Lo stand della Galleria Umberto Benappi. Artefiera 2024

Il Cinquantenario di Arte Fiera, le prime impressioni.

In occasione del cinquantenario di Arte Fiera (2-4 febbraio 2024) fra gli stand non manca il confronto fra passato e futuro.

Per i cinquanta anni di una rassegna fieristica come quella di Arte Fiera non mancano le aspettative da parte degli addetti al settore, che ormai vittime e dipendenti dall’incessante intrattenimento mediatico e spettacolare, rincorrono, nell’osservare le opere, quell’elemento un pò catchy che possa sorprendere i loro occhi ormai assuefatti. La scelta di quest’anno non poteva non ricadere sugli anni Settanta, il periodo artisticamente più florido per la città Bologna quando Renato Barilli lancia nel ’77 la Settimana Internazionale della Performance, dedicando così uno stand di carattere storico archivistico di tutte le opere performative documentate, nella sezione Fotografia in Movimento, curata da Giangavino Pazzola. Lo scorso anno il Direttore artistico Simone Menegoi insieme ad Enea Righi, Direttore operativo, corsero una staffetta vincente, riuscendo, seppur nella suddivisione tradizionale delle sezioni, a proporre in poco tempo una strategia efficiente, non solo nell’intero ambito curatoriale, ma anche in quello della gestione e della comunicazione: i galleristi rimasero entusiasti avendo così garantito il più delle vendite previste, già durante il giorno di inaugurazione. Sebbene sia repentino sbilanciarsi su una recensione definitiva riguardo al resoconto finale sulla stima di vendita totale, fra gli stand si percepisce serenità, ma anche qualche opinione un pò più critica: un’organizzazione rigorosa ma consapevole delle difficoltà di vendita. Facendo una valutazione preliminare, sicuramente si è puntato, in entrambe le sezioni, contemporanea e storicizzata (Padiglione 25-26), sull’affissione anche nella sezione Multipli, curata da Alberto Salvadori. In linea anche con il il tema, il quale vede il Disegno come filo conduttore dell’intera rassegna, scarseggiano così le pratiche audiovisive ed installative.

Lo stand delle gallerie Niccoli e Sperone. Artefiera 2024

Il gusto del collezionismo, però, locale e nazionale rimane centrato sulla tradizione e di conseguenza le gallerie non vogliono rischiare, fatta eccezione di alcune gallerie più coraggiose nella proposta allestitiva. Galleria Umberto Benappi di Torino e la Galleria Niccoli di Parma, per la sezione storicizzata, si propongono un approccio differente e coerentemente cordinato e curato nella scelta. Entrambe dedicano i loro stand alla Scuola Romana di San Lorenzo. La prima, infatti, racconta un Giovanni Dessì più recente, raccogliendo le opere legate fra loro con forte presenza cromatica. Si intravede nelle tele una figurazione dissolta nell’oro, pigmento ormai aulico ma estremamente raffinato di stesura, che l’artista giustifica con la presenza pregnanti di piani neri. Niccoli, in collaborazione con Galleria Sperone, di contro, sceglie Giuseppe Gallo, il quale alterna una selezione opere scultoree alternate a pittoriche. Realizzate in bronzo, i monoliti neri di Gallo (Prismi 2007) abbandonano la verticalità imposta dal medium scultoreo per irrompere aggettanti nella parete, celebrando archetipici l’attraversamento dell’uomo nella storia. Nella sezione contemporanea, invece, si percepisce una pittura altalenante fra il cauto e l’esagerato con opere descritte da cromie e scenari densi e carichi, da una parte, e altri più flebili, dall’altra, sebbene nel mezzo non manchino stand più ordinati e minimali. La galleria di Francesca Antonini dedica l’intero stand alle opere pittoriche di Alice Faloretti, che invitano lo spettatore ad addentrarsi all’interno di scenari frammentati e quasi dispotici di mondi naturali. La peculiarità della pratica di Faloretti rimane fedele rispetto alla sua percezione spazio-temporale, annullando qualunque confine perimetrale e sovrapponendo immagini oniriche fra loro trasformandole in tracce mnestiche singolari ma mai isolate. FPAC Francesco Pantaleone, invece, immerge lo spettatore in un continuo stimolo visivo ed intellettuale scegliendo di dedicare l’intero stand a Stefania Galegati. L’artista dedica un tributo all’opera letteraria Il Secondo Sesso di Simon de Beauvoir, riponendo su piedistallo il volume al centro dello stand ed appoggiando una Minna della Vergine, dolce simbolo della cultura sicula alla quale dedica l’intero progetto. L’esposizione racconta la storia di una isola, la stessa che vede la partecipazione attiva di donne, le quali lasciano come testimonianze pittoriche scenari marini, le cui onde cantano la prosa de la Beauvoir.