivi. Infatti, è un’avanguardia che sta consacrando artisti affermati, le cui opere vengono vendute a migliaia, se non milioni, di dollari. La nuova corrente, però, fornisce una vetrina di rilievo e facilmente accessibile anche ad artisti emergenti. Sia riproducendo i propri lavori, ma anche pensandoli e generandoli, grazie a software sofisticati, all’interno del digitale stesso. È così che Beeple, ovvero Mike Winkelmann, grafic designer di Charleston, è divenuto uno dei più popolari in pochi mesi. Volto a raffigurare scenari immaginari, esito degli eccessi della società capitalistica, ha creato intorno a sé una vasta community di collezionisti e curatori. Altri esempi di NFT riproducono, invece, avatar personalizzati da utilizzare all’interno del metaverso e utilizzabili anche come immagine profilo di Twitter.

Due realtà complementari, fisica e virtuale. Due realtà che, se sapranno tendersi la mano e beneficiare l’una dell’altra, sono destinate a convivere, rispettandosi, nei prossimi decenni, favorendo un arricchimento culturale, una maggiore alfabetizzazione digitale e creando nuove opportunità di guadagno. Nuovi luoghi di incontro e di comunicazione si affiancheranno a quelli tradizionali. E a quell’amico che aveva proposto di comprare con lui un NFT, ora si saprà cosa rispondere.

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