Roberto Kusterle – Chiaro di luna
Sulla scena internazionale, Roberto Kusterle è un noto artista visivo e un fotografo che si contraddistingue per uno stile fotografico spiccatamente personale e per un’estetica riconoscibile basata sulla fotografia di messa in scena. Nelle sue opere crea un mondo che è frutto della sua immaginazione, dove il confine tra il reale e l’immaginario svanisce.
Il motivo centrale della maggior parte delle fotografie dell’artista sono le creature fantastiche raffigurate nel processo di metamorfosi da una forma di vita ad un’altra, da uomo ad animale, a vegetale o ad altri elementi naturali. Le sue immagini ibride sono il punto di partenza per riflettere sul rapporto tra uomo e natura, sull’alienazione e su una possibile simbiosi tra di essi. Inizialmente il processo creativo del fotografo coinvolgeva anche la pittura corporale dei modelli, una lunga preparazione dei loro costumi, la scenografia e la regia delle scene surreali. L’opera finale del suo lavoro era la fotografia. Dal 2010 l’artista crea scene singolari tramite il fotomontaggio digitale.
Kusterle certamente usa queste tecniche manipolative con uno scopo ben preciso: rendere visibile la sua concezione della vita che nell’ultimo ciclo fotografico include anche lo scorrere del tempo. La base del lavoro è costituita dalle fotografie di vecchie carte dell’archivio goriziano con la struttura superficiale decisamente marcata e il deterioramento: le lacerazioni, le sgualciture, le pieghe, i bordi strappati, i bolli scoloriti, le macchie d’inchiostro e l’ingiallimento, che son derivati dalla conservazione di lunga durata.
Si può notare, inoltre, che i vari scatti delle vecchie carte d’archivio sovrapposti danno vita ad una sequenza compositiva ben stabilita, con la quale l’autore crea l’illusione di profondità su una superficie bidimensionale. A prima vista, sembra che le vecchie carte costituiscano solamente la base per le immagini delle figure umane tratte dal suo archivio personale, tra le quali ci sono anche le fotografie analogiche di vecchia data, e questo è un approccio alquanto diverso. Le opere mostrano chiaramente figure femminili e maschili ritratte fino alla vita, ricoperte quasi del tutto con l’argilla, considerata da Kusterle come materia originale (materia prima). Il contatto dei corpi con la terra, quindi, segna la loro metamorfosi sia in creature fantastiche dal corpo umano e la testa animale che conosciamo dalla mitologia antica, sia in creature silenziose con gli occhi chiusi, che sono rivolte verso il proprio mondo interiore e fluttuano nell’assenza di spazio. Anche le coppie e i gruppi di corpi nella maggior parte delle immagini sono rappresentanti con posture tese e inconsuete oppure intrecciati tra di loro in abbracci spasmodici, che danno un’impressione di inquietudine e tensione sia a livello fisico che spirituale.
Tuttavia, in questo ciclo le figure non sono affatto l’obiettivo principale della ricerca dell’artista. Vale a dire, l’attenzione centrale è posta all’equilibrio cromatico e tonale tra le figure e la base cartacea, ottenuto soprattutto attraverso la sottrazione del colore e dei forti contrasti. Nella maggior parte delle immagini la grana della pelle e dei vestiti si fonde con la carta, mentre le singole figure sono quasi trasparenti, immerse nello sfondo con il quale formano un tutt’uno. Questo effetto viene accentuato dall’artista attraverso vari dettagli creati con gli strumenti digitali: l’ingiallimento e le macchie, le lacerazioni e i fori presenti si diffondono dalla carta alla superficie dei corpi. Lo spettatore non può più distinguere tra i frammenti originali e quelli ricreati con l’aiuto delle nuove tecnologie o tra la superficie della pelle e la carta.
Anche nel suo ultimo ciclo Kusterle esplora il sottile confine tra realtà e finzione, completamente cancellato con la comparsa dei programmi digitali. D’altra parte, le sue opere si riferiscono agli inizi della fotografia, soprattutto alla ricerca di Henry Fox Talbot, inventore del negativo, che ha consentito la riproduzione delle immagini fotografiche. In alcune opere Kusterle ha unito i positivi e i negativi in coppie per aumentare la tensione visiva, caratteristica della sua espressione fotografica con la quale costantemente induce ad una riflessione sull’identità della fotografia. La fusione del reale e dell’immaginario, dell’umano e dell’animale/vegetale, dell’animato e dell’inanimato, ovviamente, porta anche lo spettatore a cercare in scene ambigue nuovi significati che si possono legare sia al passato sia allo stato d’animo contemporaneo.