Arco Madrid 2025
Carlana Mezzalira Pentimalli, Biblioteca Civica, 2021, Bressanone Ph Marco Cappelletti

Architetture recenti in Alto Adige 2018-2024. Il KUNST MERAN interroga il territorio

Kunst Meran con la Fondazione Architettura Alto Adige e al Südtiroler Künstlerbund, è tornata, per la quarta volta, ad interrogare il territorio attraverso un progetto di mostra e di editoria, seguendo la geometria variabile dell’architettura, o meglio delle ‘Architetture recenti in Alto Adige’ con la curatela di Filippo Bricolo, che abbiamo raggiunto per una intervista sull’esposizione, aperta al pubblico sino al 16 febbraio 2025.

Filippo Bricolo, Ph © Pietro Savorelli

Azzurra Immediato: L’architettura come specchio del cambiamento, rivela un Alto Adige quale territorio in cui la storia e il paesaggio sembrano dettare i ritmi della forma. Tuttavia, negli ultimi anni, quali trasformazioni inattese – culturali, sociali o ambientali – hanno trovato un riflesso nell’architettura locale, e quali hanno sorpreso anche lei come curatore?

Filippo Bricolo: Una bella domanda ma non è facile rispondere. La mostra Architetture recenti in Alto Adige è arrivata alla quarta edizione (2000-06, 2006-12, 2012-2018, 2018-2024) l’orizzonte di osservazione è giunto quindi a 24 anni un quarto di secolo. Si tratta di un caso unico in Italia di un territorio che si osserva criticamente. A partire dalla prima pioneristica edizione molte cose sono cambiate: nelle prime edizioni le diverse identità delle vallate erano molto leggibili. La mostra ed il catalogo raccontavano proprio questa lettura geografica. Parliamo di un momento storico dove la comunicazione di architettura era prevalentemente cartacea e non diffusa come oggi attraverso la rete. Negli ultimi anni la comunicazione con l’esterno e quindi le influenze sono state sempre maggiori e più forti. Inoltre, sono attivi in Alto Adige anche architetti e studi di architettura che non sono nativi di questi luoghi. Tutto questo ha comportato delle mutazioni anche forti nelle scelte architettoniche, ma la cosa che stupisce e che nonostante queste immissioni e nuove influenze appare sempre leggibile un forte senso di appartenenza, una riconoscibilità dell’Alto Adige, una riconoscibilità che non è formale o di facciata ma più profonda, più difficile da definire con chiarezza ma evidente con grande forza. La mostra vuole raccontare proprio questa permanenza.

A.I.: La giuria internazionale – uno sguardo lontano eppur vicino – ha esplorato il territorio e i suoi progetti con occhi nuovi. Quali elementi dell’architettura altoatesina sono risultati più enigmatici o affascinanti per gli esperti? E quali sorprese ha riservato loro questo paesaggio unico, che unisce tradizione alpina e visione contemporanea?

F.B.: La giuria era composta da me e da Elisa Valero ed Annette Spiro, persone con provenienza culturali e geografiche diverse. Ognuno di noi ha visto delle cose diverse che sono state descritte nei saggi che sono presenti in catalogo. E’ stata un esperienza importante proprio per il confronto e l’unione di questi sguardi eterogenei. Quello che abbiamo visto ci ha spinto a cercare un nuovo modo di lettura per vedere se era possibile una lettura critica che permettesse di entrare dentro questo mondo. Dopo aver selezionato le opere abbiamo visto che erano leggibili delle famiglie di opere e che le stesse si potevano in qualche modo mettere insieme in gruppi. Abbiamo anche pensato che questa unione in famiglie poteva dire a sua volta qualcosa e magari suggerire un nuovo sguardo, una nuova lettura. Così sfogliando il catalogo e muovendosi per la mostra si incontrano questi gruppi di opere in dialogo tra loro ed i visitatori ed i lettori sono invitati dentro l’architettura.

A. I.: Tradizione e audacia paiono guidare il percorso; molti progetti esposti, come quelli dedicati al recupero architettonico o all’architettura naturans, sembrano fondersi perfettamente con il territorio, ma non senza un tocco di audacia. Qual è, secondo Lei, il segreto per realizzare interventi che rispettano la memoria storica senza rinunciare a un approccio radicale e innovativo?

F.B.: Non penso che ci siano segreti o ricette particolari da proporre o da esportare, credo che in questo territorio si sia fatto un grande lavoro da parte degli architetti che per molti anni hanno lavorato assiduamente e con intensità sui tavoli da disegno, nei cantieri ed anche nell’analisi critica di quanto fatto. Basti vedere lo straordinario lavoro della rivista Turris Babel che registra ed analizza da molti anni questo processo evolutivo. Tutte  queste cose hanno agito insieme in maniera dialogica ed integrata riuscendo infine a determinare  un microclima culturale adatto alla germogliazione di un’architettura contestuale ma anche sperimentale, razionale ma anche onirica e poetica in grado per questo di dialogare con gli esseri umani.

A. I.: L’allestimento della mostra concentra l’attenzione sulla domanda iniziale: ‘Esiste un’architettura dell’Alto Adige?’. Quanto è importante che lo spazio stesso sia un mezzo critico e simbolico? E come spera che questa scelta influenzi la percezione del visitatore?

F.B.: Le mostre di architettura specialmente quelle legate ad catalogo pongono solitamente le architetture in serie, in una sorta di sequenza che genera una fastidiosa ripetitività perché riduce la percezione delle diversità e la lettura delle diverse storie. Non volevamo che questo accadesse per questa mostra. Volevamo che ogni opera avesse uno suo spazio, che avesse un suo ambito dove poter esprimersi e parlare. Allo stesso tempo volevamo che si vedessero le diverse famiglie e che fosse chiaro che tutte queste famiglie erano unite da una sorta di comune e forte genealogia. È nata così l’idea di usare un unico dispositivo in legno che potesse essere assemblato in tanti modi diversi quante sono le famiglie di progetti. Su questo palinsesto le opere sono poi state posizione su dei pannelli sempre con posizioni diverse grazie anche al lavoro intenso dello Studio Granit che ci ha accompagnato nello sviluppo del catalogo e della mostra. Speriamo che questo allestimento in qualche modo interroghi i visitatori provocando una sorta di attivazione, l’innesco di uno sguardo più consapevole.

La mostra Architetture recenti in Alto Adige 2018-2024 non è un semplice repertorio di opere, né una ricognizione stilistica: si configura piuttosto come un dispositivo ermeneutico, un atlante critico capace di intercettare le filigrane di un’identità architettonica che sfugge a ogni tentativo di codificazione rigida. La curatela di Filippo Bricolo opera per decantazione, isolando e stratificando significati, restituendo all’architettura il suo ruolo di pratica culturale che si dispiega nel tempo e nello spazio, tra persistenze e discontinuità.

Il ricorso a una tassonomia per famiglie non risponde a un’esigenza classificatoria, ma si offre come una struttura euristica, un metodo per illuminare le intersezioni tra memoria e progetto, tra sedimentazione storica e tensione speculativa. L’architettura qui non è mai solo forma, né mera risposta funzionale: è misura del paesaggio, arte del costruire che si nutre di una relazione osmotica con la materia, il contesto e la comunità. La scelta curatoriale, nell’evitare ogni rigidità dogmatica, consente di cogliere l’architettura come fenomeno poroso, attraversato da istanze ambientali, sociali ed estetiche che ne ridisegnano continuamente i confini.

L’allestimento stesso rifugge la convenzionalità espositiva, sostituendo alla sequenza documentaria una grammatica spaziale mobile e interrogativa. Il visitatore non è mero spettatore, ma interprete, chiamato a muoversi tra le opere come tra le pagine di un testo aperto, nel quale ogni progetto si rivela nodo di una rete più ampia di relazioni. Così, la domanda iniziale ‘Esiste un’architettura dell’Alto Adige?‘ non trova risposta in una sintesi definitiva, quanto, semmai, in un intreccio di risonanze e divergenze, in una coralità di linguaggi che raccontano l’irriducibile complessità del costruire contemporaneo.

Architetture recenti in Alto Adige 2018-2024
Installation view Ph © Luca Guadagnini

Architetture recenti in Alto Adige 2018-2024
a cura di Filippo Bricolo
Kunst Meran | Merano Arte
Via Portici 163, 39012 Merano
27.10.2024 – 16.02.2025
Martedì-sabato: 10-13 | 15 -17
Domenica e festivi: 11 – 13 | 15 – 17
info@kunstmeranoarte.org | www.kunstmeranoarte.org

Azzurra Immediato

Azzurra Immediato, storica dell’arte, curatrice e critica, riveste il ruolo di Senior Art Curator per Arteprima Progetti. Collabora già con riviste quali ArtsLife, Photolux Magazine, Il Denaro, Ottica Contemporanea, Rivista Segno, ed alcuni quotidiani. Incentra la propria ricerca su progetti artistici multidisciplinari, con una particolare attenzione alla fotografia, alla videoarte ed alle arti performative, oltre alla pittura e alla scultura, è, inoltre, tra primi i firmatari del Manifesto Art Thinking, assegnando alla cultura ruolo fondamentale. Dal 2018 collabora con il Photolux Festival e, inoltre, nel 2020 ha intrapreso una collaborazione con lo Studio Jaumann, unendo il mondo dell’Arte con quello della Giurisprudenza e della Intellectual Property.