Giovanni Ozzola, Hasta la utima vez, 2014 – stampa a getto d’inchiostro su carta cotone, 150x216cm

thecomfortshow.com – davvero l’arte è comoda?

thecomfortshow.com: Greetings from living (rooms) | Postcards to the future a cura del team di

thecomfortshow.com: Greetings from living (rooms) | Postcards to the future, a cura del team di Artalkers.it e Art Bag – busta d’artista con sorpresa fra i tanti progetti online visti in questi mesi, probabilmente resterà fra quelli non solo da ricordare ma anche da imitare, sia per la modalità con la quale è stata concepita ma anche e soprattutto per i contenuti propositivi che traspaiono nelle 22 opere degli artisti coinvolti. Molti di loro, anche cari amici, oggettivamente sorprendono con lavori che, seppure ispirati dal tempo della quarantena, non si esauriscono in esso ma tendono verso una riorganizzazione di quegli aspetti umani, affetti e amicizie, pericolosamente messi in crisi in questi mesi. La prima parola, quella che ritma l’intero progetto è ovviamente confort. Il primo dubbio è dunque nel titolo stesso che rimanda a un’immediata riflessione ai concetti di comodità e agio, allo spazio della casa e al senso dell’accoglienza. Quanto la casa sia diventata essenziale nessuno potrebbe mai negarlo, quanto essa, dunque il web, abbia sostituito lo spazio pubblico – anche dell’arte ovviamente – è un dato di fatto che thecomfortshow ha rielaborato proponendo “uno spazio di accoglienza virtuale per progetti curatoriali e mostre online da fruire confortevolmente seduti, a osservare proposte non necessariamente comode”. Un ossimoro, in sostanza, si annida nella proposta, che mette in luce quanto alla facilità di fruizione, quella domestica del cosiddetto  “ambiente sicuro”, corrisponda in realtà una difficoltà di comunicazione, solo in apparenza colmata dalle svariate possibilità offerte dalle innovazioni tecnologiche.

Tutt’altro che comodo sono, insomma, le opere di questo gruppo di artisti che, diversi per generazione, tematiche di ricerca, modalità e tecniche espressive che spaziano dal pittorico alla fotografia, dal video al digital, riprogettando se stessi tramite interazioni virtuali, lanciano anzitutto un messaggio all’umanità, trasformando le proprie opere in veri e propri ponti fra loro e chi entra in queste stanze visuali. Anche da casa, dunque, si può stare scomodi. Scomoda, tuttavia, può e deve essere l’arte anche in modalità virtuale che, senza cedere al voyeuristico sentimento dell’entertainment, mostra per converso le migliori opportunità che lo strumento offre. Nelle ipotetiche quattro stanze, corrispondenti ad altrettanti luoghi delle proprie abitazioni: Living Room, Kitchen, Bathroom, Bedroom – da dove osservare la mostra lo decidiamo noi – si rintracciano i messaggi di ciascun artista, ideati in forma di cartolina, formato non casuale che suggerisce uno spazio viaggiante, un tempo dove passato, presente e futuro, identità e memoria si sovrappongono.

Nella prima stanza incontriamo Jasmine PignatelliFrancesco Castellani con l’opera fotografica Nessun uomo è un’isola che, nella citazione di un verso del poeta inglese John Donne, vissuto nel diciassettesimo secolo, e nel fotografarsi insieme, suggeriscono l’importanza del senso di collettività. Questa volta a colpire l’umanità è un nemico invisibile che non fa distinzioni di razza o religione. L’unica arma che abbiamo da oggi in poi è stare insieme e lavorare per il bene comune, qualcosa cui anche l’arte non potrà sottrarsi se intende avere un futuro. Segue l’opera di Loris CecchiniGive Space a Trance (redpepperpowderscape), lavoro del 2005 che l’artista ha scelto quale iconica immagine dell’isolamento. Vediamo, infatti, una persona sotto una sorta di campana di vetro cui Cecchini ha abbinato il messaggio: “L’isolamento porta cose interessanti. Forse è un’occasione per capire cosa significhi rallentare, facendo esercizio di nuovi modi di essere. E che la lezione possa dare i suoi frutti in seguito”. Frase con la quale lascia trasparire la grande opportunità che questo difficile momento rappresenta per tutti, anche per gli artisti ovviamente. Vittorio Corsini, invece, si rivolge al pubblico con un inedito acquerello dal titolo Carezza, vera e propria trasfigurazione pittorica di un gesto semplice e banale, a volte scontato e probabilmente mancato a molti in questi mesi. Ecco, ricordiamoci dei gesti comuni ma anche di quanto la stessa pittura non sia soltanto esercizio intellettuale ma un atto di sensibilità tanto per il cuore quanto per la mente. Francesca Pasquali, infine, posta l’opera Labirinto del 2019 – che ha scelto perché costruita grazie al contributo di ragazzi coinvolti nel workshop realizzato durante il festival “Mutazioni” nel 2019 dove, per una settimana, sono stati intrecciati scampoli di scarti industriali di tessuto, fino a creare lunghe liane in seguito installate alla torre di Ruvo di Puglia. Un’opera collettiva che conferma, anche in questo caso, il messaggio condiviso da tutti. Condividere, collaborare e stare insieme sono la sola strada per rimodellare in modo più etico il futuro. L’arte in questo può essere un esempio. Parola d’ordine per la room 1contatto.

Nella room 2, introdotta dal lemma risorgere, incontriamo Landscape di Francesco Arena, opera che ferma il tratto di un sentiero alle spalle della sua abitazione, luogo dove l’artista ha camminato in attesa della fine del lockdown. Nell’infinito che la via sterrata suggerisce, sulla quale campeggia la scritta Departures Cancelled, si esprime tutta la speranza che si cela nell’ignoto del futuro, una speranza positiva che vuole indicare un cammino di rinascita per l’intera umanità. Giocando sul formato quadrato e il richiamo alla pixelatura delle immagini, Emiliano Zucchini con Green on Void conduce lo spettatore/visitatore immediatamente a una riflessione fra spazio artificiale e naturale, fra vuoto e pieno, suggerendo la dicotomia che lega e allo stesso tempo divide lo spazio circoscritto della casa a quello sconfinato della natura. In un certo modo è come se l’artista ci richiamasse a riflettere su quanto “casa” non sia solo il luogo dove dimoriamo ma più in generale l’intero ambiente intorno a noi. Se qualcosa abbiamo scoperto, infatti, in questa quarantena, è proprio quanto essenziale sia lo spazio oltre le mura della propria abitazione, uno spazio vitale ed essenziale di cui dovremmo curarci molto di più. Sul fronte mentale si muove, invece, la proposta di Guido Segni che, con l’opera Generated lazy figure – Lot 2019/000011 recupera un’immagine generata da una rete neurale che tenta di riprodurre lo stato di ozio di alcuni amici e conoscenti. In un mondo iper-prestante, spesso il concetto di ozio è stato travisato, assumendo connotati negativi che nulla hanno a che fare con l’originale etimologia della parola. L’ozio è in realtà quel momento in cui la mente lavora e produce pensiero, un momento essenziale per la creatività e l’inventiva, un momento che in molto forse avranno riscoperto in questo tempo forzato di confinamento e che, a seguire Segni si mostra quale grande opportunità per la rivitalizzazione del pensiero umano. Elena El Asmar, ha scelto, invece, Baalbek, ovvero l’ultimo disegno al quale l’artista sta lavorando. Seppure ammettendo la probabile poca relazione fra il suo operare e la quarantena, l’artista vede nella pratica del disegno: un sismografo dell’anima, capace di captarne ogni remota vibrazione. Nel disegno, ci insegna la storia dell’arte, risiede l’idea, dunque l’immagine del mondo. In un certo modo, il senso di questo fare è più che pertinente al momento, suggerendo, anche se in modo del tutto astratto come ogni rinascita emerga dallo sviluppo di nuove idee che, nel caso di Elena El Asmar si fermano in forma di schizzo sulla carta. Un discorso, questo, che ben si accorda anche all’opera Suite di Giovanni Frangi, sei lavori su carta che, con un tratto semplice e dal sapore infantile, descrive quelle che sembrano porzioni di natura, ovvero metamorfosi osservate nel mese di marzo. Come la natura opera dei cambiamenti, così l’uomo e l’artista nelle proprie opere è chiamato a proporre nuove prospettive le stesse che Paolo Brenzini con E quindi uscimmo a riveder le stelle propone in questa sua rielaborazione digitale. Citando Dante e Virgilio l’artista traspone un dato poetico allo strumento tecnologico, proponendo in tal senso una sorta di nuova forma di lirica che, proprio nella corretta interpretazione del digitale, può trovare un cammino verso la serenità più consapevole e profondo. Chiude la stanza Giovanni Rizzoli con Cigno nero col piercing, opere del 2004 realizzata in occasione dell’uccisione volontaria di un cigno nero a Venezia da parte di un giocatore di golf. Perché questa scelta? Il caso vuole che questo periodo economico sia drammaticamente definito Cigno Nero, ma aldilà della coincidenza il senso di questa scelta matura anche nell’orbita di un richiamo alla messa la bando di atteggiamenti brutali e aggressivi. Lo ribadiamo ancora, c’è un nemico invisibile che non fa distinzione fra gli uomini, per rinascere sarà bene ricordarselo. 

Apre la room 3  Alberto Di Fabio con State of Matter, straordinaria opera che, come consuetudine alla sua ricerca, immagina di descrivere l’infinito e l’invisibile. La forza della mente Di Fabio la conosce bene, proponendo da sempre lavori che conducono lo spettatore a una riflessione sull’infinitesimamente grande e piccolo, su ordine e caos che regolano il mondo aldilà delle nostre percezioni e volontà. C’è un oltre a governare l’universo che resta sconosciuto ed è questo, nonostante tutto, a rendere magica la vita. Non a caso la parola chiave di questa stanza è Altrove perché è lì, in quello spazio sconosciuto che il mistero dell’umanità si consuma divenendo, in un certo modo, poesia pura. Guardando, infatti, anche l’opera video Così lontano, così vicino di Chiara Dynys, ci immergiamo in una serie infinita di stanze ciascuna delle quali metaforizza l’idea di un passaggio e di un superamento. Verso l’altrove, pertanto, ci suggerisce la Dynys, l’uomo ha il dovere di andare, per scoprire nuovi mondi ma soprattutto per crearne di altri e di migliori. Giovanni Ozzola con Hasta la ultima fez del 2014 si richiama, invece, all’idea di contrasto ma è proprio in ciò, che a suo sentire, scaturisce qualcosa di nuovo e inedito, un’energia che cerca equilibrio nel caos e che, in un certo modo, rappresenta l’armonia della vita. Massimo Kaufmann, come Elena El Asmar, presenta il suo ultimo lavoro Dissipazio H.G a testimoniare come una sorta di normalità, lo scorrere inesorabile del tempo a prescindere, non abbia mai abbandonato l’artista. Non solo, tale scelta si configura anche senza soluzione di continuità con quanto realizzerà in futuro, tracciando nell’altrove il più autentico significato dell’agire stesso dell’artista. Vincenzo Marsiglia con Fold Paper, opera coerente alla propria poetica, da sempre incentrata sui temi della tecnologia intesa in termini emozionali, spinge sul fattore cromatico proponendo un vero e proprio arcobaleno, dove colore e forma giocano indistintamente nel catturare le ombre. Ombre in questo caso positive il cui riflesso, quasi a guisa di un’onda, tende ad avvolgere sguardo e copro dello spettatore in una caleidoscopica e magica atmosfera. Progetto d’intervento n. 241 del 1992 è una storica opera, un fotomontaggio, di Paolo Scirpa che l’artista ha scelto, con evidenza, poiché il soggetto è il Duomo di Milano. Per la sua disarmante attualità questo lavoro è forse quello che lascia più sgomenti dal momento che i sei cerchi concentrici giustapposti all’immagine del Duomo sembrano quasi degli altoparlanti che emettono suoni o forse grida? Quelle di una città ferita al cuore, la più colpita d’Italia dal dramma del virus, una città simbolo di un’economia drammaticamente messa in ginocchio. Se un’altrove c’è e ci deve essere, ebbene, in un certo modo, Scirpa sembra ricordarci che tutto deve muovere soprattutto oltre tale aspetto. Non c’è nulla di comodo in questa immagine, quanto nulla di comodo c’è nelle ricadute sociali di una situazione ancora in essere. 

Arrivando alla room 4, l’ultima di thecomfortshowresilienza è la parola che chiude il percorso. Al contrario della resistenza, il lemma suggerisce la capacità e la volontà di reazione di fronte a traumi e difficoltà. Reazioni che, come nel caso di Luca Maria Patella con Didattica telefonica in atto, si declinano in un’opera testo-visiva dove, le frasi in abbinamento a precise cromie psichiche, raccontano l’importanza della formazione, dell’insegnamento cui non bisogna retrocedere in alcun caso. La prima locuzione, in particolare, “con sol azione” gioca con evidenza su un doppio registro: consolare il cuore ma allo stesso tempo agire, frase che rimbalza all’ultima “d’amore” e che ricorda a ciascuno di noi quanto importanti siano gli affetti, mai come in questo momento, tragicamente a rischio. Bellissima la Figura antivirus di Lamberto Pignotti, un collage su carta che, facendo il verso a immagini dal gusto antico, riorganizza in chiave contemporanea e con un dosato grado d’ironia, la figura di un Cristo crocifisso, trasformandolo, attraverso i caratteri di una poesia medievale in un Cristo antivirale. “Forse ci sta avvertendo del cambiamento di calendario? – si chiede Pignotti – dall’era avanti virus (aV) all’era dopo virus (dV)”. Se un poco di sarcasmo aiuta ad attenuare il senso del dramma attuale, resta indubbio che di canzonatorio dietro quest’immagine c’è poco. La pandemia, fenomeno globale del 2020, probabilmente segnerà la Storia, se non cambiando il calendario certamente tracciando uno spartiacque fra la vita di prima e di dopo. Ivano Sossella con usw/shatten-gefaegniss, lavoro concepito fra il 2009 e il 2019 e attualmente locato presso il MACT di Bellinzona, propone una riflessione sul tema della falsificazione percettiva. L’installazione, infatti, realizzata a spray su pavimento con l’ausilio di uno stencil, svuota l’immaginario spazio di una galleria falsificando l’ombra di entrata che è in realtà quella di una cella carceraria. Ovviamente il richiamo più diretto è al tema della gabbia e della costrizione in uno spazio ristretto in generale. A quello della prigione, in un certo modo, vissuta da ciascuno e per la prima volta nella vita ma soprattutto alle scorrette idee che abbiamo di tali sensazioni che spesso conducono a percezioni manipolate dei concetti di libertà e autonomia. Confine, superamento e rinascita sono le parole sottese a tale lavoro, parole che si riflettono anche nell’opera video Vita (Life), 2006/2018 di Alessandra Caccia dove l’artista ha condensato gli ultimi 16 anni della propria vita, segnati in particolar modo dalla dura esperienza della dialisi. Un fatto che l’ha condotta alla “tenace resistenza di rimanere attaccata a se stessa per mostrare con sincerità la nuda verità”. Un fatto che ora trasla alla dimensione della quarantena regalando agli spettatori un messaggio che da privato si fa universale e colmo di speranza: “La storia continua aprendosi alla luce […] la guerra non dura per sempre e l’inverno si trasforma sempre in primavera restituendoci alla Vita. […] Vivere il presente è l’unica strada percorribile […]”. Chiude thecomfortshow Milo Sacchi con Dehumanization …Disumanizzazione …, 2007/2020 che, come Alessandra Caccia, sebbene su tutt’altro piano, ci invita a prendere coscienza di cosa significa restare umani, regalandoci oltre all’immagine le sue parole: “Nei momenti di grande stress psicologico ognuno sente le proprie paure amplificate e reagisce proiettandolo all’esterno, vivendo l’Altro come possibile minaccia. Il punto rimane quello di essere centrati in una sorta di “intelligenza Emotiva” capace di gestire la negatività trasformandola in un’opportunità di Comprensione e Consapevolezza, in una Nuova Presa di Coscienza”.

#contatto #risorgere #altrove #resilienza in queste parole tutto c’è tranne che qualcosa di comodo. thecomfortshow.com: Greetings from living (rooms) | Postcards to the future ci permette di stare fisicamente e comodamente a casa ma non certo di rinunciare a pensare nel profondo.

Visibile fino al 27 agosto 2020.

Opere di: Francesco Arena, Paolo Brenzini, Alessandra Caccia, Francesco Castellani, Loris Cecchini, Vittorio Corsini, Alberto Di Fabio, Chiara Dynys, Elena El Asmar, Giovanni Frangi, Massimo Kauffman, Vincenzo Marsiglia, Giovanni Ozzola, Francesca Pasquali, Luca Maria Patella, Jasmine Pignatelli, Lamberto Pignotti, Giovanni Rizzoli, Milo Sacchi, Paolo Scirpa, Guido Segni, Ivano Sossella, Emiliano Zucchini

Maria Letizia Paiato

Storico, critico dell’arte e pubblicista iscritta all’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, insegna Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata. Dottore di Ricerca (Ph.D) in Storia dell’Arte Contemporanea, Specializzata in Storia dell’Arte e Arti Minori all’Università degli Studi di Padova e Laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Ferrara, è ricercatore specializzata nel campo dell’illustrazione di Primo ‘900. La trasversalità d’interessi maturata nel tempo la vede impegnata in diversi campi del contemporaneo e della curatela, della comunicazione, del giornalismo e della critica d’arte con all’attivo numerose mostre, contributi critici per cataloghi, oltre a saggi in riviste scientifiche. Dal 2011 collabora e scrive con costanza per Rivista Segno, edizione cartacea e segnonline. letizia@segnonline.it ; letizia@rivistasegno.eu

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