Dal 26 aprile al 26 maggio, la chiesa dell’ASP Beata Lucia si trasforma in uno spazio di riflessione e rivelazione: un tempo istituzione fondata nel XVIII secolo, dedicata all’accoglienza e alla cura di neonati abbandonati e di donne in difficoltà. Intitolato alla Beata Lucia Broccadelli, mistica domenicana originaria di Narni vissuta tra il XV e il XVI secolo, l’istituto ha rappresentato per secoli un punto di riferimento fondamentale per la comunità locale.

L’artista si insinua tra gli interstizi delle stanze dell’ex brefotrofio con l’intento di portare alla luce le contraddizioni di una coesistenza tra speranza e crudeltà, desiderio di cura e negazione dell’infanzia, possibilità e diritti soppressi. La narrazione tiene conto del dramma vissuto da quei bambini abbandonati e della loro ostinazione a trasformare l’abbandono in riscatto. Per farlo, Urso compie un’attenta ricerca storica tra gli archivi fotografici dell’istituto, selezionando immagini significative, alcune delle quali sono collocate a terra come reliquie di un passato doloroso, bloccate nel movimento da grandi massi. Da qui il titolo ossimorico Tutto il peso del cielo, che esalta la leggerezza e la trascendenza di un cielo gravato dalla realtà materica, dalla durezza di una condizione imposta.
Su quelle immagini vegliano tre piccoli volatili imbalsamati, rivolti verso una finestra come sul punto di prendere il volo, ma imprigionati in un’inerzia senza tempo. Uno svetta su una colonna di marmo al centro della sala, carico di un’aura sacra; un altro giace su un altare; il terzo si posa su una minuscola acquasantiera, svuotata dell’acqua benedetta e riempita di semi: offerta vana di nutrimento, che ne svela l’inutilità.

Partendo dalle storie di vita custodite in questo luogo, la mostra pone al centro l’infanzia, come ricorda Valentina Purgatorio nel testo critico: “È evocativo, ma indubbiamente meno piacevole, pensare alle vite dei bambini che non sono stati voluti, che sono stati esposti alla ruota della vita ancora in fasce, scartati dalla possibilità di poter camminare sentieri senza buche. Ed ecco che, proprio in questa antinomia dell’esistenza, si inseriscono la leggerezza ed i macigni, in un gioco d’altalena che non sa come fermarsi.”
Come suggerisce Purgatorio, il gioco irrompe nella scena come una breccia lieve nella trama della sofferenza. Urso posiziona una fionda — strumento insieme ludico e colpevole — nel buio del confessionale; accanto a uno dei volatili, un puzzle tratto da una fotografia d’archivio, con alcuni pezzi mancanti. Il gioco non è mai solo gioco, ma nemmeno il dolore è soltanto dolore: è una coesistenza di frammenti caduti e ricomposti, nella scia di una memoria che conserva le sue contraddizioni.

L’artista, pur costruendo la mostra a partire dalla memoria di un luogo, sembra rivolgersi soprattutto a uno spazio interiore e spirituale, che supera i confini fisici della chiesa. Il visitatore è così invitato a conoscere una storia spesso dimenticata e a compiere un viaggio dentro la propria infanzia, perché, in fondo, non esiste infanzia senza mancanza. Come afferma il curatore Lorenzo Rubini: “Tutto il peso del cielo è un dialogo tra memoria e materia, un’evoluzione poetica di ciò che rimane quando il volo si interrompe.”
Alex Urso
Tutto il peso del cielo
a cura di Lorenzo Rubini
26 aprile – 26 maggio 2025
Chiesa dell’ASP Beata Lucia
Piazza Galeotto Marzio – Narni (TR)