Omar Galliani "san francesco e le monete insanguinate"

Il santo protettore delle mostre itineranti

Conosco San Francesco di Paola da quando ero bambino: non per esperienze mistiche, ma per un nobile, estatico ritratto del santo in preghiera con il caratteristico bastone e la corona tra le mani su un sovra porta in casa di mia madre. Vari ritratti li ho poi trovati in chiese, insospettabili perché dedicate ad altri santi. Soprattutto, dopo qualche ricerca, mi sono accorto che Palazzo Cosentini, una delle dimore barocche più belle di Ibla, il centro storico di Ragusa, ostenta su una mensola, al culmine di uno spigolo a diamante che ne incunea il profilo tra una scalinata e una discesa, una statua del santo, intento a varcare lo stretto di Messina su un mantello, visto che un barcaiolo si era poco prima rifiutato di traghettarlo con un gruppo seguaci. Il soggetto, famosissimo, e che ha suggerito la “nomina” di Francesco a patrono della gente di mare, mi ha colpito subito per il riflesso locale: buona parte della popolazione di Ragusa trae infatti origine da abitanti della città di Cosenza, che Ruggero il normanno aveva autorizzato a trasferirsi in Sicilia per sottrarsi alle ire del loro signore, al quale si erano ribellati. Cosentini o, in dialetto, cusinzari, non è del resto solo il nome dei nobili proprietari del palazzo, che non a caso sorge al di là dell’antica cinta muraria di Ibla, ma di tutti gli abitanti di Ragusa superiore, ricostruita sulle ceneri dell’antico insediamento dopo il sisma che lo distrusse, con mezza Sicilia, nel 1693. Ma l’ombra di questo santo taumaturgo, lungi dal limitarsi a lambire Ragusa, si allunga a dismisura: tutta l’Italia meridionale rampolla di conventi dei Minimi, ordine francescano da lui fondato, come il Collegio di San Francesco di Paola di Castelvetrano, attualmente museo e sede di esposizioni temporanee di grande prestigio. “In questi spazi”, mi sono detto l’estate scorsa in occasione di Cenere, una mostra sul rapporto tra arte e potere di Momò Calascibetta e Dario Orphée La Mendola di cui occupo da un po’, “vedrei bene un’esposizione su Francesco”. Magari come quella – straordinaria – inaugurata il primo agosto a Cosenza presso i locali di via Bernardino Telesio 17 (ex MAM, Museo delle Arti e dei Mestieri) e terminata il 24 settembre.

La rassegna – Charitas, a cura di Marilena Morabito – fortemente voluta dal collezionista e mecenate Roberto Bilotti Ruggi di Aragona per il seicentenario della nascita del santo, mirava appunto a rileggerne l’icona, tra le espressioni più alte, riconosciute in tutto il mondo, della civiltà e della cultura calabrese: basti pensare che il nostro è il co-patrono di Parigi e Picasso di secondo nome si chiamava proprio così, “Francisco de Paula”. E che dire delle meravigliose chiese che Roma e Napoli gli hanno consacrato, site rispettivamente di fronte al Palazzo Reale e a Trinità dei Monti?

Per tali ragioni Bilotti ha interpellato cinquanta artisti contemporanei tra i più noti chiedendo loro di scambiare quattro chiacchiere col santo. Alcuni sono stati ospiti per qualche settimana a Cosenza nei Box Art, curati da Alberto Dambruoso e hanno avuto modo di calarsi nella realtà cosentina. Altri sono stati selezionati dal Ministero dei Beni Culturali e da Vittorio Sgarbi: Giovanni Gasparro, per le grandi pale d’altare destinate al duomo dell’Aquila; Giuseppe Ducrot, per l’altare della ricostruita cattedrale di Noto, la statua di Sant’Annibale a San Pietro in Vaticano e quella di San Benedetto all’Abbazia di Monte Cassino; Roberto Ferri, per la Via crucis del Duomo di Noto; Giuseppe Gallo, per il Calendario perpetuo dedicato a San Francesco nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e la recente mostra al Castello Svevo di Cosenza. Altri, come Salvatore Anelli, Franco Flaccavento, Tarcisio Pingitore e Andrea Gallo, membri dell’Associazione culturale Vertigoarte, che ha contribuito attivamente alla realizzazione dell’evento, sono intervenuti in rappresentanza dell’intero territorio. Altri ancora avevano già esposto nel chiostro di Sant’Agostino nell’ambito della mostra Il Divino nell’Arte Contemporanea curata da Vittorio Sgarbi e Roberto Bilotti a fianco ad opere storicizzate quali le formelle della Porta della morte in Vaticano di Giacomo Manzù e L’apocalisse di Giorgio de Chirico. Tutti – da Costanza Alvarez de Castro, a Paolo Assenza, a Dalia Belato, ad Andrea Boldrini, a Bizhan Bassirj, a Roberto Calò, ad Antonella Cappuccio, a Jacopo Cardillo, a Sergio Cardillo Martinello, a Bruno Ceccobelli, a Luca Crivello, a Giorgio Dante, a Davide De Lia, a Massimo Livadiotti, ad Alessio Deli, ad Emanuela de Marco, ad Antonio De Pietro, a Stefano Di Stasio, a Sidival Fila, a Roberto Fontana, ad Omar Galliani, a Pier Paolo Lista, a Serafino Maiorano, a Max Marra, a Nicola Pucci, a Fiorella Rizzo, a Sandro Sanna, ad Antonio Salerno, a Gianluca Sità, a Stefano Solimani, a Germano Serafini, a Ignazio Schifano, a Santo Tomaino, a Kokocinski, e spero proprio che nessuno sia rimasto sulla punta della penna  – contribuiscono a dimostrare che l’arte, come la fede, è un linguaggio universale che ci unisce e ci identifica. Date queste premesse, oltre ad augurarci che la raccolta venga ulteriormente incrementata, non sarebbe il caso di pensare a una mostra itinerante? Con un santo protettore della stoffa di Francesco, il successo è assicurato.

Charitas, a cura di Marilena Morabito

Cosenza, via Bernardino Telesio 17

Dal primo agosto al 24 settembre 2019

Ingresso libero