Nando Crippa, Installation view "ENIGMA", Ceravento, Pescara, 2025, ph Jacopo Pasqui

Nando Crippa. Il soliloquio del presente

Fino al 31 maggio – presso lo spazio d’arte Ceravento, diretto da Loris Maccarone, a Pescara – la personale Enigma dell’artista lombardo Nando Crippa, con testo critico di Giacinto Di Pietrantonio e con un corpus di circa quaranta dipinti su carta di piccole dimensioni e una serie di scultura in terracotta dipinte, molte delle quali di recente produzione

Ci volta le spalle, con irriverenza, il soggetto scultoreo maschile che incontriamo all’ingresso della Galleria Ceravento. L’eloquenza della scelta del posizionamento della figura non è forse simbolicamente sintomatica di un conflitto relazionale afferente ai nostri tempi?
Quel che è certo, è che la psiche dell’artista s’incastra puntualmente nella solidità plastica e nell’atmosfera che le opere riversano nello spazio, tramite lo scontro dei loro soliloqui.
Esiste, dipoi, la possibilità di far riferimento a un colto archivio immaginifico, a cui il ciglio inevitabilmente partecipa, come nel caso dell’uomo in piedi che serba la memoria della posa de La ballerina vestita (1881) di Edgar Degas. Mani congiunte dietro la schiena, la gamba sinistra che anticipa lievemente la destra, il petto in fuori e lo sguardo rivolto altrove e certamente non all’osservatore per aumentare – come afferma il critico Giacinto Di Pietrantonio, nel testo critico della mostra – “il nostro essere interroganti…”.

Come possiamo affermare per il pittore e scultore impressionista, altrettanto si può sostenere per Crippa: la pittura e la scultura non sono l’una al servizio e subordinata all’altra ma entrambe pregne di affinità per deliberare la poetica del nostro, tanto che i temi sono direttamente collegati gli uni agli altri.
È da confessare che la forma d’arte intellegibile, in cui si manifesta un carattere distinto, è la scultura, il suo saper modellare, con singolarità la materia.

L’immagine irripetibile dell’Impressionismo e la capacità di memorizzazione e riproduzione dell’istante dialogano con quel fermo-immagine che Crippa intrattiene dalle fotografie delle riviste, dei giornali e di Internet, per interpellare il tempo e la sua frenetica scansione, come ben ci insegna Heidegger, a cui contrapporre la requie austera e sfingea dei personaggi rappresentati. Del resto, Massimo Cacciari, nel saggio che precede la nota introduttiva di Francesco Valagussa al L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica di Walter Benjamin, riflette su come l’ora del destino dell’arte sia già scoccata e la sua ambizione sia accresciuta nel “…comprendere la crisi del fatto artistico, dell’arte in quanto tale, di una filosofia della crisi dell’arte, destinata, per ciò stesso, ad assumere i toni di una vera e propria filosofia della storia”.

L’artista non vuole aggiungere, nell’accezione di caricare di significato ingombrante e accessorio il logos sul presente, di contro intende pungolare un’attenzione sopita, tanto da essere ormai ignota all’uomo.
Sembra che la silenziosa geometria delle architetture di Hockney incontri la plasticità – rivisitata in chiave del tutto personale – di Costantin Brancusi, secondo il quale «non è la forma esterna che è reale ma l’essenza delle cose. Partendo da questa verità è impossibile per chiunque esprimere qualcosa di reale imitando la superficie reale delle cose.». Tuttavia, come già espresso, la superficie conferita da Crippa alle sue sculture perde l’energia plastica della scultura che ha connotato il ‘900, seppur nella reminiscenza di artisti come Arturo Martini, Lucio Fontana, Henry Moore, per concretizzare un Realismo Magico che assorbe la a-potenzialità del nostro attuale quotidiano.

È insolita e di eccezione l’attitudine nel trasmutare l’iperrealismo fotografico, che talvolta, per soggetto e disposizione del corpo, rimembra Duane Hanson, in un neo Realismo Magico sospeso.
I colori del bianco ci riporta nella dimensione del colore impiegato come nelle epoche precedenti al Rinascimento, quando le sculture erano dipinte solamente dopo esser state modellate e terminate.
Così, la creta riceve i toni misurati del colore che aggiunge severità e impercettibile ironia a una tavolozza vagliata che narra, con un vezzo sironiano, il vuoto di una desolazione dell’urbe e della ciclicità dei compiti ordinari dell’uomo e, sincronicamente, quei profondi trasalimenti e inquietudini segrete delle nature morte metafisiche di Giorgio Morandi che toccano l’essenza delle cose.
La vacuità dell’essere stabile della civiltà umana viaggia al di sopra di quel simbolismo geometrico, proprio anche dell’architettura che, nello spazio interno all’opera, quando si fa oggetto del soggetto, diviene difatti inafferrabile.


NANDO CRIPPA | ENIGMA
dal 12 aprile al 31 maggio 2025
con testo critico di Giacinto Di Pietrantonio
Ceravento – Corso Vittorio Emanuele II, 161 – Pescara
info@ceravento.it
Orari di apertura: martedì-giovedì, dalle 17:00 alle 19:00 e su appuntamento il venerdì e il sabato

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