L’artista scolpisce forme in marmo bianco statuario o basalto che assembla con dei cavi in acciaio inossidabile, fili invisibili che tengono uniti due corpi inizialmente estranei, dando inizio a qualcosa di nuovo e inatteso. Il lavoro di Ohanjanyan indaga la natura dei legami non solo tra singoli individui, ma anche tra l’uomo e una moltitudine di corpi e particelle che gravitano nell’universo.
Nato nel 1976 a Yerevan, Armenia, dal 2000 Mikayel Ohanjanyan si stabilisce in Italia tra Firenze e Pietrasanta, ottenendo prestigiosi premi come il Leone d’Oro per la Partecipazione Nazionale dell’Armenia alla Biennale di Venezia nel 2015 e quello della Fondazione Henraux nel 2014, e entrando a far parte nelle collezioni permanenti più significative per la scultura contemporanea come lo Yorkshire Sculpture Park nel 2021 e il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze nel 2018.
In occasione dell’apertura della mostra, Mikayel Ohanjanyan ci guida attraverso le ispirazioni, i processi e le filosofie che plasmano la sua pratica artistica.
In che modo i tuoi lavori si collegano al titolo della mostra “Naturalis Historia”?
Tutti i miei lavori in mostra appartengono alla serie “Legami”. L’opera “Ri-cordis” realizzata appositamente per questo spazio evoca il concetto di legame attraverso la memoria dei ricordi. Queste opere sono il risultato di riflessioni suscitate dall’osservazione delle molteplici manifestazioni dei legami che esistono tra gli esseri umani e la natura. Credo fermamente che tutti gli elementi dell’universo siano interconnessi, indipendentemente dalla sua distanza e dal suo stato fisico. Questa serie di lavori restituisce essenzialmente un’osservazione della natura e degli esseri umani.
Uno scultore non può fare a meno di considerare l’ambiente in cui verranno installate le sue opere. Qual è il nesso tra gli spazi di Building e le opere realizzate per questa mostra?
È vero, la scultura è imprescindibile dallo spazio. Molti dei miei progetti sono site specific, collocati dove attraverso l’identità di quel luogo si racconta una propria riflessione. Al di là delle caratteristiche tecniche, la scultura è per me un tentativo di cristallizzare la vibrazione da cui si genera ogni cosa, intendo la vibrazione di quel momento esatto, che contiene il proprio tempo. Se ci riesce, l’opera inizia a vibrare da sola. Catturare la vibrazione di un preciso istante all’interno di un’opera e fare in modo che resti inalterata è la sfida più grande di realizzare un allestimento e penso sia stata superata in questa occasione.
Qual è il tuo approccio ai materiali che utilizzi di volta in volta? In che modo la citazione di Nikola Tesla “Siamo connessi da legami invisibili” ha contribuito al tuo lavoro?
Credo che ogni materiale abbia la sua personalità e il suo carattere. Attraverso la contemplazione di quel materiale, l’artista può raccontare il suo pensiero, ma non viceversa. Quando avviene il processo opposto, il materiale muore e quindi quell’opera non è più viva. Non è stata la citazione di Tesla a ispirarmi, ma la natura che con le sue vibrazioni dà vita a tutte le cose. Immagino che Tesla, come molti altri, sia stato ispirato dalla stessa cosa.
Il tuo lavoro sembra trasmettere l’idea del legame come punto di incontro tra due corpi inizialmente estranei possa nascere qualcosa di nuovo.
Sono d’accordo, un punto di incontro può essere l’inizio di qualcosa di nuovo. Dopotutto, noi tutti siamo il risultato di un legame o di un incontro tra i nostri genitori. Mi auguro che le mie opere possano invitare il pubblico a riflettere sull’importanza dei legami di cui siamo fatti, che ognuno porta dentro di sé e che spesso diamo per scontata.
In che modo il concetto di dualità si applica a questa mostra?
La dualità è ovunque, noi proveniamo dalla dualità. Il costante “conflitto” tra ragione e sentimento è già un meraviglioso esempio di dualità. Le opere in questa mostra sono dei tentativi di ricerca su concetti come equilibrio, forza, delicatezza, contraddizione, il perduto e il ritrovato.
Quanto è stato importante studiare, vivere e lavorare in Italia per il tuo percorso artistico?
Prima di trasferirmi in Italia avevo studiato in Armenia. Studiare in Italia è stato un ulteriore arricchimento delle conoscenze acquisite in passato. Detto questo, l’Italia è il luogo in cui ho capito l’importanza della mia cultura di origine e quindi anche l’importanza di altre culture, inclusa quella italiana. Tutto ciò ha avuto e continua avere un impatto enorme sul mio modo di intendere l’arte.
intervista di Phoebe Owston
traduzione di Serena Guarino
Naturalis Historia è aperta a Building, in Via Monte di Pietà 23, Milano, fino al 12 ottobre 2024.