Leonardo Regano

Si è da poco conclusa la mostra di Giorgio Andreotta Calò a Bologna, monumentale installazione presso il LabOratorio degli Angeli, a cura di Leonardo Regano. In questa breve intervista il curatore ci racconta la genesi del progetto e di altre esperienze passate e presenti nelle quali le due professionalità, quella appunto dell’artista e del curatore, paiono avere molti punti in comune sul piano concettuale.

Ellissi esplora il potenziale comunicativo dello spazio, che, nel caso del LabOratorio degli Angeli, rimanda alla precedente destinazione d’uso come luogo di culto. La riproposizione dell’intero ambiente esalta la fisica della luce con un effetto sensoriale sul visitatore, immerso nell’opera come in un bicchiere di spritz al select. Hai già esplorato questo tipo di interazione con altri artisti con cui hai lavorato?
L’interazione sensoriale che Giorgio Andreotta Calò propone nel caso di Ellissi è per me una linea di esplorazione in atto già da tempo nella mia ricerca curatoriale, declinata nelle differenti modalità espressive degli artisti con cui lavoro. Ragionando al contrario, per esempio, lo scorso anno ho curato una mostra per la Galleria Studio G7, in cui al centro della mia riflessione era proprio la mancanza d’interazione sensoriale, sulla scia delle nuove modalità di fruizione indirette dell’opera d’arte che avevamo iniziato a sperimentare durante il lockdown. In quel caso si trattava di una collettiva con opere, tra le altre, di Franco Guerzoni, Bill Beckley, Maria Teresa Sartori e Daniela Comani, che riflettevano sul rapporto che si instaura tra l’osservatore e l’immagine. La visione delle opere era preceduta da una prima visita virtuale alla mostra attraverso un visore VR, mettendo così in evidenza, per assenza, l’importanza della dimensione sensoriale e come essa cambia la nostra percezione dell’opera d’arte. Il rapporto con l’opera nella sua fisicità non potrà mai essere sostituito da nessuna riproduzione mediale. E l’interesse per la ricerca sull’ambiente che oggi torna quanto mai attuale lo dimostra ampiamente. 

Da artista mi interesso sempre alla prassi progettuale, mi piacerebbe chiederti quali sono i passaggi che hai osservato durante il processo creativo che ha dato vita all’installazione.
Al LabOratorio degli Angeli, il confronto con lo spazio diventa stringente e obbligato. Giorgio Andreotta Calò ha scelto di trascorrere del tempo al suo interno prima di decidere cosa proporre, osservando le emergenze architettoniche della ex Chiesa, le analogie e i contrasti tra la sua destinazione d’uso attuale e quella passata; e poi ancora ha indagato con attenzione il lavoro che vi è svolto quotidianamente, come i restauratori vivono e utilizzano lo spazio. C’è anche una fortuita coincidenza, per esempio, tra le dimensioni delle lastre di vetro che compongono la vetrata della Oude Kerk di Amsterdam da cui l’artista ha tratto la suggestiva scena dell’Annunciazione al centro dell’allestimento di Ellissi, e quelle che compongono la grande vetrata dell’ex Oratorio di Santa Maria degli Angeli. L’installazione rende evidente questo dialogo mettendo idealmente le due vetrate l’una di fronte all’altra, in segno di continuità e confronto. Ma anche gli strumenti del lavoro, i tavoli, i telai interinali, gli sgabelli sono entrati tutti nell’opera finale come parte di una grande installazione diffusa. 

È prevista una pubblicazione per l’evento? 
Ellissi è l’ottava mostra da me curata nel laboratorio di restauro diretto da Camilla Roversi-Monaco in collaborazione con Andrea Del Bianco durante il periodo di Art City. Stiamo pensando di documentare questa esperienza al decimo anno con una pubblicazione dedicata, tirando un po’ le fila di questo progetto che mette in relazione l’arte contemporanea con la specificità degli interventi conservativi e di restauro che si rivelano necessari per la sua fruizione. 

Quali sono gli altri progetti curatoriali a cui stai lavorando in questo periodo?
Attualmente sto curando due progetti sostenuti dal Bando Italian Council, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, vinti rispettivamente da Gea Casolaro (Mare Magnum Nostrum, VIII edizione, 2020) e da Claudia Losi (Being There_Oltre il Giardino, IX edizione, 2020). Gea conduce una mappatura del Mediterraneo attraverso una call to action in cui chiunque voglia partecipare può donare una fotografia che testimoni il suo rapporto diretto con il Mare Nostrum raccogliendo questo materiale in un archivio virtuale e in una grande installazione destinata al Museo Nazionale di Ravenna, mentre Claudia Losi propone un nuovo capitolo della ricerca messa a fuoco nei progetti “Being There”, uno studio sulla percezione del luogo naturale e su come questa cambi nella nostra esperienza individuale. 
Restando a Bologna, visibile fino al 18 giugno, c’è la personale di Letizia Cariello che ho curato per la Galleria Studio G7, dal titolo “Fuso Orario”. In questo nuovo progetto, Letizia propone un intervento site specific nello spazio molto suggestivo e di grande impatto: due installazioni speculari accolgono e avvolgono il visitatore, creando una corrispondenza tra la mappa astrale del cielo dello scorso 21 dicembre che ha segnato l’ingresso nell’Era dell’Acquario e la propria interiorità, il proprio sentire energetico, una corrispondenza tra micro e macro-mondo che muove da sempre il suo lavoro.

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