Romano Sambati
Romano Sambati, Trittico, 60x60, 2021

Romano Sambati. Dolore delle foglie

La fragilità della materia organica e la vertigine del declino e della caduta si svelano, mediate da una sensibilità rivolta alla vita e ai suoi stati in avvicendamento, nella personale Dolore delle foglie dell’artista salentino Romano Sambati ospitata presso le sale del Castello Carlo V di Lecce fino al 5 giugno 2022.

La mostra, a cura di Roberto Lacarbonara, è prodotta da Comune di Lecce – Assessorato alla Cultura, Associazione culturale Kunstschau e RTI Theutra Oasimed, e muove da un’idea del regista Carlo Michele Schirinzi che, nel 2016, realizza Eclisse senza cielo, film dedicato all’attività di Romano Sambati e proiettato per l’occasione. Il lavoro di Schirinzi, parte integrante di un percorso espositivo di rivelazione della distintiva delicatezza di Romano Sambati, consente di guardare intimamente il gesto e il suo tempo, il rito di creazione di quella esclusiva “pittura senza dipingere” ricercata dall’artista.

Carlo Michele Schirinzi, Studio per un ritratto di Sambati #1, 12112021, matita e ira su carta_33x24

Molte delle opere in mostra sono il risultato dell’attività più recente di Sambati (2020-2022) che prosegue così una narrazione i cui albori sono da ricondurre agli anni Ottanta, anni in cui, mosso da uno stupore fanciullesco e incalzato dall’eco della grande letteratura e poesia, avvia una ricerca la cui iconografia si costruisce attingendo tanto alle rappresentazioni infantili provenienti dalle scuole primarie quanto alle parole di Lucrezio. Artista solitario, spesso appartato, Sambati determina, nell’intimità del distacco dai grandi circuiti artistici, un’indagine mossa dall’urgente bisogno di comprendere l’equilibrio dell’essere al mondo e alimentare il sapere, e orientata a interrogare il tempo e i suoi lasciti, a osservare il dolore e la caduta, a raccontare la malinconica fragilità della vita a partire dai suoi elementi più discreti. Il racconto di disfacimento e trasformazione è così affidato all’immediatezza della carta che, sovrapposta, stratificata, poi esfoliata e consunta, costruisce, per velature di materia, spazi mitici, paesaggi indefiniti, percepibili ma mai davvero distinguibili. Vedute dai confini vaghi esprimono la necessità di raccontare il dolore dell’essere materia viva e l’impossibilità di definirlo con esattezza, lo spaesamento di un’impietosa trasformazione fino alla disfatta definitiva. 

Nelle cinque sale del percorso espositivo, le opere di Sambati, che lo stesso artista definisce “opere strappate alla vita”, si svolgono in un ritmo cadenzato di luce tremante, modulata da stratificazioni irregolari e spazi di densa materia oscura, tra sprazzi di colore, di esistenza in disgregazione. La carta e i pigmenti tra loro inglobati determinano immagini di una memoria perduta e con cura e ostinazione riportata alla luce seppur, inevitabilmente, in una sua forma appena abbozzata. I disegni, insieme autonomo nella produzione dell’artista, custodiscono e fissano la violenza della fine negli strappi e nelle incrinature della carta. Tra i sedimenti di materia inerte, minute concrezioni organiche si impongono come testimoni di un ultimo residuo di vita in opposizione all’inevitabilità del mutamento, in un vano e irrazionale tentativo di immortalità. 

«Se potessimo finire di dipanarci nel tempo. Sarebbe bello. Sarebbe bello se potessimo finire di dipanarci nel tempo», scriveva Faulkner. 

Romano Sambati Dolore delle foglie
a cura di Roberto Lacarbonara
da un’idea di Carlo Michele Schirinzi
Fino al 5 giugno 2022
Castello Carlo V
Viale XXV luglio, Lecce