Fotografie di medio formato accolgono lo spettatore che si appresta ad entrare nella white cube che caratterizza la Galleria di Carlo Gallerati – gallerista e fotografo che dal 2006 porta avanti una rigorosa attività espositiva rivolta al panorama della produzione artistica contemporanea con particolare attenzione alla fotografia senza, tuttavia, trascurare opere in tecniche miste o sperimentali – invitandolo ad osservare Polvere, ultimo progetto di Silvia Stucky, a cura di Sarah Palermo.
Riflettendo su quelle minuscole particelle che quotidianamente si depositano su ogni superficie, l’artista ci pone di fronte alla bellezza che tali corpuscoli sprigionano, conferendo alle cose una sorta di “aura” inavvicinabile. Silvia Stucky ci fa riflettere anche sul concetto di conservazione, di oblio, di abbandono causato dal celere scorrere del tempo che contraddistingue la nostra epoca storica. Un progetto nato nel 2019, prima che il mondo si fermasse per l’arrivo della pandemia, e che negli ultimi due anni è cresciuto grazie a molteplici significati che legano il sentire dell’artista con quello dell’umanità. Oltre agli scatti fotografici, la sala ospita, in uno degli angoli, un’installazione sublime: una rosa secca su cui è adagiato uno strato di polvere che perdura da ben trent’anni. Un’immagine iconica che non è altro che la rappresentazione contemporanea del memento mori «Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris» (Genesi 3,19).
Per approfondire il progetto ho avuto il piacere di intervistare l’artista: Silvia Stucky.
Maila Buglioni: «In Polvere – progetto nato nel 2019, prima che il mondo si fermasse per l’arrivo della pandemia, e proseguito nel 2022 – poni al centro della tua ricerca un inaspettato e insolito soggetto: la polvere, definita dal dizionario Treccani come: “[lat. pŭlvis –vĕris] Massa di terra arida, in minutissime particelle incoerenti, che si stende sul suolo e, sollevata facilmente dal vento, si deposita ovunque.” Come nasce la tua attenzione verso queste minuscole e invisibili particelle?»
Silvia Stucky: «La polvere è come il tempo, si accumula sulle cose: all’inizio non si vede, ma col tempo diventa visibile, palpabile, presente, consistente. Mi è capitato per caso, trent’anni fa, di lasciare tre rose in un vasetto e scoprire che si conservano: il fiore come una testa reclinata, le foglie accartocciate, che scuriscono nel tempo e per la polvere. Negli anni, ho voluto conservare tante altre foglie o fiori, per ricordo, o semplicemente perché mi piacevano (da un lato io conserverei tutto, dall’altro vorrei avere la casa vuota…). Nel 2018 pensai di gettar via gran parte di queste piante secche e polverose, e cominciai a fotografarle. Nell’estate 2019 decisi di fare delle fotografie delle piante per la mia mostra che Carlo Gallerati aveva programmato per maggio 2020, e che avrei intitolato Polvere. Immagini ravvicinate, che cercano di cogliere le forme e i colori, i particolari, conservare la memoria, dato che tutto quel che fotografo sarà poi gettato via. Sono foto che dicono qualcosa che mi appartiene intimamente, e allo stesso tempo pongono domande sulla fragilità della vita, sull’impermanenza di ogni cosa. Il tempo si ferma su quel fiore secco, e per quanto potrà vivere?»

M.B.: «Immagini fotografiche che riflettono sulla bellezza delle cose semplici e anche sul concetto di conservazione, di oblio invitando l’osservatore a riflettere su ciò che siamo, da dove veniamo e che, mio avviso, è una rappresentazione contemporanea del memento mori.»
S.S.: «Sì, hai centrato il punto della mia riflessione: quelle foglie e quei fiori impolverati sono ‘cose semplici’, qualsiasi, nascono e muoiono come qualsiasi altra cosa nell’universo, in cui tutto si trasforma. La natura è un meraviglioso sistema dove tutto è interconnesso, si trasforma e crea nuovi cicli vitali, nuovi organismi. Ma noi umani abbiamo capito quale dovrebbe essere il nostro ruolo nel sistema?»
M.B.: «Come mi hai accennato, dietro quest’esposizione si nasconde la tua grande amicizia, stima e feconda collaborazione con il poeta Carlo Bordini, recentemente scomparso. Collaborazione che nel tempo è divenuta affinità mentale grazie alla sua poesia Polvere, che dà titolo ad una raccolta edita da Empiria e che è stato l’incipit del tuo progetto visibile presso la Galleria Gallerati.»
S.S.: «La pandemia ha impedito che la mostra si tenesse a maggio 2020 e ha modificato il corso degli eventi. Riordinando i miei libri, mi ritrovai fra le mani Polvere di Carlo Bordini. Riletta la poesia gli telefonai, gli raccontai della mostra rimandata che non sapevo quando avrei fatto, e che si intitolava Polvere come la sua poesia. Gli dissi che volevo fare un libro d’artista con una parte della poesia… Ci scrivemmo e parlammo finché, a giugno 2020, il testo era deciso definitivamente. Poi, a novembre del 2020, Carlo ci ha lasciati. Le immagini che avevo pensato per il mio libro sono sparite, nella mia mente vedevo solo pagine bianche e vuote. C’è voluto un anno perché ritrovassi un filo che, partendo dalle parole della poesia di Carlo, mi portasse ai disegni a china che ho fatto per il libro. Come tu dici, il libro inevitabilmente diventa qualcosa di diverso, e testimonia la grande stima e l’affetto che avevo per Carlo, che mi ha sempre ascoltato e seguito nei progetti fatti insieme. Anche il titolo che ho dato al libro, La Valle, è frutto di quel filo ritrovato leggendo e rileggendo la poesia di Carlo. Ho raccontato la storia di questo libro, e letto i versi di Carlo da cui prende il titolo, in un breve video che è online grazie a Claudio Orlandi: https://www.youtube.com/watch?v=8ECOGUTQqW0 »


M.B.: «In Polvere, i concetti di vita e morte procedono parallelamente, come quotidianamente accade. Tuttavia, la tua indagine si è spinta oltre scrutando la natura, interessandoti al ciclo naturale, ai semi – allegoria della vita e della nascita – grazie alla collaborazione con il botanico Giovanni Buccomino, da te definito come prezioso referente durante l’intensa ricerca artistica. Cosa ti ha spinto a procedere in questa direzione?»
S.S.: «Ho sempre pensato che i concetti di vita e morte procedono parallelamente, ma gli eventi che abbiamo vissuto in questi ultimi anni e che continueremo a vivere – mi riferisco alla guerra, alle sue conseguenze, e al cambiamento climatico – hanno modificato il significato del mio lavoro; mi è sembrato necessario cercare qualcosa che fosse non solo simbolicamente, ma concretamente associato alla nascita, alla vita, come appunto i semi. Mi è tornato in mente quello che aveva scritto sul mio lavoro Marie Eve Gardère, in occasione di un evento alla Casa della Memoria e della Storia, nel 2009. “È nei tempi di disastro che si afferma la superiorità delle forme infinitamente piccole ed econome. Solo il non ancora nato resiste alla durata, come la spora, il seme o l’uovo che rimangono lì, sotto i corpi pesanti degli adulti, nell’apparenza della morte, fino alla loro riabilitazione. Fabbricare delle micro-resistenze fa muovere le cose. Essere nell’energia del dono e della spartizione. Sentirsi spinto a fare, perché appare visceralmente impossibile essere diversamente” (Marie Eve Gardère, Il corpo pensato https://www.noidonne.org/articoli/marie-eve-gardandegravere-il-corpo-pensato-00328.php ).
Devo ringraziare Giovanni Buccomino per avermi introdotto nel meraviglioso e infinito mondo botanico. Mi aveva aiutato nel mio lavoro sull’Appia Antica per Exploded View (progetto d’arte e ricerca a cura dell’artista Krien Clevis, in collaborazione con la Vrije Universiteit di Amsterdam). Con pazienza, Giovanni osservava le mie foto per indicarmi il nome delle piante spontanee che fotografavo ai bordi della strada romana, e spesso mi parlava dei semi. Così i semi sono diventati qualcosa che andavo cercando, chiedendomi ogni volta come potevano essere i semi di quel certo fiore, di quella certa pianta. A novembre 2021 Giovanni è venuto con me al Parco degli Acquedotti a raccogliere i semi delle piante spontanee, che ho poi fotografato come avevo fatto con i fiori e le foglie coperte di polvere. Immaginando la vita riposta in quei piccoli involucri, il segreto contenuto nelle piante, la loro capacità di disseminarsi e rivivere. Le piante raccolte quel giorno, con le identificazioni che ha dato loro Giovanni, sono diventate un mio libro-opera online, Semi: https://issuu.com/silviastucky/docs/silvia_stucky_semi2022
Le cinque immagini dei semi le ha scelte Carlo, un pomeriggio all’inizio di marzo in cui lui, io e la curatrice Sarah Palermo abbiamo deciso tutto ciò che riguardava la mostra (le opere, la loro distribuzione, l’allestimento). Le fotografie dei semi erano di pochi mesi prima, troppo recenti perché io avessi distanza sufficiente per decidere. Carlo ha puntato sulle immagini più essenziali, e sono stata felice per l’efficacia della sua scelta.»

M.B.: «In Polvere, come in altri tuoi precedenti progetti, si evince il tuo profondo interesse verso le cose semplici, ma importanti, della vita quotidiana e che spesso dimentichiamo come i cicli naturali o la luce, fenomeno fondamentale, insieme all’acqua, per la crescita e l’esistenza di ogni essere vivente. Cosa ti aspetti che rimanga all’osservatore della tua mostra?»
S.S.: «Le cose importanti nella vita quotidiana, quelle che ci rendono felici sono le cose più semplici: guardare i colori del cielo, ascoltare il suono del vento o della pioggia, cose che ci sembrano banali quanto bere un bicchiere d’acqua. Stiamo perdendo la consapevolezza che l’acqua non è un prodotto della tecnologia umana che esce da un rubinetto o si compra imbottigliata in plastica, è il risultato dell’equilibrio dell’intero sistema planetario, di un ciclo naturale che abbraccia le profondità della terra e degli oceani, i ghiacci e le nuvole, fino al resto dell’universo. Questo equilibrio permette la vita di ogni specie vegetale e animale. Noi umani, che non ne siamo che una parte, abbiamo spezzato questo fragile equilibrio e la natura ora ci sta presentando il conto, con eventi che ancora chiamiamo ‘estremi’ ma sono sempre più frequenti. Sento che le domande che devo pormi tutti i giorni riguardano queste cose, le cose davvero importanti per me e per gli altri, e cerco di ‘seminare’ nell’osservatore queste domande…»
M.B.: «Progetti futuri? Puoi anticiparci qualcosa?»
S.S.: «Parteciperò ad una mostra collettiva nella quale potrò mostrare Alba, una serie di fotografie che ho fatto durante la pandemia. Coglievo l’attimo in cui sorge il sole, quando i cieli erano tornati, purtroppo solo temporaneamente, più puliti e limpidi. Ogni mattina la meraviglia si ripete in modo diverso, la medesima cosa non è mai la stessa. Ogni giorno nasce un giorno diverso.»
Infine, vi anticipiamo che il finissage di “Polvere” avrà luogo il 13 settembre con una serie di eventi speciali: lettura della poesia “Polvere” di Carlo Bordini da parte dei suoi amici poeti e la performance di Silvia Stucky.



“Polvere” di Silvia Stucky
a cura di Sarah Palermo
fino al 13 settembre 2022
Galleria Gallerati
Via Apuania, 55 – 00162 Roma RM
Tel: +39 06 44258243
email: info@galleriagallerati.it
website: https://www.galleriagallerati.it/