Arco Madrid 2025
Agus Nur Amal Pmtoh

Prime impressioni di Documenta 15

Non siamo a Documenta 15, siamo a Lumbung 1. Così uno dei testi del catalogo – definito però manuale – introduce all’edizione più rivoluzionaria della mostra quinquennale di Kassel.

Lumbung è la parola guida a Kassel 2022, il termine indonesiano significa letteralmente ‘risaia collettiva e fa riferimento ad un concetto di condivisione che sta al centro di Documenta 15, come testimoniano i loghi e la parte visiva di comunicazione, in cui delle mani si intrecciano e si stringono in un unico ghirigoro monocromatico. Lumbung project cerca di mettere insieme tutte le risorse possibili, risorse collettive condivise, e introduce un nuovo modo di fare arte. Una sfida per capire meglio i nostri tempi, per parlare di tematiche scomode e lontane dalla nostra quotidianità, che fatichiamo ad accettare.

Come ha sottolineato Sabine Schumann – direttrice del Museo Federiciano – durante la conferenza stampa di presentazione, questa è la prima volta che la curatela di documenta viene affidata ad un collettivo: gli indonesiani ruangrupa.

I ruru (così si chiamano gli adepti del ruangrupa) hanno coinvolto scuole, gallerie, giornali e la popolazione intera per dirigere artisticamente i 100 giorni a Kassel. A questa direzione artistica è stata affiancata una loro estensione, il team artistico che ha portato qui migliaia di artisti, un numero crescente, visto che si lavora costantemente nell’allargamento a spirale delle persone coinvolte.

Sempre in conferenza stampa, Farid Rakon ha spiegato: «Un lungo viaggio ci ha portato qui a capire cos’è Kassel. Imparare dalle persone e continuare ad estendere gli inviti agli artisti». Il team artistico ha individuato i 39 luoghi espositivi, anche durante la pandemia, ma, così come per gli artisti, è un numero destinato a crescere.

Ade Darnawan ha concluso annunciando: «Stiamo già pensando a come portare avanti il discorso dopo Documenta. Coinvolgere altre località. Ottenere qualcosa di sostenibile oltre documenta. Dopo i 100 gg. di Documenta, molti artisti e gruppi continueranno a fare arte qui a Kassel. Solo il tempo ci dirà cosa produrranno e cosa resterà».

Fin qui i proclami e i buoni propositi, ma al di là di questo c’è la mostra che, snaturata e ripensata, non sembra essere più la stessa delle 14 edizioni precedenti. Poche le opere che svettano e che potrebbero far ricordare negli anni questa edizione di documenta.

Personaggi come Agus Nur Amal Pmtoh, che ha animato con le sue Lumbung Stories anche la conferenza stampa, hanno sì qualcosa in comune con miti come Joseph Beuys, – l’attenzione per la natura e il proporre didatticamente il proprio pensiero – ma questa versione 2.0 non ha certo il carisma e lo spessore dell’artista delle 7000 querce.

Sergio Racanati

Tra le migliaia di artisti che parteciperanno, troviamo due italiani come Elisa Strinna e Sergio Racanati che vedrà proiettato nei prossimi mesi il suo progetto di film in cui racconta il processo curatoriale del collettivo ruangrupa nella ruruHaus, un’idea sperimentale che affascina l’artista in quanto, spiega Racanati, «mette in atto processualità distanti dalla produzione occidentale, il cui concept si trova in sintonia con le mie progettualità. Trovo la metodologia del collettivo curatoriale molto aperta, un organismo poroso, inclusivo e coinvolgente. È stata un’esperienza intensa».

Elisa Strinna, invece, fa parte del collettivo Jimmie Durham & A Stick in the Forest by the Side of the Road, otto artisti che lavorano in condivisione, il cui progetto è segnato dalla morte di Durham ed il vuoto lasciato dall’artista è diventato parte del processo lavorativo del collettivo dopo la sua morte.

Nel “caos organizzato” di questo progetto collettivo orientale ma localizzato in Germania, diviene difficile avere una chiara visione d’insieme. Questo sia in quanto la quinquennale è considerata in divenire nei prossimi mesi, sia in quanto la volontà di coinvolgere tutti tenda a generare l’effetto contrario. Il concetto generale di voler evidenziare situazioni e problematiche di cui non si parla spesso, che restano ai margini dell’informazione, rimane nell’ombra in quanto appesantito da pannelli, cronologie e spiegazioni e testi accessori e mappe che, più che aiutare l’osservatore a leggere le opere, lo allontanano aumentando la difficoltà di comprensione. Come accade per i grandi avvenimenti, anche in questo caso, servirà attendere la fine del processo per comprenderne la validità.

Alice Ioffrida

Direttrice della sede aretina e Capo Dipartimento di Arte Contemporanea della Casa d’Aste Guidoriccio redattrice e curatrice indipendente. Laureata a Firenze in Storia dell’Arte, prosegue i suoi studi a Siena, specializzandosi in Arte Contemporanea per poi spostare la sua ricerca sulla gestione delle risorse culturali con un Master IULM. I suoi argomenti di interesse spaziano dalla scena artistica milanese degli anni Settanta, periodo dell’extra-medialità, agli artisti emergenti. Vive e lavora in Toscana, dove segue eventi culturali nazionali ed internazionali con occhio critico ponendo costante attenzione al mercato dell’arte.