Siena ci accoglie in tutto il suo splendore e ci incuriosisce con questo inconsueto accostamento con il grande Galileo Galilei che proprio a Siena in questo stesso Palazzo delle Papesse, fu ospitato nel 1633 dopo la condanna spiccata dal Sant’Uffizio. Qui il grande scienziato fu accolto dall’Arcivescovo Ascanio II Piccolomini, suo antico allievo e amico che ebbe il grande merito di fargli avere durante la prigionia i suoi cannocchiali che usò insieme a Teofilo Gallaccini, accademico dell’ateneo senese e suo coetaneo: Questo il globo della luna dimostratoci dall’occhiale del Galileo…// … e a Siena poté proseguire i suoi studi di meccanica: nei suoi trattati fu il primo a intuire che lo spazio e il tempo non fossero riferimenti assoluti e per questo è da ritenersi il primo scienziato a introdurre e spiegare il concetto di relatività.
Le sue teorie influenzarono Newton prima e molto dopo Einstein. Anche Dalì ne fu affascinato tanto da fare del rapporto spazio tempo il tema ricorrente di tante sue opere.
Geniale, spiazzante, anticonformista, divorato da una curiosità insaziabile, affascinato dalla scienza e dalla filosofia, il marchese Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí Domènech, fu soprattutto un grande artista estremamente versatile, pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer, artigiano e sceneggiatore. Fece della propria vita uno strumento di continua sperimentazione macontemporaneamente visse una realtà altra da sé. Questo modo di vivere su due livelli paralleli fu forse l’unica risposta possibile all’atroce scherzo che il destino gli aveva riservato. Il futuro artista vide la luce infatti poco dopo la tragica scomparsa del fratello, e tale fu l’angoscia che i suoi genitori per trovare consolazione si illusero che egli ne fosse la reincarnazione e in quest’ottica lo educarono. Un fardello insopportabile per chiunque e Dalí infatti ne rimarrà segnato per sempre.
Fortuna volle che avesse una naturale predisposizione all’arte, che la madre assecondò. Si iscriverà così alla scuola d’arte, aprirà a Cadaques il proprio studio e si trasferirà a Madrid dove frequenterà l’Accademia di Belle Arti di San Fernando. e i massimi artisti dell’epoca tra cui Picasso. Qui si fece subito notare non solo per la sua bravura ma anche per i famosi baffi alla Velasquez, o il modo di vestire, indubbie eccentricità che si possono leggere come una sorta di corazza a difesa del suo dolore segreto. La sua ricerca artistica si incentrerà sull’esplorazione del subconscio i cui studi emersero fin dagli inizi del Novecento con i primi rivoluzionari passi della psicoanalisi. Consapevolmente fu lui stesso a definire la sua ricerca paranoico-critica. Antesignano nell’uso spregiudicato del marketing, ora gli esempi non si contano ma allora era surrealismo puro.
Deciso a non subire gli orrori che devastavano l’Europa nella prima metà del Novecento, si trasferì a N.Y. con Gala sua musa e compagna di vita, Elena Dmitrievna D’jakonova allora moglie del suo amico poeta Paul Éluard, a N.Y. e la grande Mela lo lancerà ai vertici dello star system. La coppia godeva di un rapporto molto profondo, in assoluta sintonia anche se la loro vita fu all’insegna dello scandalo continuo, non solo per la reciproca totale libertà ma anche per il rifiuto di Dalì di prendere posizione contro le feroci dittature che funestarono la prima prima metà del XX secolo, motivo per cui fu espulso dall’Accademia. Andre Breton lo soprannominerà Avida Dollars frutto dell’anagramma del suo nome e cognome.
Ora Palazzo delle Papesse è sede di questa bellissima mostra dedicata a Salvador Dali, fortunatamente prorogata al 7 di gennaio, che fa parte del circuito creato da Beniamino Levi. Affascinato dall’abilità di Dalí nell’utilizzare i mezzi più diversi per esprimere la sua arte, il famoso mercante ha dedicato tutta la vita a collezionare le opere dell’artista. Quale sede migliore per ospitarle di questo Palazzo costruito tra il 1460 e il 1595, splendido esempio di architettura rinascimentale fiorentina, che presenta sulla facciata in pietra i due stemmi della famiglia Piccolomini. Furono proprio Caterina e Laudomia, sorelle di Papa Pio II a seguirne la costruzione. Ora dopo decenni di degrado è recentemente riemerso in tutto il suo splendore, grazie all’attenzione della Banca d’Italia.
Palazzo delle Papesse
Via di Città, 126
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