Parlami di un tuo maestro, o di una persona che è stata importante per la tua crescita.
Una maestra estremamente importante per la mia formazione è stata la madre di mio nonno, Emilia,alla quale avevo dato il fantasioso appellativo di: “Nonna Gatto” con la quale ho avuto la fortuna di passare la maggior parte della mia infanzia. Portava sempre con sé due gioielli preziosissimi e irripetibili , le sue mani, su di esse si imprimeva ogni sua azione ed erano enormi e vissute. Amava- Curare – riusciva ad essere forza integra , rigorosa e dolcezza disarmante. Amava le persone con difficoltà : Le toccava, le accarezzava profondamente e io ero lì a guardarla. Mi chiedeva di osservarla attentamente mentre cucinava dolci interamente a occhio dicendomi di capire solo attraverso la densità dell’impasto. L’insegnamento visivo più vivido me lo regalò una mattina molto presto quando scesi in giardino e trovai nella sua figura questo particolare: Un enorme forbice di ferro leggermente arrugginita posata sulla sua gonna di lana morbida. La sua Forza proveniva dall’immersione totale in un senso di umanità, derivazione di un altro secolo, un tempo che tutt’ora mi affascina. Il tempo della Concretezza.
Quali sono secondo te il tuo lavoro/mostra migliore ed il tuo lavoro/mostra peggiore? E perché?
Sono giovane
“Se qualcuna delle mie povere parole ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma giovane che perfino arrossisce se un passante le dice
che il suo bambino è bello”
Antonia pozzi.
Un artista che stimo molto, durante un confronto espresse un concetto che ho accolto a piene mani: Bello o brutto,migliore o peggiore non sono le categorie giuste nel confronto con i propri lavori che ci mostrano o ci fanno comprendere parti di noi implicitamente ed esplicitamente. A volte non mi piaccio, a volte mi schivo ed altre non mi amo e così via… A volte non riesco nemmeno ad accettare le parole che compongo e arrossisco… quindi non saprei. L’installazione 25 kg presentata in occasione della mostra collettiva “Sabbia D’Oro” mostra che mi ha formato di più proprio sotto l’aspetto relazionale svela una parte di me molto dura legata alla sensazione di illeggibilità o forse di pudore manifestata come sedimentazione della parola. Mentre il Processo opposto è stato quello che ha portato alle due installazioni sui Pronomi personali: IO,TU e NOI,VOI. Dispiegamento della mia intimità e di quella altrui; è esattamente nella tangenza di questi punti contrastanti che mi piacerebbe sostare.
Se ti ritrovassi su un’isola deserta, proseguiresti la tua ricerca artistica? Se sì, in che modo?
Sono sincera: Non ne ho la minima idea. Se mi trovassi su un’isola deserta penserei a sopravvivere e per fare ciò dovrei sicuramente ritrovare una connessione con il mio corpo e con ogni muscolo e ogni nervo necessario alla mia sopravvivenza. Mi viene da pensare che forse, per un attimo, potrei comprendere con più sincerità la performance o in generale l’espansione che la forza umana può riservare attraverso il corpo. Il mio Corpo.
In che modo sta influendo l’isolamento di questo periodo su di te?
Proprio l’altro giorno una mia amica mi raccontava di come, durante questa quarantena, avesse disegnato degli schemi per spiegare a sua figlia le vocali (vocalem, “lettera provvista di voce” necessarie ad accordare armonicamente il linguaggio). Questa l’affermazione mi ha reso lampante l’impossibilità di comprendere Ora la mia esperienza in questa quarantena. Mi affascina la prefigurazione simbolica necessaria a recepire il linguaggio. Penso a quanto, da due mesi a questa parte, mi senta più vicina a un’intima crittografia che viene scandita dallo scorrere del tempo del lockdown. Le Vocali si manifestano forse in momenti inconsistenti che però stanno già influendo su di me come accordatrici di nuovi sensi e sono certa che esaurito questo tempo in qualche modo me lo decritteranno.