Maria D. Rapicavoli, Terra#1, 2020; opera installata presso Lungomare degli Eroi, Otranto per la mostra personale “Make This Earth Home”, Torre Matta, Otranto 2020 pietra leccese scolpita; 178x160x45 cm courtesy: l’artista foto: Raffaele Puce

“cijaru”: un nuovo progetto curatoriale made in Puglia

Intervista a Davide De Notapietro e Francesco Scasciamacchia ideatori di cijaru: il nuovo progetto curatoriale made in Puglia.

Si chiama “cijaru” il nuovo progetto curatoriale made in Puglia, ideato dallo storico dell’arte Davide De Notarpietro e dal curatore Francesco Scasciamacchia. Un progetto che già nel titolo rivela il suo profondo legame con il territorio pugliese (in dialetto salentino il termine “cijaru” indica lo spazio esterno all’aia) e che punta ad una valorizzazione del genius loci attraverso la produzione e la promozione dell’arte contemporanea ed alla decentralizzazione delle proposte artistiche. Il primo step del progetto è la mostra “Makethisearth home” di Maria Domenica Rapicavoli, visibile fino al 27 novembre nei riaperti e rinnovati spazi della Torre Matta di Otranto. Specializzata al Fine Art Goldsmiths College University di Londra e vincitrice dell’Italian Council 2019, l’artista catanese utilizza mezzi e materiali eterogenei per concettualizzare la realtà che la circonda con sguardo esteticamente raffinato e socialmente impegnato. Abbiamo incontrato Davide e Francesco, entrambi idruntini, per farci raccontare obiettivi, specificità e prospettive future del loro progetto.

Carmelo Cipriani. Quando nasce cijaru, perché e con quale visione?

Davide De Notarpietro e Francesco Scasciamacchia. Cijaru è nato un anno e mezzo fa quando tornati nel Salento decidiamo di fondere le nostre competenze professionali. Partendo dalla cultura materiale e immateriale della Puglia scegliamo di utilizzare l’arte contemporanea per rivisitare, rinterrogare e re-immaginare il modo in cui convenzionalmente è stata narrata la storia del territorio. Se da un lato cijaru nasce con l’idea di ripensare a modelli di vita personali e professionali, dall’altro punta ad invertire la geografia dei centri di produzione artistica contemporanea. Accentrata in grandi centri urbani globali, l’arte viene importata sul nostro territorio da città come Milano e Roma, nel contesto italiano, Berlino e Londra in quello europeo e infine New York in quello statunitense. L’idea di cijaru invece è quella di produrre in un luogo considerato periferico. L’obiettivo a lungo termine di cijaru è quello di ribaltare il pensiero dominante che posiziona la Puglia a sud in un senso verticale rispetto al nord e di riposizionarla orizzontalmente, ripensandola in un contesto geopolitico più ampio come il Mediterraneo.

C.P. Avete scelto di dare inizio al vostro progetto con la personale di Maria Domenica Rapicavoli. Come questa scelta combacia con l’ampio programma di cijaru?

D.d.N e F.S. Il lavoro di Maria D. Rapicavoli si contraddistingue per la rappresentazione di alcuni elementi estetici che servono da spunto di riflessione e indagine di fenomeni sociali, politici, economici e culturali di uno specifico contesto geografico. Attraverso l’utilizzo di vari media come la fotografia, il video, il film, la scultura e l’installazione, l’artista astrae dall’unicità di un soggetto, una storia e/o un materiale, per generare narrazioni geopolitiche e sociali di più ampio respiro. L’idea quindi di invitare Maria rispecchia la nostra posizione intellettuale. Vogliamo presentare l’arte contemporanea come un linguaggio da cui partire per disegnare immaginari sulla storia, sul nostro territorio, sulla geopolitica e sulla società. La visione dell’artista si combina perfettamente con la  posizione di cijaru che usa l’estetica non come puro mezzo di contemplazione ma linguaggio per aprire scenari non convenzionali sulla cultura materiale e immateriale del nostro territorio. Cijaru si è affidato ad un’artista del panorama internazionale, una donna di origini mediterranee che possiede sensibilità e affinità che ben si conciliano con la visione del nostro spazio no-profit.

C.P. Avete due percorsi formativi ed esperienziali differenti. Come confluiscono in un progetto unico?

D.d.N e F.S. L’idea è quella di invitare un’artista internazionale a ripensare la nostra storia caratterizzata dai continui scambi culturali, sociali e politici con l’altra sponda del mare, attraverso le tracce della cultura materiale. Grazie al modello curatoriale dei “travelling workshop” l’artista viaggia con noi per due settimane in Puglia alla scoperta del patrimonio storico artistico e delle tradizioni locali. In seguito grazie alle competenze di Davide, viene inviata all’artista una ricerca storico-artistica che gli restituisce il suo “diario di bordo”. Così è nata la mostra personale di Maria D. Rapicavoli nella Torre Matta di Otranto. Maria ha concettualizzato un percorso storico e immaginario che va dalla preistoria all’età romana di Otranto, tracciando una mappa intuitiva e immaginaria. L’artista presenta quattro installazioni site specific visitabili nella torre e quattro progetti d’arte pubblica sui lungomare della città e sulle mura dei fossati del castello. La mostra è stata realizzata utilizzando maestranze e materie prime del territorio come la terracotta dei ficuli salentini, la cartapesta leccese, la pietra leccese e la terra bauxite.

C.P. Dal progetto curatoriale alla produzione delle opere e all’organizzazione della mostra, con quale approccio metodologico portate avanti il tutto? 

D.d.N e F.S. L’approccio che abbiamo nella realizzazione dei nostri progetti è quello della ricerca storica. Quindi anche un progetto apparentemente convenzionale come la curatela di una mostra è il risultato di un processo teorico molto più ampio. La finalità di cijaru nel lungo periodo è la costruzione di un progetto di “scultura sociale” per citare Joseph Beuys, dopo aver intessuto relazioni sociali solide con i soggetti che già operano da anni sul territorio. Riteniamo sia necessario investire risorse e tempo per la realizzazione di un progetto “socially-engaged”, cosa che, dato il trend e l’attenzione rivolta verso queste pratiche, spesso non accade, fagocitandole in meccanismi di spettacolarizzazione e intrusione. Crediamo in questo tipo di progettualità solo quando hanno un reale impatto sul territorio. Per raggiungere questo obiettivo sono necessari anni di integrazione nel tessuto sociale, politico e economico del contesto in cui si opera.