Era il 2013 quando, alla Biennale di Venezia, Luca Vitone presentò Per l’eternità, un’installazione intensa e malinconica, un’opera che evocava assenza, memoria e resistenza. Attraverso questa creazione, l’artista affrontava il dramma dell’inquinamento da amianto, con particolare riferimento al caso dell’Eternit di Casale Monferrato. Quella Biennale ebbe il merito di orientare la sua visione sull’importanza del rapporto tra sguardo e percezione del paesaggio, inteso come luogo della memoria e spazio collettivo, in dialogo con i lavori di Luigi Ghirri e il suo Viaggio in Italia.
Era il 1986 quando la fabbrica Eternit di Casale Monferrato chiuse definitivamente, dopo aver operato dal 1907, producendo manufatti in cemento-amianto come tubature e coperture. Nell’immaginare quei luoghi e riportarli alla percezione collettiva, dovremmo chiudere gli occhi e sentire il vento soffiare leggero, portando con sé una polvere fine, quasi invisibile, che si deposita su finestre, davanzali, biciclette di bambini. Accadeva ogni giorno: i camion passavano, coperti da un telo sottile che non impediva alla polvere di disperdersi nell’aria mentre percorrevano le strade strette del paese. Venivano dalla fabbrica Eternit, caricati di sacchi e scarti di produzione, lasciando dietro di sé una scia impalpabile.

A cura di Francesca Guerisoli
Installation view at Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui

A cura di Francesca Guerisoli
Installation view at Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui

A cura di Francesca Guerisoli
Installation view at Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui
Ora siamo nel 2025 e, a Pescara, presso la Fondazione La Rocca, Luca Vitone presenta l’intero progetto nato in quella Biennale. Al centro vi è l’olfatto, il senso capace di rievocare ricordi, emozioni e relazioni intense. Tra le note di questo profumo, Vitone costruisce il profumo stesso del potere economico. Nel testo di sala viene descritta la scultura acromatica monolfattiva per l’eternità, composta su tre note: una nota di testa – rabarbaro svizzero essenza; una nota di cuore – assoluta di rabarbaro belga; e una nota di fondo – rabarbaro essenza Francia.
La Maestra Profumiera Maria Candida Gentile, in collaborazione con l’artista, ha composto questa profumazione in occasione della 55esima Biennale di Venezia con un intento preciso: abbracciare e addolcire chi annusa il profumo inizialmente, per poi provocare un senso di vuoto, il passaggio dalla testa al cuore, fino a trasformare l’odore in una percezione scomoda, un elemento che spinge ad allontanarsi, fino a disperdersi come polvere nel vento.
Per ottenere questo effetto, Vitone ha occupato l’intero spazio della Fondazione La Rocca, trasformando una grande stanza bianca in un ambiente immersivo e potente. Le luci fredde, forti e a tratti accecanti, ricreano un’atmosfera di spaesamento, sospesa tra l’aldilà, l’asetticità e la sterilizzazione. Una camera bianca che non contamina, in apparente contraddizione con ciò che quell’odore rappresenta: l’amianto, qui simbolo del potere economico.

Scultura acromatica monolfattiva su tre note. Nota di testa: rabarbaro svizzero essenza; nota di cuore: assoluta di rabarbaro belga; nota di fondo: rabarbaro essenza Francia.
Realizzato in collaborazione con Maria Candida Gentile.
Essenza e assoluta di rabarbaro, acqua, alcool, macchina erogatrice
Dimensioni ambientali.
Collezione Eric Guichard, Londra
Installation view at Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui

Scultura acromatica monolfattiva su tre note. Nota di testa: rabarbaro svizzero essenza; nota di cuore: assoluta di rabarbaro belga; nota di fondo: rabarbaro essenza Francia.
Realizzato in collaborazione con Maria Candida Gentile.
Essenza e assoluta di rabarbaro, acqua, alcool, macchina erogatrice
Dimensioni ambientali.
Collezione Eric Guichard, Londra
Installation view at Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui
La poetica di Luca Vitone, in questa mostra dal titolo per l’eternità. Premessa per una trilogia, curata da Francesca Guerisoli, si compone di elementi che raccontano aspetti sociali e antropologici del nostro tempo: anche di fronte a un pericolo noto, c’è sempre qualcuno disposto a voltarsi dall’altra parte per interesse personale.
Nella sala antecedente alla scultura olfattiva, troviamo una serie di opere: le nove fotografie per l’eternità (Casale), che riportano immagini di Casale Monferrato sovrastate dalla matericità del polverino, quella polvere sottile che si deposita, entra e trasforma. Le foto, coperte da polvere di cemento per simulare il passaggio dei camion, risultano sfocate, stantie e pesanti. Quasi iconica è la lastra di eternit incapsulata in resina epossidica in per l’eternità (Eternit), in cui l’artista rende senza tempo e senza contatto il materiale protagonista della tragedia. O ancora, in per l’eternità (Il venerdì) incornicia la copertina del giornale che dà il titolo all’opera, ritraendo un tetto in eternit. Infine, i collages di piantagioni di rabarbaro per l’eternità di Pescara, Santa Margherita Ligure, Genova, Milano e Venezia animano spazi che hanno respirato la scultura olfattiva dell’eternit: luoghi metafisici resi forzatamente reali, come piazze desolate in cui luci e ombre catturano l’attenzione e suggeriscono il significato dell’opera.

Polvere di cemento su stampa fotografica, 9 pezzi, 27,5 x 36,5, cm cad.
Edizione unica
Courtesy Galerie Rolando Anselmi, Roma
Installation view at Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui

Trittico, collage fotografico, 27,5 x 37 cm cad.
Edizione Unica
Courtesy Galerie Rolando Anselmi, Roma; Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui
In questa mostra emergono diverse riflessioni. Appena si entra, lo sguardo si posa su un’opera che l’artista ha realizzato su carta con acquerello di polvere per la Fondazione La Rocca: un ritratto dello spazio espositivo eseguito con polvere raccolta direttamente nel luogo, quella che si deposita quotidianamente sulle superfici e che, rimossa, viene subito sostituita da altra simile: così viviamo, così ci muoviamo negli spazi che attraversiamo. In qualche modo, questa opera diventa un mezzo per affrontare temi come la memoria, l’identità e il passare del tempo. La polvere raccolta da Vitone diventa simbolo della storia, delle tracce lasciate dalle persone e dagli eventi: autoritratti dei territori. Stanze, il titolo dell’opera, ha il compito di sollevare domande. Chiedi alla polvere potrebbe essere una delle risposte. John Fante, nel suo libro omonimo, evoca la transitorietà e la fragilità della vita, riflessioni che trovano eco nel lavoro di Vitone. Se nel romanzo lo scrittore Arturo Bandini lotta per trovare il suo posto nel mondo immerso in un paesaggio polveroso e desolato, Vitone usa la polvere come metafora per esplorare la condizione umana e l’effimera natura dell’esistenza.

Eternit, resina epossidica crystal, 59,5x 46 x 4 cm
Edizione Unica
Courtesy Fondazione per l’Arte, Roma; Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui

Acquerello di polvere su carta, 195×142 cm
Edizione Unica
Courtesy Galerie Rolando Anselmi, Roma; Fondazione La Rocca, Pescara
Foto di Iacopo Pasqui
Infine, questa è una mostra fatta di sensi nel quale la vista si confronta con luci accecanti nella grande stanza della scultura monumentale; l’olfatto si allena a riconoscere le note del rabarbaro, diffuso in tutto lo spazio della Fondazione La Rocca; il suono, nel video per l’eternità, accoglie chi attraversa la sala espositiva. Le testimonianze del luogo, i racconti delle persone, la paura del vento – ancrofobia – evocano la necessità di proteggersi da un pericolo invisibile, che non si vede ma si fa sentire.
Il profumo di rabarbaro descrive l’odore dell’eternit, un odore che potrebbe essere eterno non solo nella sua riproducibilità, ma anche nella sua conservazione, poiché quando materiali organici e inorganici si mantengono in buono stato non si modificano: lo è un profumo, lo sarebbe l’eternit. Allo stesso modo, se un profumo rappresenta l’immaterialità nella sua essenza e nel suo vagare nell’aria, la scultura di Luca Vitone si configura come un dipinto, apparentemente bianco, in cui l’odore di una profumazione diventa scultura e lo spazio è libero da ogni altro elemento, lasciando che siano le persone, muovendosi tra le note di rabarbaro, a trasformarlo in un evento da ricordare: immateriale come un profumo, pervasivo come la memoria.