Penso al Giappone e subito si formano nella mente immagini di giardini quasi immobili nella loro perfezione, di stampe dalle linee delicate, antenate dei moderni manga, di forme pure in equilibri insoliti, intrise di uno spirito minimalista che nella sua essenza più autentica e sincera consente di cogliere quella tendenza a lasciar andare le cose materiali e con esse tutto il superfluo, vuoto, pressante consumismo della società contemporanea.
A Carrara, la mostra allestita in uno scenario che ha molto dell’atmosfera trasognante e onirica suggerita dal tema – gli interni tardobarocchi del piano nobile di Palazzo del Medico a Carrara, appartenuti a una delle famiglie più note e importanti della città del marmo – ha molto più da offrire ai suoi visitatori dell’immaginario che comunemente si associa all’arte quando si parla di Giappone.
The Red Dot, questo il titolo dell’esposizione a cura di Nicola Ricci e Federico Giannini (curatore, quest’ultimo, del testo critico), raccoglie una serie di opere di artisti differenti per stile, generazione e intenti e le fa dialogare in uno spazio unico, fra le tarsie marmoree che ricoprono pareti e pavimenti, in un’esibizione di sfarzo e fantasia, al di là di ogni immaginazione.
Patrocinata dall’ambasciata del Giappone in Italia, la rassegna offre una molteplicità di prospettive che parlano delle ricerche più recenti seguite dagli artisti giapponesi e delle intersezioni fra Giappone e Italia nel mondo dell’arte. Sono tre le tendenze che emergono con particolare rilievo all’interno della mostra: la scultura contemporanea, soprattutto in marmo, lo stile pop del Giappone (vicino al Neo-Giapponismo indagato in alcuni studi recenti, come l’affascinante monografia di Laura Dimitrio, che approfondisce le influenze del Giappone sulla moda italiana) e l’arte dell’illustrazione, che rimanda direttamente all’antica tradizione nipponica del disegno bidimensionale, conosciuta e apprezzata sin da fine Ottocento, grazie alla diffusione delle stampe del periodo Edo in Europa.
«Il Giappone, dagli anni Ottanta, ha conosciuto un ulteriore periodo di apertura al mondo, molti artisti giapponesi si sono affermati sulla scena internazionale (e alcuni tra i più grandi di loro si sono trasferiti in Europa o negli Stati Uniti cominciando a lavorare stabilmente in Occidente), le arti tradizionali hanno preso a confrontarsi con le produzioni occidentali senza però mai abbandonare del tutto quel retroterra culturale animato da volontà di sintesi, interesse per la transitorietà della natura (un fatto, quest’ultimo, connaturato alla stessa mentalità giapponese), per l’essenza delle cose. E tutto è seguitato in un clima di fusione e ibridazione che ha reso più labili i confini tra tradizione e modernità e che non ha tenuto l’arte giapponese lontana dalle reti del postmoderno. Ma che al contempo non ha impedito all’arte giapponese di smarrire la propria anima, ch’è anzi rimasta ben viva e pulsante rinnovandosi di generazione in generazione»
[Dal testo critico di Federico Giannini]
Un particolare di The red dot è dato anche dalla presenza di grandi maestri, del calibro di Yasuda (che specificamente per la mostra ha creato le quattro sculture esposte, dopo un’accurata visita degli spazi della rassegna, con le quali si apre) Ogata e Nakamura fra gli altri, insieme ai giovani e ai mid-career, in una convergenza di intenti che si esprimono al meglio nell’allestimento a Palazzo del Medico, nel cuore della città carrarese.
Il titolo indica un riferimento al disco solare della bandiera del Giappone, ma anche l’intenzione di dare una direzionalità, un punto fermo nella ricerca sull’arte giapponese, che sta vivendo ultimamente una fase di rinnovato interesse anche nel mondo del mercato.
Dal legame con la natura, che richiama il fascino delle antiche filosofie giapponesi, presente nella ricerca artistica della mosaicista Takako Hirai, alla sperimentazione dei materiali portata avanti da Misaki Kawai, sono molti gli stimoli rappresentati all’interno della rassegna. Di Ayumi Kudo è possibile soffermarsi a notare le ultime affascinanti creazioni nel campo delle illustrazioni, nelle quali il minimalismo incontra il tratto delicato e intimo che caratterizza i tanti piccoli disegni che hanno del poetico, mentre Akiko Saheki rivoluziona il campo della pittura e dell’illustrazione con personaggi femminili dallo sguardo magnetico e quasi di sfida nei confronti dello spettatore.
Continuando la visita si incontrano le opere di Yoshin Ogata, scultore che plasma il marmo come fosse argilla, regalando alla dura pietra l’aspetto di un elemento modellato direttamente dall’acqua e di Kazumasa Mizokami, che si concentra sull’indagine dell’elemento coloristico nella propria arte. Particolare è il metodo che Kazumasa adotta nelle proprie ceramiche: lavorando a pezzo unico, egli parte da una mattonella che incide fino ad arrivare alla forma finale, senza aggiungere ulteriori elementi e dipingendo a freddo, subito dopo la prima cottura.
Si prosegue con riferimenti al movimento dell’estetica tipicamente giapponese nota col nome di Superflat, con Tomoko Nagao e con interessanti spunti di riflessione sulla cultura zen, grazie alle opere di Hidetoshi Nagasawa, l’artista scomparso nel 2018 che ha sapientemente intrecciato l’antica filosofia giapponese con la mentalità occidentale in opere di respiro universale, al di fuori di qualsiasi tentativo di classificazione. Eco della cultura zen si ritrova anche, in una forma differente, nell’opera di Isao Sugiyama, che dedica la propria ricerca artistica e intellettuale al mondo dei santuari e alla loro rappresentazione, mentre Kenji Takahashi propone una meditazione sul tema della frattura e della guarigione, vicino alla mentalità del kintsugi, attraverso sculture ricucite e riparate, che assumono così un valore intrinseco amplificato.
Sisyu è presente in mostra con opere che richiamano l’arte della calligrafia giapponese, installazioni che gettano sulle pareti giochi di ombre che proiettano lo spettatore lontano, come in sogno.
Nel campo della scultura da non perdere le opere di Maki Namakura, Fumitaka Kudo e di un maestro come Kan Yasuda, che all’interno delle ampie sale di Palazzo Del Medico sono estatate dal contrasto che si viene a creare fra minimalismo ed estetica di tardo Settecento, in un’atmosfera unica e irripetibile.
Dalle correnti pop al minimalismo, passando per le tendenze kawai, i riferimenti alla cultura zen e all’antica conoscenza giapponese dell’arte di guarire le ferite e valorizzarle, fino ai linguaggi della scultura contemporanea più inaspettati: The red dot non fa che stupire il visitatore, nel condurlo verso prospettive inedite e nuovi sguardi sull’arte contemporanea giapponese, troppo spesso confusa nel contenitore di «arte orientale», insieme all’arte cinese e coreana, e che attraverso rassegne come questa fa riscoprire l suo pubblico la propria voce nel panorama artistico contemporaneo.
The Red Dot
A cura di Nicola Ricci e Federico Giannini
Dal 9 aprile al 25 luglio
Votre Spazi contemporanei
Piazza Alberica, 5 – Palazzo Del Medico, 54033, Carrara
Orario: dal lunedì al sabato 15:30-19:30
Ingresso gratuito
Numero di telefono: 338 441 7145
Email: associazionevotre@gmail.comSito: www.votrespazicontemporanei.it