La mostra è curata da Richard Mudariki, artista egli stesso, che dopo aver studiato archeologia, si è dedicato alla pittura a tempo pieno. È uno dei fondatori di ArtHARARE Contemporary art fair, una piattaforma che riunisce una selezione di opere presentate da artisti emergenti e affermati, oltre che da curatori, collettivi artistici e organizzazioni. La fiera mira ad essere una piattaforma dinamica, che metta in dialogo la comunità artistica locale e internazionale.
Nel testo critico che accompagna il progetto espositivo il curatore scrive: “La sottile distruzione dei mezzi tradizionali messa in atto dagli artisti dello Zimbabwe sta ricevendo un buon riscontro internazionale, diventando un catalizzatore per le numerose pratiche artistiche che prendono vita in questa terra senza sbocchi sul mare. Gli artisti che si sono trovati in condizioni socioeconomiche complesse, e in territori caratterizzati da gravi carenze, sono riusciti a trasformare linguaggio e metodologia, mettendo in atto virtuose improvvisazioni sul fronte dei materiali utilizzati, e cercando valide alternative, che potessero coesistere con l’ambiente in cui si trovavano.”
La sperimentazione di tecniche innovative è certamente la cifra distintiva dei lavori esposti. Mantenendo salda la questione della figurazione, il tema della memoria e dell’identità culturale, gli artisti, sebbene con accenti diversi, mescolano pittura e materiali di recupero, intrecciandoli e cucendoli insieme.
Vincitrice nel 2021 del premio Saul Hay dedicato agli artisti emergenti, Linnet Rubaya (Zimbabwe, 1991) è un artista figurativa che oggi vive e lavora a Leeds. Nata ad Harare, ma cresciuta nel clima multietnico e multiculturale di Londra, l’artista attinge dalle sue esperienze personali per creare dipinti che hanno per protagonisti soggetti di colore, altrimenti emarginati, che si stagliano su vivaci sfondi.
Franklyn Dzingai (Zimbabwe, 1988), che ha condiviso con Timire il primo premio ArtHARARE Africa, nel 2021, è un artista emergente che vive e lavora ad Harare. A partire dalla profonda ricerca condotta sulle tecniche di stampa, crea collage in cui unisce pittura, stampe, riviste e fotografie, spesso provenienti dal suo archivio familiare, in cui mette in dialogo i suoi ricordi personali con gli avvenimenti di carattere sociale che hanno influenzato il suo Paese.
Attraverso il medium della pittura, Mostaff Muchawaya (Zimbabwe, 1981) crea ritratti di persone prelevate dai ricordi della sua infanzia, trascorsa nelle montagne degli altipiani orientali dello Zimbabwe, nella zona di Nyazura dove si trovava l’azienda agricola in cui è cresciuto. Le sue generose applicazioni di vernice, che una volta asciutte vengono raschiate o rimosse dalla tela, generano opere multistrato che danno l’impressione di essere state erose. L’artista riflette così sulla natura mutevole e incontrollabile della memoria, dove i processi del ricordare e del dimenticare convergono per restituire impressioni astratte delle persone a lui più vicine.
Wilfred Timire (Zimbabwe, 1989) utilizza prevalentemente materiali da imballo, che cuce dando forma a veri e propri arazzi, in cui rappresenta situazioni e figure del quotidiano. Il recupero dei materiali mette in evidenza un certo ingegno: non solo quello dell’artista, ma anche quello delle persone indigenti che vivono alla periferia delle città africane come Harare, dove le case sono spesso isolate e decorate con materiali stampati trovati per caso.
I giovani talenti in mostra sono legati dal filo conduttore delle loro origini: le questioni economiche, quelle sociali e la diaspora plasmano l’intera loro ricerca, che si sviluppa con tecniche originali producendo esiti sempre diversi e sorprendenti.
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Shanduko
Linnet Rubaya, Franklyn Dzingai, Mostaff Muchawaya, Wilfred Timire
a cura di Richard Mudariki
16 giugno 2022 – 24 settembre 2022
Osart Gallery, Corso Plebisciti 12, 20129 Milano