Tracey Emin, Sex and Solitude, Palazzo Strozzi, Firenze, 2025. Photo Ela Bialkowska, OKNO Studio © Tracey Emin. All rights reserved, DACS 2025.

Tracey Emin, Sex and Solitude

La grande mostra di Tracey Emin, Sex and Solitude presentata a Firenze, a Palazzo Strozzi, sta per chiudere i battenti (20 luglio 2025)

Sex and Solitude è la prima personale allestita in Italia in una sede istituzionale dell’artista britannica Tracey Emin (Londra 1963) nota a livello internazionale, invitata, tra l’altro,  alla Biennale di Venezia del 2007 a rappresentare il suo paese. L’esposizione curata da Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, propone un percorso di notevole valore espressivo, collegato ad oltre trentacinque anni di attività di Emin, con oltre sessanta opere relative a varie stagioni che con intensità e talora, in modo potente, ripercorrono la sua parabola creativa.

Disegno, pittura, scultura, ricamo, installazione caratterizzano la mostra, segno della multiforme creatività, della padronanza delle varie tecniche nonché  dello spessore intenzionale di tematiche che vibrano di momenti autobiografici dell’artista, ma che al contempo li oltrepassano nell’espressione di tensioni, perdite, cadute e rinascite che riguardano più in genere l’essere umano.

Sex and solitude, il titolo della rassegna scritto a neon, campeggia sulla facciata principale del palazzo a individuare due momenti del vivere in relazione e distanti dalla forte matrice personale che il visitatore incontrerà nel percorso espositivo, esplicitabili in  emozioni forti, senso di inquietudine, disagio e adesione. Le tematiche affrontate, ancor prima dell’espressione artistica e con essa, portano l’osservatore a cogliere dinamiche che dal particolare abbracciano più in generale l’esistenza umana. Ed ecco che lo scopo di Emin, ovvero quel “ voglio che le persone provino qualcosa quando guardano il mio lavoro” può dirsi totalmente raggiunto. È difficile ignorare la gamma di sentimenti e di vulnerabilità che la mostra suscita e con essa il ricordo ben chiaro di altri maestri che nella loro ricerca hanno esplorato tematiche simili, artisti quali, fra gli altri, Edvard Munch ed Egon Schiele, amati da Emin e anche Louise Bourgeois, per quanto riguarda il patrimonio individuale di momenti vissuti e trascesi attraverso il linguaggio. 

L’esposizione di Emin nei due concetti espressi dal titolo ha da una parte il sesso come soggetto principale, considerato attraverso l’immagine del corpo  depositario di memorie a livello psicologico e fisico, ma al contempo quella che appare come una sessualità dilagante è superata nei lavori più recenti da qualcosa di più importante e attualmente sentito, ovvero  dall’amore, come dichiara la stessa artista, aspetto più ampio e profondo di approccio alla vita; dall’altra la mostra parla di  solitudine che è secondo Emin  “ uno dei sentimenti più intensi e meravigliosi. È come comprendere – afferma – la natura , il tempo, entrare in sintonia con me stessa; essere completa da tutti i punti di vista: mentale, fisico ed emotivo”. E come poi aggiunge, la solitudine da lei preferita è quella della pittura, della scrittura, del pensiero.

Tracey Emin, Sex and Solitude, Palazzo Strozzi, Firenze, 2025.
Photo Ela Bialkowska, OKNO Studio © Tracey Emin. All rights reserved, DACS 2025.

Ed è proprio riguardo alla “solitudine della pittura”, la stanza ricostruita all’interno della mostra, dal titolo “Exorcism of the last painting / ever made” del 1996 che reca reperti esistenziali della quotidianità, dove gli oggetti sono testimonianza, assieme agli strumenti della pittura, di vita e arte. Come il disegno praticato intensamente durante tutta la sua attività, la pittura, abbandonata e poi ripresa, dall’olio all’acrilico, è amata visceralmente da Emin come mezzo fondamentale di creatività, la pittura che,  dice l’artista: “è nel mio sangue, fa parte di me, scorre in me, come il disegno”, in un’identificazione totale. 

Numerose e dense di visioni sono le opere pittoriche esposte che indagano le ‘verità’ dell’essere umano attraverso l’arte: corpi figurali riconoscibili che tendono all’astrazione, quasi scomparendo a volte,  nella fluidità del segno e del colore talora dominante, come ad esempio nei dipinti del 2016, tra cui “Heart Land”e “It – didnt stop – I didnt stop” del 2019. Nei quadri datati dal 2020 in poi, successivi alle forti e dolorose esperienze della malattia di Emin,  sono verificabili mutazioni segniche e cromatiche nelle posture dei corpi,  nei fondi cromatici più scuri,  tra cui  emergono “Thriving on Solitude”dello stesso anno e l’ampia serie coeva finanche a “I waited so Long” del 2022,  in quella che è una rinascita di energia vitale e creativa. 

 Oltre  alle installazioni al neon fra cui è esposta “Love poems” del 2007, che propone versi poetici dell’artista stessa,  luminosi e vibranti nelle calde cromie,  molteplici sono le sculture in mostra databili a periodi diversi, alcune  del 2013,  anno della realizzazione di piccoli lavori in bronzo patinato di bianco, collocato ognuno su base squadrata di grande dimensione con il titolo dell’opera inciso frontalmente in caratteri cubitali. Emblematica è “Crucifixion” del 2014 in cui quello che è un  tema della cultura occidentale è rivissuto nel bronzo reso quasi tattile. A questa tattilità si richiamano le sculture in cui, se pure, con strati ben levigati, la materia emerge nella loro superficie da farle sembrare incompiute: è visibile la traccia di una mano, l’impronta delle dita,  come se tutto fosse ancora in fase di compimento. Significativo è il lavoro “I Followed You To The End” del 2024, costituito da due tonnellate di bronzo calate dall’alto nel cortile di Palazzo Strozzi,  una possente immagine femminile che cambia forma a seconda dei punti di osservazione, monumentale e al tempo stesso raccolta, quasi rannicchiata, opera pubblica, come  “The Mother” collocata permanentemente dal 2022  ad Oslo nei pressi del porto e rivolta verso il mare, connotata da emozioni e sentimento, aspetti che – secondo Emin – “nella sfera pubblica sono ritenuti pericolosi”.

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