“Ogni particolare della composizione è distribuito con architettonico rigore; il leggio spostato dal centro del quadro, e la marmorea figura, formano un tutto inscindibile, rientrando nei limiti del cono plasmato da un lento rotear delle forme intorno all’asse mediano della composizione; le pagine del libro scattano a tracciar nell’ombra una mezza ruota di luce; un cauto perfetto contrappeso regola l’inclinazione del volto e delle mani, la distribuzione delle pieghe affusate lucenti, regolari volumi entro il volume totale, elementi essenziali della cristallina struttura e, precorrendo di più di un secolo un genio che onorerà delle sue opere la nostra terra, Michelangelo da Caravaggio, il grande Siculo esalta il valore plastico della forma, ad essa convergendo la luce, strumento di sintesi nelle mani del potente costruttore”.
Queste le fondamentali parole con cui Adolfo Venturi descrive la Vergine leggente dell’Abatellis, a noi più nota come l’Annunciata.
È, l’Annunciata di Antonello da Messina, uno degli innumerevoli e conosciuti capolavori custoditi dalla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis. Ed è, lo stesso Abatellis, per gli innamorati dell’arte, una vera esperienza estetica, un’esperienza possente ed evocativa: varcare quel portale magnifico consente di lasciare alle proprie spalle i soprassalti della vita quotidiana e regala la vertigine del sogno, del silenzio. Una benedizione che riempie gli occhi di incanto. Tra le opere appartenenti alla collezione permanente del museo potremmo citare, insieme alla Vergine Annunciata, le cuspidi con Santi dello stesso Antonello, il ritratto scultoreo di purissima bellezza di Eleonora d’Aragona; e lui, Lui, il Trionfo della Morte. Amato, celebrato, circonfuso di infinito mistero, esso magnetizza l’occhio dell’osservatore con la sua incommensurabile espressività, con la sua possanza, con il suo universo infiammato e perturbante.
Si dice che questo affresco attribuito a Guillaume Spicre abbia ispirato Picasso per la sua Guernica e, parecchi secoli prima di Picasso, abbia lanciato la sua malía anche su Bruegel per il suo Trionfo della Morte. Wim Wenders ne ha fatto un filo d’oro per il suo Palermo Shooting, Maria Bellonci lo cita nel suo preziosissimo Rinascimento privato. E se sin dal Medioevo la danse macabre, il “Je fis de Macabre la Danse” imperversa nel panorama artistico internazionale, il Trionfo della Morte di Palermo rappresenta un formidabile slancio di fantasia, una traduzione per immagini del significato profondo di thanatos che non lascia via di scampo. Dialogare con lui apre ad un codice segreto, ad un paradigma che ha a che vedere con l’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. Lo ha fatto di recente, con esiti estremamente brillanti, Marzia Migliora nella mostra Minuto Mantenimento.
Potremmo parafrasare le parole che Bufalino fa dire agli innamorati della sua Diceria “il Trionfo parlava di noi” (parole dense di smarrimento e di languore) per riconoscere che il Trionfo parla di noi, di tutti noi. E lo fa come uno strumento che vibra un diapason ricchissimo ed al contempo congela il cuore di chi lo guarda; stupisce per la sua bizzarria, ci scaraventa nell’abisso dell’oblio. Sussurra ai cuori più mistici che dove c’è Morte c’è Risveglio, volendo citare Baudelaire. La Migliora riesce a rendere proprio l’assunto “il Trionfo della Morte parlava di noi”, gli dà vita, lo declina in una chiave estremamente contemporanea e affluente alla sua poetica e alla sua sensibilità artistica.
La mostra è a cura di Elisa Fulco e Antonio Leone ed è in collaborazione con Spazio Acrobazie, Ufficio Interdistrettuale per l’esecuzione penale esterna di Palermo e Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino.
Le opere installate regalano una sensazione di guarigione terapeutica ed al contempo fondono nell’immagine una legge di bellezza con una percezione del nostro tempo e con un’attitudine umana ed umanistica che è tutta dell’artista di Alessandria. Il Trionfo della parete sembra quasi fuggire dalla stessa per conquistare la sua tridimensionalità.
Passeggiando per le sale del museo dedicate alla mostra mi stupisce come le opere di Marzia riescano a traslitterare la flagranza dell’attimo in cui l’incanto trionfante di un società cortese aborrisce nell’orrore del suo totale disfacimento, e quello stesso motus lo ritrovo nella forza propulsiva di alcuni dei lavori esposti. Raffinatissimo altresì il raccordo cromatico creato coi cerulei, i rosa, gli ocra, i grigi-verdi. Le sculture-installazioni hanno volumi ampi e monumentali, paiono creature viventi nel pieno della loro presenza, plasticamente superbe.
Mentre nei grandi monotipi figura e parola intessono una relazione visibile e divengono portatori di una dichiarazione di intenti.
Ho avuto il piacere di intervistare Marzia Migliora.
S. R. – Marzia, vuoi raccontare ai nostri lettori come nasce Minuto Mantenimento?
M. M. – La mostra Minuto Mantenimento nasce da un ciclo di workshop del 2023-2024 con diciotto persone in Esecuzione Penale Esterna dell’UIEPE di Palermo, nell’ambito del progetto Spazio Acrobazie. Laboratorio di riqualificazione e di produzione attraverso la mediazione artistica, a cura da Elisa Fulco e Antonio Leone. Il tema centrale dei workshop è stato il lavoro, centrale della mia ricerca da anni, inteso come elemento che ci connette al tessuto sociale attraverso le nostre abilità. Ogni workshop si è concentrato su domande legate al nostro percorso lavorativo e alla nostra identità, per poi progettare una tuta da lavoro per il mestiere di vivere. Di che materiale potrebbe essere fatta? Sarebbe trasparente? Ignifuga? Avrebbe delle ali, una zolla di terra da coltivare, una torcia, un coltello, una canna da pesca? Alla fine del ciclo del workshop durato un anno, tenuto con Elisa Fulco, si è sviluppato il processo, ovvero il mio lavoro di artista: il tentativo di trasformare racconti, vissuti, desideri e fallimenti dei singoli partecipanti, compresa la curatrice, l’assistente sociale ed io, in opere.
S. R. – L’ installazione trova il suo input nello strepitoso Trionfo della Morte custodito all’ Abatellis. Quali emozioni, quali spunti creativi ti ha suscitato questo grande capolavoro tardo-gotico?
M. M. – Ho sempre pensato al Trionfo della Morte nel suo contesto originale, nel cortile dell’Ospedale Grande e Nuovo, in Palazzo Sclafani a Palermo, e ho immaginato che quell’affresco avesse in qualche maniera assorbito i pensieri e le preoccupazioni delle persone che vi passavano davanti, in un luogo che è tanto l’Anticamera della morte -citando Pinot Gallizio- quanto luogo eletto di cura. Nel Trionfo della Morte le persone che si salvano sono quelle più vulnerabili, quelle che forse più di altre vorrebbero dar fine alle proprie pene, mettendo in luce l’ingiustizia della morte. Viviamo in un’epoca in cui le persone più fragili si sono fatte invisibili, silenti e inascoltate e la Giustizia non sempre è davvero giusta, non siamo noi che decidiamo come e quando morire, però possiamo decidere che tipo di vita vogliamo. Ho studiato con la perizia di un’entomologa ogni dettaglio, simbolo, pianta, colore e animale dell’affresco, finendo per interrogarlo nuovamente alla ricerca della giustizia e mettendolo in dialogo con il mio lavoro. Ho dipinto molti dei dettagli dell’affresco sugli equipaggiamenti delle tute e i volti di alcuni dei soggetti dell’affresco sono diventati dei personaggi da animare, da far vivere con i movimenti della mano e nuove narrazioni: i cinque burattini della Tuta #4, teatro del non detto.
S. R. – Come l’arte può sostenere e supportare il recupero?
M. M. – L’arte credo possa essere paragonata al rammendo, come tentativo di ricostruzione del danno, per mezzo dell’ascolto e del confronto, come l’ago che attraversa i lembi di un tessuto sgualcito e sutura una mancanza con qualche cosa di nuovo. Un rammendo nella migliore delle ipotesi un po’ si vede sempre, come una piccola cicatrice, ma questo per me è anche il suo bello. Le persone vogliono essere viste, ascoltate, non vogliono vivere in sofferenza o miseria, ma desiderano avere la possibilità di riscattarsi. L’intero progetto è diventato un manuale: Marzia Migliora, Minuto Mantenimento (Luca Sossella Editore) cheraccoglie le parole dei partecipanti, da cui sono germinate una serie di opere parte del progetto Minuto Mantenimento: i trenta disegni contenuti nel Quaderno 58, i disegni di progetto per le cinque tute per il mestiere di vivere, cinque monotipi su carta di grandi dimensioni, una serie di fazzoletti stampati e ricamati, le marionette a guanto e tutto il processo di lavoro, con l’obiettivo divulgare un metodo ripetibile che possa essere utile anche a chi era fuori dalla stanza in cui si sono tenuti i workshop.
S. R. – Quali i prossimi progetti di Marzia Migliora?
M. M. – Tra i tanti progetti in evoluzione in questo momento sto tenendo delle presentazioni in vari musei in tutta Italia, e non solo, della mia prima monografia: Marzia Migliora. Sette Mostre Immaginifiche 1993-2024 (Nero Edizioni) a cura di Anna Cestelli Guidi e Matteo Lucchetti. Si tratta di un libro, ma lo definirei anche come un’opera per come è stato concepito, nel quale il corpus di opere è riletto attraverso sette mostre su carta, suddivise in sette tematiche ricorrenti nella mia ricerca. Questo libro mi ha permesso di rileggere, e sistematizzare trent’anni della mia carriera d’artista creando un nuovo contenitore che volge a generare nuove visioni e progetti, pronto ad accogliere metaforicamente, in uno dei sette capitoli le opere future. Nel capitolo quattro del volume, dedicato alle dinamiche del fare comunità, è pubblicata un’anticipazione di Minuto Mantenimento, con una serie di disegni di progetto parte del Quaderno 58 che rappresenta il nucleo centrale da cui prende avvio l’intero progetto, delineandone le linee guida: dalle citazioni dei dialoghi dei partecipanti raccolte durante i workshop alla trasformazione degli stessi in equipaggiamenti che la sartoria del Teatro Massimo di Palermo ha trasformato sartorialmente nelle cinque tute per il mestiere di vivere.





Marzia Migliora, Minuto Mantenimento. Ph Fausto Brigantino