Al Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze, lo scorso 23 ottobre, Wang Hongliang ha ricevuto il Premio Michelangelo per aver creato un itinerario creativo capace di coniugare tradizione e innovazione utilizzando il filo sottile di una sperimentazione mai paga, aperta a tecniche, a materiali di varia estrazione e natura.
Consegnatogli dal Direttore del museo Timothy Verdon (storico dell’arte formatosi alla Yale University) e dal Presidente della International Sculptors Association, Francesco Roviello, il premio testimonia la forza creativa di un uomo che ha attraversato la poetica del realismo cinese e l’ha legata a robuste influenze di stampo neoclassico, romantico, decadentista, con un ritmo a volte complesso e sinfonicamente articolato.
Conferitogli appunto per il contributo apportato nel campo della scultura, con un approccio innovativo che è capace di inclinare il tessuto culturale del passato alle esigenze del presente, il premio è anche un’amplificazione mediatica della splendida personale dell’artista organizzata negli spazi della casa museo Hendrik Christian Andersen di Roma dove, fino al prossimo 19 gennaio 2020, le sue opere dialogano con quelle dello scultore statunitense, anche se di origini norvegesi (Andersen era nato infatti a Bergen il 17 aprile 1872) per dar vita a un confronto, a un discorso di stampo celebrativo (Hongliang ha realizzato opere per il Memorial Hall of Anti-Japanese War, Memorial Hall of Liu Hulan, Memorial Hall of Shashiyu), a un processo capace di trasformare l’occasione del tempo in spazio plastico integrativo.
Con le opere esposte al Museo Andersen, Wang Hongliang (Hongliang è tra l’altro docente di Scultura nell’Academy of Arts & Design, Tsinghua University) pone infatti al centro dell’attenzione un percorso che si nutre tanto di influssi occidentali (non dimentichiamo che Hongliang è docente di Scultura all’Academy of Arts & Design della Tsinghua University), quanto di forme e formule recuperate necessariamente dalla storia culturale e spirituale del suo paese – nei suoi lavori troviamo la Cina di Wu (imperatore della dinastia Han, conosciuto anche col nome di Han Wu il Grande), quella filosofica e spirituale con Lao Tzi e Fuzi (Confucio), quella rivoluzionaria e politica di Mao Zedong o anche il popolo, i lavoratori, gli operai, soldati morenti, meste figure femminili – trattate con eleganza per disegnare (evocando) una nuova via da seguire, un nuovo infinito che parte dal finito della forma.
«Spero di riuscire nell’intento di usare la scultura per esprimere la lunga storia e l’eccellente cultura della nazione cinese e in tal modo plasmarne la storia», ha suggerito l’artista. «Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese, mentre il prossimo ricorre il cinquantesimo anniversario dell’instaurazione di relazioni diplomatiche tra Cina e Italia. In questo momento speciale, su invito della direttrice del Museo Andersen, la mostra acquista un significato particolare».