CHEAP torna ad occupare lo spazio urbano di Bologna con il nuovo intervento di arte pubblica TETTE FUORI, un’idea talmente intrisa di attivismo da esser stata immediatamente fermata dalla censura del nostro tempo: quella degli algoritmi dei social network.
Facciamo un passo indietro: era il 2012, Bologna e l’Emilia Romagna erano state letteralmente smosse dal terremoto, con conseguenze inattese, tra cui quelle legate alla caduta delle certezze – e pensare che non avevamo ancora visto nulla – in quel frangente, 6 donne hanno dato vita ad un progetto CHEAP, un collettivo, una associazione che ha scelto lo spazio metropolitano come luogo sperimentale di ricerca attraverso l’affissione, attraverso la carta blue back dei manifesti, la cui sola certezza ontologica, concettuale e comunicativa è la brevità, il suo essere apparato effimero. Eppure, nella sua brevità, il manifesto ha il compito di colpire lo sguardo del passante, trafiggere, in un certo senso, la coscienza del passante, diventare memorabile oggetto di immaginario collettivo. Il marketing si fonda su queste regolette.
Ma cosa accade se le stesse regole vengono adottate da un collettivo di attiviste, curatrici, artiste, molto vicine alle posizioni antifasciste e femministe, che, attraverso call per artisti e la formula di un Festival murale, imprime nello spazio cittadino istanti di squarci sul reale? Sfonda il muro dello stagnante status quo sulle questioni di genere, su quello che, da generazioni, accettiamo in maniera cieca, silente e sorda? Accade che un antifascista, una femminista, od anche semplicemente, un uomo, una donna, anzi, un individuo, una persona, si sentano meno soli in strada, dove il tourbillon del nulla continua ad incatenare coscienze obnubilate. Perché di fronte ai manifesti di CHEAP tutto si ferma, mentre corre. È un ossimoro, certo, voluto, una provocAzione, un rebus ed un esercizio per allenare l’intelligenza attiva.
Solo che non tutti la pensano così. Né in città né online. Ogni volta che CHEAP attiva un nuovo intervento, non manco mai all’appuntamento, per cercarlo nelle principali arterie di Bologna, per fotografarlo, diffonderlo e farlo mio, in un certo senso, piccolo collage di una cartografia soggettiva, in grado di aiutarmi a riflettere sul mio passato, sul mio presente ma anche su quello che ancora ho da compiere e so che, per moltissime altre persone, in città, è lo stesso.
L’ultima call, lanciata nel 2021 esordisce con questo concept: “Quello che ti chiediamo è un movimento immaginifico teso verso una possibilità anche se improbabile, ben nutrita di desideri come di timori, piena di dettagli e di approssimazioni – in altre parole, un movimento immaginifico verso il futuro.” Ed in attesa del festival, intanto Bologna (in zona) rossa si veste di un atto di svestimento: TETTE FUORI, formalizzato da grafiche, foto, testi e claim tradotti in manifesti che hanno come soggetto i seni delle donne. Un progetto di curatela attivista in collaborazione con School of Feminism, la piattaforma internazionale che si occupa di creazione di contenuti grafici e attivisti, che fa ritorno a Bologna a due anni dal progetto Ringrazia una femminista.
‘Lui è il Soggetto, l’Assoluto. Lei è l’Altro’ sanciva Simone de Beauvoir in Le Deuxième Sexe, nel 1949. Ed oggi pare che il mondo non abbia fatto molti passi avanti.
TETTE FUORI si pone – e pone a noi cittadini – alcuni quesiti: “Quando il petto di una bambina diventa seno? Perché si può mostrare il seno di un uomo ma non quello di una donna? Una donna senza seno è meno donna? Quando il seno di una donna trans diventa una tetta che è proibito mostrare? Perché sui social network si censurano i capezzoli delle donne e non quelli degli uomini? Perché sulle copertine delle riviste o nelle pubblicità vengono mostrati seni di donne iper sessualizzati ma è un problema il seno di una donna che allatta un* bambin*?”
Domande che, in verità, i social network – dove pure si consuma molta della pornografia 5.0 o si propone come prediletta piazza degli adescamenti della pedofilia – locus amoenus dell’egotismo e della malizia prodotto attraverso il coraggio del nascondimento, non si pongono, anzi censurano, per algoritmo. Senza distinzione. A molti di voi sarà capitato di esser bloccati dalle piattaforme social per aver pubblicato opere d’arte contenenti immagini di nudo e bollate come ‘non conformi alle direttive aziendali’ e di inviare mail alla piattaforma cercando di spiegare l’ABC della Storia dell’Arte, mentre qualche post in là qualcuno inneggiava a neofascismi o, con parsimonia di pizzi e merletti, frasi a doppio senso e allegre metafore da Bar Sport anni ’70, ancora adunava folle di ridenti e gaudenti homo sapiens. Sì, nello stesso luogo in cui TETTE FUORI di CHEAP viene oggi censurato. Vi prego, lettori, non fingiamoci sorpresi. Sappiamo tutti e tutti abbiamo compreso come funziona. Finché la soubrette – ma di usa ancora questo lemma? – ritento, finché è l’influencer di turno ad apparire seminuda per pubblicizzare una linea di swimwear e underwear, nonostante la spettacolarizzazione del corpo oggetto ma dedito a far girare teste ed economie, è tutto nella norma, allorquando il corpo femminile però, di sua sponte, decide e sceglie di farsi veicolo di una libertà non acquisita ma naturale, i meccanismi scricchiolano, talvolta cedono. “Il decoro!” “Scandalo!” “I nostri figli non possono guardare queste sconcerie!” – signora mia, sapesse quanto i suoi figli conoscono il mondo del piacere meglio di quello che Lei ha mai potuto immaginare, ma continui pure a far il gioco della censura, si figuri, mentre magari a tavola afferma con suo marito che sono scandalosi anche gli sbarchi di immigrati –
CHEAP si chiede in che modo, oggi, sia possibile e necessario affrontare il tema “dell’iper sessualizzazione del corpo delle donne ad opera del male gaze, la censura del nudo femminile nello spazio pubblico” reale o digitale. La riflessione ricade sull’esigenza delle donne – ma anche dell’intera società – di accedere ad una riappropriazione politica, filosofica “e desiderante del proprio corpo” . Solo nel 2020 l’artista canadese MissMe aveva presentato a Bologna, sempre per CHEAP il progetto La lotta è FICA , ea ritroso, moltissimi artisti hanno preso parte a questa lotta culturale che parte dalla strada per arrivare a smuovere il pensiero fin su negli ovattati piani alti.
TETTE FUORI, oggi, si affida e trasmigra su manifesto temi presenti nel libro “Pechos Fuera, edito nel 2020 in Spagna da Zenith: un testo in cui School of Feminism riprende in esame la rappresentazione dei seni nella storia dell’arte e della comunicazione visiva più contemporanea, accompagnandola da una riflessione politica, sociale e iconografica”, si legge nel comunicato ufficiale di CHEAP. Anche stavolta l’intento è quello di scompaginare processi e dinamiche che ci hanno assuefatto da millenni e con cui il mondo maschile tenta, ahinoi, riuscendoci troppo spesso, di accontentarci con piccoli quanto inutili gesti, formali, informali, politici, burocratici ma mai filosofici.
TETTE FUORI risponde incoraggiando l’autodeterminazione, stravolgendo i banali e patetici sistemi di censura afflitti al seno femminile, secondo una sequenza corale di racconti che generano un punto di vista non conchiuso, semmai il contrario, capaci di rimettere in discussione – e distruggere – atavici stereotipi che hanno abusato degli archetipi per aggirarne il senso, traducendoli in una chiusura\clausura sessista, accettata per dovere. TETTE FUORI accede alla volontà di rottura degli schemi attraverso “la liberazione dei capezzoli” e mi sembra ancora di sentire l’eco delle parole di Simone de Beauvoir quando, a proposito di Sof’ja Tolstaja, scrittrice russa moglie di Lev Tolstoj, nel 1961 affermava: “Che abbia avuto torto o ragione non cambia nulla all’orrore della sua situazione: per tutta la vita non ha fatto che subire, in mezzo a recriminazioni continue gli amplessi coniugali, la maternità, la solitudine, il modo di vivere che il marito le imponeva. […] non aveva alcuna ragione positiva di far tacere i suoi sentimenti di rivolta e nessun mezzo efficace per esprimerli.”
Ora vado, TETTE FUORI è in strada che aspetta, nuovi occhi, nuove liberazioni.
TETTE FUORI
Bologna, marzo 2021
Ph. Credits Margherita Caprilli
CHEAP | street poster art
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