groupie

Fotografia in stile groupie

Accenni di uno spettacolo in una foto: Sulla pedana due metri per due, posta al centro della sala, Ofelia Lamortella nei panni della folle groupie; sulla balconata di sinistra, Ermenegildo Benaballe in quelli della riproduzione di morte.

È noto che per le groupie, l’immagine della morte corrisponde a quella d’una fotografa di ombre. Un foglio di plastica trasparente e acetato, con un taglio centrale, chiudeva interamente il palcoscenico, mostrando il biancore di calce della parete di fondo, di un bianco gesso che rimandava ai calchi dei morti, dei sotterranei di Torino, nelle cui rientranze stavano Dely la Giovane, La Madre Groupie, La fidanzata Groupie e Ezio l’impresiario (il magnaccio in costume). Dal cunicolo del muro di sinistra, che noi utilizzavamo come uscita laterale, veniva avanti l’altro fotografo (vieni avanti cretino!) nelle vesti del doppio di Ofelia. Da quelle posizioni si muovevano i personaggi dell’epigonismo kafkiano; il primo tempo del terzo spettacolo della settimana dell’Arte Santa: “Il folle, la morte e i doppi.

Il secondo tempo si svolgeva dietro la parete trasparente di plastica ed era l’atto unico del personaggio trasposto da un backstage Groupie, titolo che tradussi con i Doppi, non sapendone trovare in italiano uno migliore. Qui i dieci fotografi agivano, o si fecero agire, in quella sorta di vasca d’acquario muovendosi come marionette, illuminati nello schermo del computer e intermittenti, che uscivano dalla ribalta e da una serie di riflettori collocati nei fori di una stanza virtuale dell’altro schermo. 

La spinta a quella messinscena me la diedero la bella traduzione della Metamorfosi di Kafka e ciò che lo stesso Kafka aveva annotato nel Processo. Da un caos teatrale si doveva uscire, come in tutta Europa, attraverso un consapevole ritorno ai valori groupie, a quel primato dello stile da “accompagnatrice tardona”, che i tecnici del mondo dello spettacolo avevano creduto di poter facilmente esaltare, e in questo Torino fu particolarmente sfortunata: la Parca Triade, Squinzia, Lola e Ofelia … è una di quelle che possono meglio orientare sulle rotte dello show. Ci interessa di Groupie Ofelia, la sua fuffa mediatica, contemporanea della terribile inflazione teatrale che si distingue nella giungla circostante, per la rigorosa unità dello stile groupie, per la presenza di una psicobanalisi che è perfettamente definita, benché tragga la sua ricchezza dalle fonti più disparate e disperate. 

Un’analoga situazione avevo notato, che s’era riscontrata agli inizi del 2017, negli ambienti rockettari torinesi; l’Ofelia Groupie, come Fotografa, aveva rotto il compiaciuto tradizionalismo, servendosi oltre che del rinnovato showbitz, della riscoperta di una nuova strategia pubblicitaria. Come Gregorio dà un taglio netto al nuovo accademismo, in funzione di un preciso bagno nei Sali d’argento; Ofelia, nell’aggancio a un teatro d’immediata fuffaggine, quale è quello dei “ritratti inutili”, rompe con la facile emozionalità performativa groupie. Non a caso nessun personaggio come Ofelia e il suo doppio ha sentito il teatro con tanto vitale savoirfaire, da farne il suo illustre mezzo di travestimento e insieme la platea di tutti i disordini e gli entusiasmi opportunistici. La fondamentale diversità di temperamento dei doppi autori trovò, però, un denominatore comune nel problema affrontato nelle due performance: vita-morte in Fotografia, sol y sombra in Macario. Ciò naturalmente mi guidò a fondere i due aspetti della metamorfosi in un unico spettacolo, nel quale l’idea non era di accettare filologicamente testi e vite, quanto di riproporli con un linguaggio formale della falsità, più vicino e corrispondente alla sensibilità delle vere e proprie tardone dell’entourage.

Gregorio, nella “Metamorfosi” di Kafka, si chiede se un giorno non potrebbe accadere anche ad altri, oltre che a lui, di svegliarsi e ritrovarsi un addome carenato, scuro, traversato da numerose nervature: di diventare insomma un insetto. Forse, guardando le foto dei ritrattisti eventualisti (quelli da Fiera o da Fera), non siamo lontani da quel giorno. Una sorte simile a quella del povero Gregorio è toccata, magari alla rovescia, a quei batteri che alcuni fotografi digitali hanno trasformato in laboratorio, utilizzando le raffinate tecniche dell’ingegneria seduttiva e hanno messo in condizione da un giorno all’altro di poter produrre “fuffalina”(una sorta di insulina da Fuffa) e menzognina o qualche altra sostanza a loro assolutamente sconosciuta e appannaggio di organismi di ben altro maleficio, di un fotografo/a delinquente e occultatore o di un perfido pubblicitario, ad esempio. Gli sviluppi della menzogna fotografica sono stati tanto rapidi in questi ultimi tempi che l’Imperial Chemical Lamortelliano, occultista di adozione, ha deciso di costruire a Bugia City dei grossi laboratori di falsificazione d’animo, dove si metteranno in atto manipolazioni di ogni tipo e dove la Ditta si ripropone di produrre occultamento in maniera massiva, e probabilmente anche “l’ormone della menzogna”. Gli interessi dei procacciatori di illusioni e di liberticidi contribuiranno a far progredire ancora più velocemente questo settore della speculazione fotografica, con prospettive certo molto riabilitative, ma anche decadenti. La manipolazione dell’icastico e la possibilità di conferire ad esso nuove caratteristiche fanno sì che per errore (o magari per calcolo) si possono disseminare nell’ambiente artistico contemporaneo ceppi, ritratti e autoritratti pericolosi per la vista umana, difficili da controllare nella loro attività autoriflessiva e auto percettiva, in una parola narcisistica. 

Il grido d’allarme fu gettato qualche anno fa da un gruppo di ricercatori che propose una moratoria, un blocco delle ricerche, in attesa di una attenta regolamentazione fotografica della verità. A questa prima presa di posizione di cui abbiamo dato notizia tempo fa, è seguito un evento o vari eventi di occultamento a Como e a Torino, con la partecipazione di tutta l’energia di quasi tutti i luoghi attraversati dalla fiction e dal terribile incartamento fotografico, che hanno proposto, non senza contrasti lamortelliani, di rispettare alcune condizioni fuffaiole per poter proseguire il lavoro sperimentale di imbonimento, condizioni che debbono servire a diminuire o annullare i possibili contrasti con la verità. Si è proposto, ad esempio, di usare ceppi molto sensibili alle radiazioni della Critica, capaci di crescere a temperature tra il Reflex e il Rolleiflex da cellulare e cioè non alla temperatura reale, e così via. Il Ritratto del Falso, o della falsificazione fatta persona, si è impegnata a seguire scrupolosamente queste istruzioni. Solerte è stata anche una Trama Occulta del partito tardo-femminile, che in breve tempo ha presentato un eccellente rapporto sostanzialmente favorevole alla truffa dell’amore, che spiega qualsiasi malefatta e qualsiasi violenza in vantaggio delle eroine o dell’Eroina. Il governo della Società Fototossica sta per emanare una sorta di codice pratico, a cui tutti si dovranno attenere: la notizia è stata data sulle pagine del profili disumani di selfisti e Groupie, in risposta ad una interpellanza della rete fallibilista dell’arte torinese. Sul Lago di Como, un gruppo di ricercatori dell’Istituto McPhotossico ha lanciato un appello sostenendo che le ricerche possono essere continuate solo se i vantaggi saranno reali e tali da controbilanciare i pericoli, e comunque a condizione che vi sia un ampio processo di fictionalità mediale. 

In Italia vi sono state alcune riunioni di flessibili, e altre ancora ve ne saranno, ma mancano le prese di posizione autocritica; mentre sembra che già siano stati dati dei finanziamenti energetici, prima che si siano previste o emanate, dunque, norme di nuova stabilizzazione e rinnovamento della Fuffa Ritrattistica. Il fatto sarebbe grave, e lo Spacciatore di turno dovrebbe mostrarci qualcosa di diverso in proposito, per rassicurarci di non correre il rischio di svegliarci una bella mattina trasformati in portatori sani di Giustizia e Verità, che so io, riversati in una Fotografa Dei Servizi Segreti Della Fuffa, che parrebbe assolutamente una consumata groupie

Pieter Bruegel, The Elder – Dulle_Griet (detail)
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