Nella seconda parte di questo progetto di Studio Visit, proseguiamo il nostro percorso di esplorazione dell’arte contemporanea attraverso una serie di incontri diretti con quattro artisti che, con le loro pratiche uniche, incarnano diverse sfumature della scena artistica attuale. Ogni studio visit rappresenta un’opportunità non solo per comprendere il lavoro di ciascun artista, ma anche per entrare in contatto con la loro ricerca intima e personale, spesso lontana dai riflettori del pubblico. In questa fase, ci concentreremo su quattro voci significative: Joel Blanco, El Primo de Saint Tropez, Inés Càmara e Javier Moreno artisti che affrontano temi di grande rilevanza e che, ciascuno a modo suo, invitano alla riflessione su identità, memoria, paesaggio e trasformazione.


Joel Blanco: Ogni quanto pensi all’Impero Romano?
Joel Blanco è un designer e artista spagnolo che esplora il confine tra design, filosofia e cultura digitale. Formatosi alla Design Academy di Eindhoven, la sua pratica fonde tecniche dell’arte con il design industriale, dando vita a opere che interrogano il nostro rapporto con il potere, la tecnologia e la memoria collettiva. Il suo lavoro si nutre della cultura della rete, immergendosi nei forum e nei trend digitali per trasformarli in oggetti, installazioni e narrazioni speculative. Ha collaborato con istituzioni culturali, musei e spazi espositivi, utilizzando il design come strumento di indagine critica sul presente e il futuro.
Il progetto “Ogni quanto pensi all’Impero Romano?” di Joel Blanco esplora la persistenza dell’immaginario imperiale nelle rappresentazioni contemporanee del potere, dell’autorità e della mascolinità. Presentato all’Accademia di Spagna, il progetto parte dal trend virale che ha rivelato come molti uomini pensino frequentemente all’Impero Romano, ponendo interrogativi sulle sue implicazioni culturali e politiche. Durante la mia visita al suo studio, Joel Blanco ha condiviso con me la genesi del progetto e le sue riflessioni sulle connessioni tra passato, presente e futuro. “Mi interessa capire perché il concetto di Impero continua a esercitare un fascino così forte“, racconta Blanco. “Nel mio lavoro indago come il futuro venga spesso immaginato sotto la forma di un Impero, in ascesa o in declino, e come questo sia in un qualche modo legato alla costruzione dell’identità maschile“.
Blanco ha una formazione nel design e nella filosofia e lavora spesso con istituzioni, aziende e governi su progetti di ricerca. “Il mio background è nel design industriale, ma il mio approccio è ibrido: mescolo tecniche artistiche e speculative con l’analisi culturale“. Uno degli aspetti più affascinanti del progetto è il suo legame con la fantascienza. “Se guardiamo la letteratura e il cinema di fantascienza, vediamo che l’Impero è un modello ricorrente: Star Wars racconta la caduta della Repubblica e l’ascesa dell’Impero, la Fondazione di Asimov parla di un Impero in declino. Asimov stesso era uno storico dell’Impero Romano. Anche nel mondo dei videogiochi, come in Warhammer 40.000, troviamo l’Impero Umano in perenne lotta per l’espansione. Queste narrazioni rispondono a un bisogno profondo di scopo e struttura“.
Blanco mi ha mostrato alcuni dei suoi lavori precedenti, tra cui una scultura di arredamento che serve solo a creare disordine, una miniera di criptovalute esposta in un museo che generava denaro durante la mostra e una bambola progettata per insegnare a dormire accanto a qualcuno. “Lavoro molto con il volume e la scultura, ma le idee alla base dei miei lavori nascono sempre dalla cultura della rete e dall’interazione con le comunità online“.
Il progetto “Ogni quanto pensi all’Impero Romano?” si interroga anche su come l’idea di Impero venga sfruttata politicamente. “Negli ultimi anni, c’è stata una crescita dei disturbi mentali tra gli uomini, legata anche alla perdita di un senso di scopo. Questo vuoto è spesso riempito da narrazioni nostalgiche che celebrano un passato gerarchico e centralizzato. La destra radicale utilizza questi simboli per promuovere un ritorno a strutture di potere tradizionali“. Attraverso il design speculativo, Blanco mira a decostruire queste immagini e a proporre nuove chiavi di lettura per il nostro rapporto con il passato. “Non voglio solo analizzare il fenomeno, ma creare un’esperienza che metta il pubblico di fronte a queste dinamiche in modo critico e interattivo“.
La mia visita allo studio di Joel Blanco è stata un viaggio tra storia, design e politica. “Ogni quanto pensi all’Impero Romano?” non è solo una domanda ironica, ma un dispositivo concettuale per indagare la nostra ossessione collettiva per il potere e la stabilità. Un progetto che ci costringe a riflettere su cosa cerchiamo nel passato per definire il nostro futuro.
Joel Blanco è uno studente di filosofia, artista e designer, nonché direttore curatoriale di Mayrit. Come artista e designer, indaga la cultura delle reti, l’arte contemporanea e la cultura popolare di internet. Realizza progetti in ambiti come l’arte, il design, la curatela e la strategia e ricerca. Utilizza la visualizzazione di scenari futuri e altre metodologie di design per aiutare le organizzazioni a immaginare possibili sviluppi e prendere decisioni migliori, oltre a sviluppare la propria opera personale. È stato riconosciuto dalla rivista Forbes come uno dei 40 migliori futuristi di Spagna nel 2022 e ha ricevuto diversi premi, tra cui il Neo2 Designers Awards 2020 e il Best of España – 34 talentos del diseño y el arte di AD 2022.

El Primo de Saint Tropez: Fermati! Sei così bello!
El Primo de Saint Tropez è un artista che sfida la linea sottile tra il reale e il virtuale, con una giusta dose di critica sociale. Il suo lavoro esplora la costruzione dell’identità attraverso l’uso di simboli, immagini e riferimenti al mondo della cultura popolare e dei social media. Le sue opere mettono in discussione il modo in cui costruiamo e rappresentiamo noi stessi in un contesto sempre più influenzato dall’immagine pubblica e dai canoni imposti dalla società.
Ispirato dalla cronaca che racconta come l’imperatore Nerone decapitò un soldato romano convertito, El Primo de Saint Tropez desidera “fermare la propria testa” nell’Accademia per seguire le tracce lasciate a Roma tra il XVII e il XX secolo da sei spagnoli, a seguito di una detenzione involontaria. “Sono un attore spagnolo, il mio nome è Jesús Barranco. Lavoro in diversi ambiti: teatro contemporaneo, classico, performance. Qui, però, sono Il Primo de Saint-Tropez, uno pseudonimo che uso per il dialogo tra le arti dal vivo e l’esperienza mistica ed il mio progetto per l’Accademia di Spagna sarà uno spettacolo, forse un monologo“, racconta l’artista. Un monologo che porta un titolo emblematico: “Solo Sin Cabeza” (“Senza Testa”). “Ancora non so che forma avrà: se sarà una performance, un’installazione, ancora non lo so. Una cosa è certa: durante questi mesi seguirò le tracce di sei personaggi spagnoli che hanno vissuto a Roma contro la loro volontà. Non volevano. E il fatto di vivere a Roma ha comportato una detenzione. Per questo motivo l’ho intitolato Fermati tu sei cosa bella“. Questo itinerario si svilupperà nei mesi della sua residenza romana, articolandosi in sei eventi immersivi nei luoghi emblematici in cui si fermarono Miguel de Molinos, Rafaela Porras y Ayllón, Rosa Chacel, Enrique Irazoqui, María Zambrano e Tomás de Jesús. Tra le prime azioni realizzate, spicca “Sensore di Q&T analogico”, un’azione realizzata all’Accademia il 28 dicembre e durata nove ore. “Sul mio corpo c’erano 68 matite, e io dovevo assumere 68 posizioni diverse davanti a un foglio. Il movimento sottile della mia respirazione e la quiete che si creava mantenendo la posizione erano parte del lavoro. Questo era un omaggio alle 68 frasi per le quali fu condannato Miguel de Molinos dall’Inquisizione, proprio a Roma“. Il lavoro si concluderà ad aprile nella sacrestia di Santa Maria sopra Minerva, con il completamento delle ultime nove posizioni.

Un’altra azione già completata è la registrazione di testi di una suora, Rafaela Porras, esiliata a Roma per 32 anni. “Ho registrato la voce di una monaca di clausura in Spagna e il risultato è un dialogo tra la sua voce e la mia. Sarà ascoltabile nel luogo dove questa monaca pregava in silenzio per decenni. Con le cuffie, chiunque potrà ascoltare i suoi pensieri“. Tra le prossime azioni in programma, vi è il 3 aprile all’Accademia “Motetes Interruptus”, una velada musicale ispirata a un racconto di Rosa Chacel, scrittrice che visse a Roma nel 1922 al seguito del marito borsista dell’Accademia. L’evento vedrà la partecipazione di una mezzosoprano, Elena Montaña, e di una compositrice, in una serata che rievoca le suggestioni del racconto.
Un altro evento carico di significato storico e simbolico sarà una partita di calcio performativa allo Stadio di Trastevere, con riferimento alle riprese de Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini. “Pasolini giocava spesso a calcio con Enrique Irazoqui, il protagonista del film, che era spagnolo e arrivò in Italia per raccogliere fondi per il sindacato comunista dell’Università di Barcellona. Pasolini, vedendolo, gli disse che doveva interpretare Gesù. La partita si giocherà il 24 aprile, anniversario dell’inizio delle riprese nel 1964“. A questo si aggiungeranno una passeggiata performativa dedicata a María Zambrano e una conferenza performativa su Tomás de Jesús, fondatore degli eremiti carmelitani in Italia.
“L’idea è che le tracce lasciate da ciascuna azione diventino materiale per la performance finale, che non sappiamo ancora quando si terrà. Forse durante l’esposizione finale“. Mentre il percorso performativo si sviluppa, El Primo de Saint Tropez continua a interrogarsi sul rapporto tra arte, mistica e identità, esplorando il confine tra reale e virtuale con un linguaggio che si nutre di storia, memoria e corporeità.
El Primo de Saint Tropez è un eteronimo con cui l’attore Jesús Barranco esplora e crea nel campo delle Arti Vive dal 2016, in dialogo con lunghi ritiri nei monasteri dei Carmelitani Scalzi. Ha partecipato a nove progetti insieme ad altre creatrici contemporanee, sia laiche che religiose, per spazi non convenzionali che si muovono tra il sacro e il profano, il devozionale e il queer, il politico e il contemplativo.
Formatosi al Teatro de Cámara di Madrid, Jesùs Barraco è attore in compagnie di teatri nazionali e in ensemble indipendenti di creazione contemporanea. Attualmente fa parte dei collettivi Armadillo (https://colectivoarmadillo.blogspot.com/) e Números Imaginarios (https://losnumerosimaginarios.com/), e ha recentemente concluso una trilogia con il collettivo Los Bárbaros (https://losbarbaros.es/). Sta preparando la sua tesi di dottorato in Arti Vive. Insegna allenamento attoriale in diverse università di Madrid e in altri centri indipendenti. Praticante di Yoga Iyengar dal 2004. Con lo pseudonimo Fedón, ha coordinato un progetto multidisciplinare tra il 2004 e il 2010, di cui rimangono tracce in un blog dimenticato: https://www.ophelia.es/fedon/.

Inés Càmara: Trampantojos
Attraverso il suo lavoro, Inés Cámara Leret esplora la relazione tra corpo e memoria, affrontando la trasformazione fisica del paesaggio. Le sue opere, che spaziano dal video alla scultura, creano connessioni tra l’intimo e il collettivo, tra il passato e il presente. Il suo studio è uno spazio di riflessione sull’archivio e la conservazione, in cui affronta sia storie personali che collettive. “Trampantojos” nasce da una ricerca a lungo termine che segue la scomparsa di una piccola farfalla comune nella penisola iberica, la Pamphila, per ripensare le realtà sociopolitiche generate dal mito del progresso. In questa fase del progetto, l’artista si concentra sui processi e gli strumenti utilizzati per catturare, studiare e conservare questi piccoli insetti, analizzando non solo la loro funzione, ma anche i gesti e i vuoti che essi generano. Attraverso questa esplorazione, il suo lavoro si collega al trompe-l’œil, una strategia visiva che crea illusioni di abbondanza e status. “Questa idea che il progresso sia sempre legato ad avere di più, a fare le cose in grande, in modo spettacolare… Qui in Italia, e in Accademia, succede un po’ lo stesso. Gli spazi sono enormi. E io sto lavorando su qualcosa di molto piccolo“. Durante la sua residenza alla Real Academia de España a Roma, Inés svilupperà una nuova produzione scultorea che esplorerà il patrimonio culturale e storico in cui operano i trompe-l’œil, indagando i giochi visivi creati attraverso la luce, la prospettiva e la scala. “Mi interessa comprendere quale gioco visivo si sviluppa lì, quale illusione si genera nello spettatore e qual è il trucco, l’inganno della vista e della mente” commenta. L’idea di trappola si intreccia nella sua ricerca con quella di rampa, un elemento scultoreo che Inés ha esplorato come gesto formale. “La mia ricerca ruota attorno a nozioni scultoree che si ritrovano nell’urbanistica architettonica. Ad esempio, come l’installazione di una rampa possa annullare la funzione di una trappola“. Con sua sorpresa, a Roma Inés ha scoperto che la Pamphila sopravvive ancora. “Finora l’ho conosciuta solo dagli archivi, cioè come morta. Questa borsa mi offre l’opportunità di filmarla in vita per la prima volta. Durante i suoi percorsi nei musei romani, è rimasta colpita dalla scala monumentale delle sculture e dei loro frammenti. Mi interessa il frammento, come può essere usato per raccontare l’intero insieme. Perché io non ho mai visto la farfalla nella sua interezza; negli archivi appare spesso abbastanza frammentata“.




Inés Cámara Leret vive e lavora a Madrid. Si è laureata in Belle Arti presso l’Università Complutense di Madrid e l’Akademie výtvarných umení. Nel 2015 ha conseguito un Master presso la University of the Arts London. Il suo lavoro è stato esposto in gallerie e musei, tra cui il Victoria & Albert Museum, Somerset House, Copperfield Gallery e Intermediæ Matadero Madrid. Ha partecipato a numerose residenze artistiche, tra cui CC Las Cigarreras, il Centro Internacional de Cultura Contemporánea Tabakalera e Matadero Madrid, tra gli altri.

Javier Moreno: tra nomadismo e radicamento, un viaggio musicale
“Tierra y Concierto para el Arraigo” rappresenta il secondo capitolo di un percorso iniziato con “Aire y Concierto para Nómadas”, una performance multidisciplinare presentata durante la sua residenza presso la Real Academia de España a Roma nel 2013-2014. Se il primo progetto esplorava il nomadismo e il movimento, “Tierra” si concentra sul concetto di radicamento e appartenenza, intrecciando musica, video mapping e narrazione visiva. Questa nuova opera, sviluppata tra il 2023 e il 2024 durante la sua seconda residenza presso l’Accademia, culminerà con una performance dal vivo, accompagnata da un video mapping sul Tempietto del Bramante, il quale fungerà da scenario e protagonista dell’evento.
“Undici anni fa ero qui, in uno studio, per un progetto multidisciplinare. Ora il mio nuovo progetto è una retrospettiva di questi undici anni, con la paternità come tema centrale. Voglio tornare qui con la mia famiglia, che arriverà tra un mese. Faremo un video mapping sul Tempietto, come la prima volta, e un concerto di un’ora, con registrazione professionale in audio e video“.
L’approccio di Moreno alla performance si distingue per l’inversione del processo creativo: invece di creare la musica per accompagnare le immagini, saranno le immagini a essere generate a partire dalla musica. “L’idea estetica e narrativa sarà ispirata alla musica, non viceversa. Il Tempietto sarà il fulcro del progetto“.
Oltre alla dimensione artistica e concettuale del progetto, l’elemento personale e intimo gioca un ruolo centrale. Il contrabbasso di Moreno ha una storia significativa, legata alla memoria e alla trasmissione del sapere musicale. “Il contrabbasso che uso è un pezzo raro e prezioso in Spagna. Apparteneva a un mio maestro che è morto quattro anni fa. Dopo la sua morte, sua moglie voleva venderlo, ma era molto costoso. Abbiamo negoziato per un anno e mezzo e alla fine me lo ha lasciato a un prezzo simbolico, perché sapeva quanto ci tenevo“. Al termine della performance, Moreno intende lasciare una traccia tangibile del suo lavoro all’Accademia, sotto forma di video documentazione. “Lascerò un video, probabilmente proiettato da qualche parte all’interno dell’Accademia. L’ultima volta ho lasciato solo un DVD con il progetto. Stavolta vorrei lasciare qualcosa di più strutturato, ma non ho ancora parlato con nessuno per definire i dettagli“. Il progetto segna un ulteriore sviluppo della sua ricerca artistica e si inserisce in una narrazione più ampia, dove nomadismo e radicamento si intrecciano nel linguaggio universale della musica. “Il video del 2014 è stato molto presente sul sito dell’Accademia. Il Tempietto illuminato dai colori del video mapping era impressionante”. “Tierra y Concierto para el Arraigo” non è solo una performance, ma un’esplorazione profonda delle radici, dell’appartenenza e delle trasformazioni personali e artistiche di un musicista che ha fatto della ricerca e del movimento la sua cifra distintiva.
Il contrabbassista e compositore Javier Moreno, originario di Madrid, si è distinto nel jazz contemporaneo a livello internazionale, partecipando anche a progetti multidisciplinari. La sua carriera lo ha portato a inserirsi in diverse scene artistiche in città emblematiche come Madrid, Buenos Aires, Roma e New York, dove ha vissuto per quasi un decennio, consolidando la sua presenza nella scena jazz globale. La sua musica lo ha portato a esibirsi in oltre 25 paesi, calcando i palchi dei festival e club jazz più prestigiosi del mondo. La sua discografia comprende cinque album come leader, sette come co-leader e più di venti collaborazioni come sideman, con lavori pubblicati da etichette di rilievo come Fresh Sound, Porta Jazz ed Ears and Eyes Records. Ha conseguito un master in interpretazione jazz presso la New York University e una laurea in jazz presso il Conservatorio de L’Aia. Nel corso della sua carriera ha ricevuto borse di studio e premi prestigiosi, tra cui il Banff Centre (Canada), il premio Teté Montoliu, il RAER (2013, 2024) e la McDowell Colony (USA). Impegnato anche nell’insegnamento, Moreno tiene masterclass a livello internazionale ed è docente nel ciclo superiore di jazz presso la Escuela de Música Creativa di Madrid.
Studio visit a cura di Raffaele Quattrone
Foto di Davide Melfi
In collaborazione con
Benevierre
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