Mentre la città è presa d’assalto dalla moda in un caleidoscopio di eventi che fanno da apripista alla Milano Fashion Week, il Digital Culture Centre di Porta Venezia, guidato dalla visionaria Maria Grazia Mattei, presenterà un’esclusiva selezione di artisti. Questi talenti porteranno in scena opere site-specific dedicate all’importanza dei dati nell’era tecnologica e il loro ruolo cruciale nel contesto culturale.
A partire da mercoledì 20 settembre, nella Sala Immersiva del MEET si alza il sipario su “Understanding the Invisible. Intelligenza artificiale, tra memoria e nuove rappresentazioni”. L’esposizione coinvolgerà tre icone della cultura digitale e delle arti visive a livello internazionale, per portare alla luce nuove prospettive sull’intelligenza artificiale.
Conosciuto in tutto il mondo per i suoi capolavori di arte digitale, Refik Anadol lavora sui nuovi media ed è stato un vero e proprio pioniere nell’adozione estetica dell’AI. Il corpus di lavoro di Anadol affronta le sfide e le possibilità del nuovo millennio che l’onnipresente informatica ha imposto all’umanità. L’artista riscopre la definizione di essere umano nell’era del web3 creando ambienti immersivi che offrono una nuova percezione dinamica dello spazio. Interi edifici prendono vita mentre pavimenti, pareti e soffitti scompaiono all’infinito. L’estetica mozzafiato dei suoi lavori è generata da ampie fasce di dati e rende percepibile ciò che una volta era invisibile all’occhio umano.
Con “Renaissance Dream”, in esposizione al MEET, l’artista conduce alla scoperta delle tracce culturali lasciate dal passato. I dati rivelano relazioni, assonanze e dissonanze contenute nella produzione artistica di secoli precedenti. Testimonianze che sono le fondamenta di un patrimonio storico centenario, restituito a noi da Anadol con il linguaggio della contemporaneità.
Mauro Martino è uno scienziato e un artista che ha da sempre focalizzato la propria attenzione sull’esplorazione, la diffusione e la condivisione della conoscenza, intesa come bene comune. Martino usa l’AI per approfondire e migliorare la comprensione del mondo, trasformando qualsiasi tipo di informazione, sia essa visiva, acustica o semantica, in strumenti interattivi belli e semplici da usare. Creatore e direttore del “Visual Artificial Intelligence Lab” di IBM Research, l’artista italiano mostra al pubblico milanese la potenza di sistemi iper-intelligenti in grado di generare una summa dell’arte digitale. È un nuovo capitolo dinamico dell’immaginario virtuale che si è formato a partire dagli anni ’60. Martino prende questa storia e ne fa un’opera audiovisiva nata da organismi di machine learning e intelligenza artificiale.
Il terzo pezzo da novanta è Albert-László Barabási, scienziato ungherese che applica lo studio delle reti neurali, tecnologiche e sociali in un percorso di ricerca multidisciplinare. Dalla rivelazione della struttura del cervello al trattamento delle malattie usando la medicina di rete. Dalle nuove applicazioni informatiche in campo artistico a come funziona davvero la scienza. Con “The Art of Connection”, Barabási accompagna tutti nella dimensione di fenomeni complessi e, lavorando sui dati ed elaborando precisi modelli di rete, svela tutta la realtà che l’occhio e la mente umana faticano a decifrare.
L’evento del MEET mette in contatto tre opere iconiche centrate tutte sull’elaborazione dei dati – il DNA della nostra cultura – e mostra come i nuovi mezzi tecnologici possano rendere visibile ciò che apparentemente non risulta: relazioni, complessità dei fenomeni e cultura del passato.
L’esperienza della rassegna è aperta in tre slot orari da 80’ ciascuno, tra le 15 e le 19. La registrazione è pre-gratuita tramite link nel sito.