A coordinare l’incontro Pier Luigi Sacco (Università G.D’Annunzio), accompagnando gli scambi tra i relatori, a partire dall’apertura del Sindaco di Pescara Carlo Masci, che ha evidenziato l’importanza di una rigenerazione urbana consapevole. È un processo che dovrebbe essere ragionato insieme a chi abita e si prende cura di un luogo, per una cooperazione e partecipazione condivisa, viceversa a volte diventa un semplice gesto dall’alto. Il caso del MURAP Festival ha permesso di capire che lo spazio dedicato agli interventi socio-culturali dev’essere implementato, e con un nuovo piano di risorse la città diventerà sede di sperimentazione e di attuazione stabile. La coprogettazione rimane la base su cui costruire questo movimento circolare individui-territorio-pubblico, e Sacco sottolinea che ancora ci sono delle soggettività sociali che non si sentono incluse a pieno in questa dinamica fluida, e il dialogo deve quindi partire dall’incontro di esigenze, per poter progettare una rigenerazione che migliori la qualità della vita e non solo l’estetica di un luogo.
Alessandro Sonsini, direttore artistico del MURAP Festival, ha confermato quanto la diffidenza iniziale nel contatto con i residenti dei quartieri protagonisti del Festival, sia diventata poi anche la forza del lavoro. La partecipazione ai laboratori e agli incontri ha stimolato infatti l’interazione diretta degli artisti con il contesto, anche quando non c’era una memoria abitativa da ricordare bensì una storia antica da testimoniare, come nel caso dell’intervento al Bagno Borbonico.
Bartolomeo Pietromarchi (direttore MAXXI l’Aquila) e Pascal Keiser (direttore della candidatura di Bourges a Capitale Europea della Cultura 2028) raccontano della loro esperienza convergendo sul concetto di decentramento, come elemento propulsore ad una focalizzazione maggiore su un percorso di valorizzazione. Sfruttare la dimensione raccolta di un contesto consente precisione nel promuovere la conoscenza di un territorio, e di enti e stakeholder che vi operano, favorendo la formazione di network e l’applicazione di pratiche sostenibili, uscendo dalla prospettiva antropocentrica occidentale. La cultura è veicolo di nuove angolazioni di pensiero, che in rapporto alle problematiche sociali del contemporaneo non hanno sempre la pretesa di trovare soluzioni, quanto di cambiare l’approccio, come hanno sottolineato i contributi virtuosi di Giovanni Padula (direttore Fondazione Matera -Basilicata 2019), di Andrea Bartoli (FARM Cultural Park – Favara) e Patrizia Braga con Maura Romano (Melting Pro Roma). L’importanza di attivare le reti socio-culturali in accordo con la popolazione locale, senza dimenticare i servizi di base come l’educazione e la sanità; creare un format flessibile e replicabile che sia adattivo alle realtà che lo colgono; costruire idee forti che partendo dal basso diventino autosufficienti, tutti elementi fondamentali in un’ottica di progettazione creativa di impatto e a lungo termine.
Secondo Trilce Navarrete (Erasmus University – Rotterdam) solo partendo da interrogativi di base su cosa manca e quali sono le possibilità inespresse di un territorio e di un gruppo, si può veicolare un bisogno nella creatività, per arrivare a concepire la cultura come catalizzatore di una comunità. Ragionando anche sui valori europei sviluppati negli anni, l’obiettivo diventa pensare a nuovi programmi e prodotti che trasformino la routine delle proposte, per una fruizione che richiederà nuovi strumenti e schemi comportamentali, con una ridistribuzione dei flussi di potere. Punto di partenza è sicuramente un’alfabetizzazione digitale forte, che Federico Bomba (presidente Sineglossa) analizza attraverso il concetto di cittadinanza contemporanea, illustrando le esperienze di progettazione multipartecipata realizzate a livello internazionale. La trasversalità di linguaggi e innovazioni va di pari passo agli stimoli che il pubblico assorbe, di cui sono convinti sia Emmanuele Curti ed Annamaria Talone (Lo Stato dei Luoghi), sia Raffaele De Ritis (fondatore Funambolika Festival). La performance e le arti visive contemporanee vengono fruite dal pubblico non soltanto grazie al gusto e alla curiosità che vengono attivati, ma anche grazie agli strumenti e al processo di formazione che si opera in parallelo. Il critico d’arte Antonio Zimarino e Pier Luigi Sacco concludono riflettendo proprio sul tessuto cittadino e territoriale della città di Pescara, che come in altre realtà ha tutti i presupposti per generare una rete inclusiva, in cui la progettazione unisce la contaminazione tra i linguaggi espressivi, creando valore e innovazione, alla produzione artistica che deriva dalle suggestioni che emergono dal contesto in cui ci si trova ad operare.