Il titolo gioca sull’ambivalenza della parola “opera”, poiché l’installazione si presenta come luogo di convivenza delle opere liriche di Zeffirelli – entrate a far parte dell’immaginario collettivo – e delle monumentali opere su tavola di Galliani, entrambe vere e proprie opere d’arte che, abbracciando a sé tutte le diverse discipline artistiche, trascinano lo spettatore in una fruizione totalmente immersiva.
Il collante di tutto rimane il disegno, peculiarità intrinseca della città di Firenze, del primo e del secondo Rinascimento, l’idea e l’intelletto dell’artista indagati e concretizzati dal segno della matita: questa la pratica che unisce i due maestri, e che rende Galliani l’artista più idoneo a offrire un omaggio visivo allo scenografo, il quale viveva con la matita in mano. La formazione artistica di Franco Zeffirelli – come il suo intero lavoro – è caratterizzata da una cifra stilistica che privilegia l’aspetto visivo, per cui le sue produzioni possono essere paragonate a vere e proprie opere d’arte in movimento, quadri incorniciati dal palcoscenico teatrale o dall’obiettivo cinematografico: di fatti, visitando le sale al primo piano del Museo, non si apprezza unicamente la straordinaria abilità manuale del maestro, ma anche tutte le fasi del processo creativo e progettuale delineate graficamente con estrema raffinatezza.
Per omaggiare il grande scenografo, Galliani sceglie di ispirarsi alla Madama Butterfly di Giacomo Puccini, opera tutt’ora in scena all’Arena di Verona con lo storico allestimento ideato da Zeffirelli per la stagione lirica del 2004, che trasporta immediatamente lo spettatore tra le colline di Nagasaki su cui sorge la casa della piccola Butterfly, luogo d’amore, d’attesa, di morte: «l’installazione nasce da un amore per l’opera pucciniana, e soprattutto per le immagini di Zeffirelli che vidi da ragazzo. Il film Fratello sole, sorella luna ispirò il mio lavoro negli anni in cui frequentavo l’Accademia di Firenze» afferma Galliani.
L’artista emiliano, calandosi in questo scenario intimistico, vuol aprire una riflessione su quello che, come uomini, abbiamo smarrito, perché in fondo Cio Cio-san è una donna che, in un istante, rinuncia a tutto ciò in cui ha creduto per abbracciare un’altra cultura, sperando che questa possa restituirle la dignità persa nel suo paese d’origine. Purtroppo, questa società verso la quale si rivolge – che è la nostra società, di cui Pinkerton è testimone –, anziché sostenerla, la distrugge, umiliandola ancora di più.
L’installazione si colloca al centro della Sala Musica dell’oratorio del complesso di San Firenze, costruito nel 1775 sotto la direzione di Zanobi Del Rosso, una delle rare architetture tardobarocche della città che custodisce gli apparati pittorici e decorativi eseguiti da Gesualdo Francesco Ferri e da Filippo Burci.
Il dialogo è espresso da un immenso tappeto – realizzato sulla base di un disegno a tempera acrilica su carta di Galliani – lungo venti metri e largo quattro che, percorrendo la navata, sprigiona una profusione di petali e farfalle sospesi nel blu: un tema iconografico, tanto caro alle culture d’Oriente e d’Occidente, che si pone come comune denominatore, simbolo di rigenerazione, rinascita dell’anima, ma anche di morte.

Nel mezzo si erge Blu oltremare – in prestito dal Comune di Montecchio Emilia e precedentemente esposta, quest’estate, a Palazzo Reale di Milano, in occasione della mostra Omar Galliani. Diacronica. Il tempo sospeso –, un incantevole volto orientale, nato da un viaggio in Cina e realizzato con pastelli policromi su oltre due metri di pioppo. Questa tipologia di legno, sebbene possa essere considerato per alcuni aspetti un materiale modesto, costituisce il supporto di una delle opere d’arte più conosciuta al mondo, la Gioconda di Leonardo da Vinci. Inoltre, si presenta come materiale prediletto dall’artista emiliano, in quanto molto morbido e legato al suo territorio: «un materiale tenero, che cresce sulle rive del Po, che cerca la luce tendendo alla verticalità, come queste eleganti colonne che sostengono la grande cantoria. Mi piace pensare a un’opera in continuo divenire: Blu oltremare, per un incidente, ha assorbito dell’acqua, ma è stata proprio questa a creare l’opera, a mettere in risalto le venature del pioppo. Il soggetto si trasforma e si sublima attraverso la materia».
Un’opera imponente, teatrale, dove il disegno, secondo la lezione di Sant’Agostino, si pone come criterio di discernimento interiore, frutto della lotta tra bene e male, un viaggio lungo il percorso dell’anima che consente di scoprire la verità, nonostante la verità divina rimanga sempre trascendente dalla natura umana.
Di fatti, i soggetti di Galliani sono costituiti esclusivamente da volti femminili; volti che, come insegna Leonardo, trasfigurano i moti dell’animo, responsabili del mutamento dei tratti fisionomici. Sono donne elevate al sublime, nate dalla storia dell’arte, dal cinema, da un incontro casuale per strada, tratte dalle pagine dei rotocalchi e riabilitate dall’arte: volti femminei assoggettati per progetti di consumo, a cui l’arte ha il potere di restituire loro dignità, proprio come la musica di Puccini riabilita e riconsegna l’onore perduto alla giovane Butterfly. Le opere del maestro emiliano sono attraversate da una luce incorporea che, emergendo dal profondo dell’anima, incontra la materia, dando vita al colore: è qui che nasce la seduzione, poiché l’arte manifesta la bellezza dell’intellegibile che si riflette nel mondo sensibile.


Nella cantoria centrale, in corrispondenza del catino absidale decorato da due figure angeliche che racchiudono una cornice vuota, emerge Sole d’Oriente, una maestosa tavola lignea rivestita da foglia d’oro e incisa a bulino che riflette la luce, la speranza, conferendo all’ambiente una calda atmosfera estatica. Il cerchio inciso, oltre a essere un simbolo fortemente orientale, indica la circolarità della vita. In cima alla tavola si colloca un pugnale, emblema dell’estremo sacrificio.

Ai piedi di Blu oltremare, uno specchio, elemento di fondamentale importanza nell’opera di Galliani – già esplorato nel ciclo dei Disegni siamesi e in altre installazioni – che riflette e deforma l’immenso volto e l’affresco di Giuliano Traballesi, l’Assunzione della Vergine, posto al centro della volta. Lo specchio, la specularità, l’immagine riflessa di sé stessi che rende possibile l’autoconsapevolezza, un percorso di sublimazione che consente l’abbandono degli aspetti terreni, materiali, per elevarsi verso la spiritualità. Ciò che affascina l’artista riguardo al concetto del doppio è la capacità dell’immagine di duplicarsi, mantenendo viva l’originale tensione dell’osservatore che deriva da quel rispecchiamento, integrato e arricchito dall’ambiente circostante.
L’installazione Un’Opera per Zeffirelli è un’esplosione di vibrazioni blu e oro che nascono dal tratto, un tratto che è figlio dell’impeto del movimento, dello sforzo fisico, la ricerca dell’armonia suprema paragonabile al gesto di un direttore d’orchestra, che guida le note e detta i ritmi affinché il risultato arrivi, affinché lo spettatore sia totalmente immerso nell’opera d’arte. È un grandioso spettacolo teatrale, dove ogni elemento è baciato da una luce magnetica – risultato del talento di Daniele Nannuzzi, David di Donatello per il miglior direttore della fotografia, mentre l’allestimento è stato realizzato da Andrea Rossi de “Il Restauro” – capace di incantare lo spettatore non solo per la bellezza dell’immagine, ma per l’insieme, per la totalità dell’opera d’arte, come in una scenografia di Zeffirelli.


Matteo Corati, curatore dell’installazione e presidente dell’Associazione Culturale “Maestro, performing Artists from Zeffirelli Foundation”, nonché amico e compagno di studi di Massimiliano Galliani – figlio di Omar, a cui è dedicata l’esposizione – racconta che il lavoro dell’artista emiliano si compie nel “tempo della durata”: oggi ci troviamo in una società caratterizzata dall’istantaneità, animata dalla frenesia dei social media, che bruciano, consumano tutto con celerità, dalle immagini ai concetti. Tuttavia, il tempo della cultura e, di conseguenza, il tempo dell’arte, vive nella durata: parte da uno studio attento e meticoloso che si risolve in lenta ed elaborata esecuzione, accompagnando il pensiero e la manipolazione dell’artista stesso, in connessione con la propria opera. La durata rappresenta la proiezione del tempo nell’opera, poiché Galliani, come anche Zeffirelli, sente il peso della responsabilità di “creare per l’eternità”, di lasciare qualcosa di sostanziale, capace di toccare le profondità dell’animo umano, senza rinunciare alla ricerca di una bellezza in grado di attivare un’esperienza estetica coinvolgente. Solo in questo modo è possibile contrastare la natura effimera delle cose, dando loro la possibilità di perdurare nel tempo.
Inoltre, durante il mese d’apertura, si terranno dei “concerti al buio”, nati dalla convenzione con il Conservatorio Cherubini di Firenze: gli studenti avranno la possibilità di trovare nell’installazione un luogo aperto nel quale esibirsi, contribuendo così al mantenimento dell’opera d’arte in vita, in un dialogo costante con l’ambiente in cui è circoscritta e con i visitatori. È importante tener presente che ci troviamo in un oratorio, luogo progettato per il canto delle laudi che, grazie a quest’iniziativa, torna alla sua originale funzione: «i luoghi della cultura devono essere aperti» spiega Corati, «e così sarà!».
L’iniziativa artistica nasce dalla collaborazione tra l’Associazione Culturale “artMacs” e l’Associazione Culturale “Maestro, performing Artists from Zeffirelli Foundation”, con il patrocinio del Comune di Firenze e della Regione Toscana e la partecipazione di Tornabuoni Arte.
Per l’occasione, Omar Galliani terrà anche una masterclass dal titolo Dal disegno all’installazione, rivolta a docenti, studenti e diplomati delle Accademie di Belle Arti e delle scuole di alta formazione.
Un’Opera per Zeffirelli è stata inaugurata sabato 28 ottobre, con la lettura di una poesia del poeta Davide Rondoni, scritta per l’occasione, un dialogo tra Galliani e Corati e l’intervento della giovane violoncellista Camilla Gentile con il suo adattamento per violoncello dalla Butterfly di Puccini, scritto appositamente dal maestro direttore e concertatore Concita Anastasi.
L’installazione resterà aperta al pubblico fino al 30 novembre.
