La personale Ponyboy di Andrea Frosolini, co-fondatore dell’artist-run space indipendente romano Spazio in Situ, conclusasi recentemente a Curva Pura – ove ora ha inaugurato la mostra Brahma il grande respiro di Alberto Parres, con la curatela congiunta di Nicoletta Provenzano con Alice Falsaperla – lascia il segno attraverso le parole dell’artista che lega la sua poetica a un’indagine che scava profondamente le radici socio-culturali di genere italiane.
In dialogo con l’artista Andrea Frosolini…
LC. Maschile e mascolinità. L’esposizione Ponyboy è tesa a una ri-attualizzazione di un’ampia terminologia impressa nei dizionari di lingua italiana e nella nostra cultura. Solamente una parte ristretta di popolazione italiana, è consapevole – per aver sostenuto studi classici – della sapienza greca e del suo argomentare il maschile e il femminile con declinazioni e paradigmi fluidi che la nostra società sta rivendicando per una libertà di espressione e di esistenza improntati a scomporre quei costrutti sociali e stereotipati ormai stretti.
AF. Per me, parlare di maschile e mascolinità va infatti oltre la divisione che la nostra società sembra mettere in primo piano di un dialogo molto acceso sulla rivendicazione di se e della propria identità.
È più un modo per discutere di un gioco di potere che si inverte continuamente, in cui la figura dominante e sottomessa si scambiano e mutano. Un gioco di ruolo che descrive un atteggiamento di “supremazia” e forza ostentate, una modalità di interfacciarsi con il mondo con poca curiosità, un “machismo” legato all’essere umano in generale, che nasconde molta insicurezza. Difatti, il centauro è un pretesto per raccontare questa rabbia repressa, questa forza che diviene solo un elemento estetico, al fine di disegnare una personalità avatar che nasconde una fragilità legata proprio allo stereotipo.
LC. Hai impiegato l’espressione “gioco di potere” con due figure, quelle del dominatore e del dominato. In cosa individui le sue radici?
AF. Penso che la personalità umana sia legata in maniera inscindibile al gioco di ruolo. Tutta la nostra identità gira intorno a quello che l’altro percepisce di noi e viceversa. Le figure del dominato e del dominatore sono degli archetipi, forse proprio i due poli della personalità umana e, al contrario di quello che possa sembrare, spesso si invertono di valore. Penso che la figura del “sottomesso” o del dominato, comunque abbia in se un grande potere. In questo caso, utilizzo tale simbologia, che spesso è legata alla sfera erotica, per descrivere un ambito più ampio. Il sottomesso, colui che subisce, detiene un grande potere di controllo della situazione e di ciò che riceve. Al contrario, il dominatore deve sottostare ad una serie di regole e limitazioni, per cui il proprio potere risulta per certi versi quasi fittizio, un gioco.
Nel gioco di ruolo si decide quali siano i valori ed i limiti di ogni potere.
È un po’ come nella costruzione contemporanea dell’immagine, il potere della superficie e del contenuto si invertono continuamente, tanto che spesso è difficile distinguerli.


ph. Giorgio Benni
L.C. Nell’esposizione, ci sono chiari riferimenti all’estetica dell’apparire e della superficie.
La superficie è ciò che percepiamo immediatamente con i sensi e può corrispondere alla forma-immagine, alla superficie-apparenza, celando il contenuto che è verità essenziale. Eppure, secondo Deleuze, per pensare la superficie non si deve far necessariamente riferimento alla metafisica del fondo. Inerente è la citazione deleuziana di M. Tournier: “strano pregiudizio che valorizza ciecamente la profondità a scapito della superficie, pretendendo che superficiale significhi non già di vaste dimensioni, bensì di poca profondità, mentre profondo significa di grande profondità e non di superficie ristretta”…
A.F. Penso che, nell’era dell’immagine dove l’identità spesso si gioca tra il riflesso e il riflessivo, ridurre la superficie a mera apparenza equivale a una semplificazione che svuota proprio quel contenuto che vorrei difendere come essenziale.
La citazione di Tournier smonta l’automatismo del pregiudizio che oppone profondità e superficie e rivela una verità tanto scomoda quanto liberatoria: la superficie è profondità. E’ un campo di forze dove la verità si mostra nella sua forma visibile, mutevole, ambigua, eppure assolutamente reale.
L’essere umano è per natura attratto dalla superficie, il volto, lo sguardo e il gesto sono tutte superfici piene di significato, non riducibili a un “dietro” più autentico.
Per me, scegliere di pensare la superficie non è una rinuncia al senso, ma un atto di apertura. È riconoscere che ciò che appare non è sempre e solo inganno, ma presenza.
Non si tratta di scegliere tra l’apparenza e l’essenza, ma di capire che l’essenza, oggi più che mai, si manifesta attraverso l’apparenza. E forse, come suggerisce Deleuze, la vera profondità è quella che sa stare in superficie.


ph. Giorgio Benni
L.C. Se la superficie è profondità e campo di forze in cui la verità si mostra nella sua forma visibile, mutevole, ambigua, seppur reale, come ne rispondono le macchine-opere esposte in mostra?
AF. Le macchine di Ponyboy sono un elogio a questa superficie significativa e significante.
Come spesso avviene nella mia ricerca, la posizione critica rimane paradossale ed ambivalente modalità che mi aiuta ad essere imparziale, o quasi, rispetto ai contesti che vado a considerare.
Nella mitologia della mostra, le opere sono una grande superficie di contestualizzazione del reale, e la figura assente – che dovrebbe animarle – è uno specchio di questa modalità.
Questo ibrido uomo-bestiale è duale su vari livelli, quello sociale, quello culturale, quello di genere e quello sessuale/erotico. È, in qualche modo, un esempio dell’uomo contemporaneo, in cui talvolta mi rispecchio. Queste macchine sono sia il soggetto, sia il suo strumento, fondendosi tra loro, con il contesto sociale che le disegna e con me, che ne sono ideatore e “consumatore”, allo stesso tempo.
Un gioco di ruolo che si ribalta continuamente, lo schiavo ed il suo padrone, il cavallo ed il fantino, la superficie ed il contenuto.


ph. Giorgio Benni
PONYBOY
Andrea Frosolini
A cura di Nicoletta Provenzano
Curva Pura – Via Giuseppe Acerbi 1A-Roma
Aperto il giovedì dalle 18.30 alle 21.00 e altri giorni su appuntamento
Mail: curvapura@gmail.com
Tel: 3314243004