Grazie ad un canovaccio scritto dal Padreterno, Guttuso godette di amicizie altolocate tra politici, religiosi, artisti e letterati: da Quasimodo a Picasso, da Togliatti ad Andreotti e monsignor Angelini.
Già nei primi anni Trenta del XX secolo, Guttuso frequentava la migliore intellighenzia palermitana: Mimì Quattrociocchi, Pippo Rizzo, Lia Pasqualino, Nino Franchina, eccetera. A Bagheria oltre ai pittori Topazia Alliata e Nino Garajo frequentava i poeti Ignazio Buttitta e Castrense Civello, due amici dai quali saprà attingere: dal primo l’espressione popolare che ha trasposto nelle sue immagini, dal secondo, Civello, quell’alito di futurismo che ritroviamo nel dinamismo delle sue composizioni.
Non sapremo mai che tipo di percorso avrebbe fatto se non fosse prevalsa l’assoluta esigenza di emigrare in cerca di migliorarsi e poter dare una risposta al duca Enrico Alliata, che aveva ostacolato l’amore della figlia Topazia nei suoi confronti, evidentemente perché Renato apparteneva ad una famiglia piccolo borghese.
Proprio per questo motivo Guttuso mirava al successo e alla ricchezza a tutti i costi e pertanto con una valigia di cartone e venti lire in tasca emigrò. Dopo la prima esperienza negativa a Perugia, invece di abbattersi tenta migliore fortuna a Roma, dove trova un ottimo sponsor nel Partito Comunista. Palmiro Togliatti gli darà tutto quello che un artista può desiderare, in cambio della sua fedeltà al Partito, come fecero anche gli altri segretari che gli succedettero, creando forti malumori tra gli altri artisti schierati col P.C.I.. Il seguito è noto a tutti, ma occorre precisare che, secondo una mia personale opinione, da parte di Guttuso ci sarà solo fedeltà al Partito, non fede politica. Per questo la vita di Guttuso sarà una costante contraddizione.
Illustro questo articolo con un’opera giovanile e inedita di Guttuso, che mi consente di tornare a parlare della coppia “Pazzia-Nato”, come Nino Franchina chiamava Topazia e Renato, ma anche perche penso di far luce sulle origini della sua carriera: un bozzetto che lascia parecchi interrogativi, nonostante l’opera sia firmata, datata e corredata da una generica indicazione come “Bozzetto per pittura murale” del 1935.
Dove doveva essere realizzata questa pittura murale, in una casa proletaria o in una casa borghese o meglio aristocratica? Dato che nel bozzetto c’è una sedia “viennese” con la seduta di finocchino, una poltrona sofà e un pianoforte, non può essere una casa proletaria, quindi ipotesi vuole che si tratti di Villa Valguarnera. E se la data è 1935, l’ultimo anno che Renato lavora insieme a Topazia a Villa Valguarnera, potrebbe essere l’ultima opera dipinta dal giovane Guttuso a Bagheria, dove i personaggi potrebbero essere Topazia e sua sorella Orietta e lo stesso Renato.
Non ho ancora detto che la tempera in oggetto è dipinta dietro un attestato che il padre di Guttuso, Don Jachino, rilasciava agli operai ai quali insegnava “Ricostituzione e innesto della vite”: ma questo è un’altra storia.